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19/04/2023 06:00:00

La coca all'Ars e la politica "intossicata" della Sicilia 

 L’hanno tanto evocata che alla fine si è materializzata. E così, davvero, è arrivata lei, la cocaina, a spezzare la monotonia dell’Assemblea regionale siciliana, e di questi parlamentari che non hanno nulla di cui discutere, per l’assenza totale di importanti disegni di legge all’ordine del giorno.

Qualche settimana fa, come abbiamo raccontato su Linkiesta, il deputato regionale Ismaele La Vardera, l’ex Iena, aveva proposto l’esame, su base volontaria, con il famoso “test del capello” per i suoi onorevoli colleghi, alla ricerca di dipendenze. L’esperimento era servito più per dare qualcosa da raccontare ai cronisti parlamentari, che per altro. Trentasette deputati su 70 si sono presentati: foto in posa, sorrisini, tutti negativi, avanti il prossimo.

Ma alla fine, qualche giorno fa, la droga si è materializzata davvero. In modica quantità: tre grammi. Tre grammi di cocaina, venduti dal gestore di uno dei ristoranti più glamour di Palermo, “Villa Zito”, Mario Di Ferro, a Giancarlo Migliorisi, capo dell’area tecnica dello staff del presidente dell’Ars ed ex capo di gabinetto con Miccichè. Uomo di Forza Italia, Migliorisi, è stato bloccato dalla polizia mentre si allontanava con il Suv dopo aver acquistato la droga, per un valore di 300 euro, da Di Ferro, che è stato arrestato. Per dovere di cronaca, va detto che lo chef si è difeso dicendo di non essere uno spacciatore abituale, ma che stava facendo un favore all’amico, e che Migliorisi, essendo un semplice acquirente, è stato segnalato alla Prefettura, ma non è indagato.

L’attuale presidente dell’Ars, Gaetano Galvagno, ha subito licenziato Migliorisi («Accanto a me non voglio persone che hanno a che fare con la droga», dice il rampollo di Fratelli d’Italia) dal suo staff di “appena” venti collaboratori. Migliorisi tra l’altro guadagnava circa 8mila euro al mese ed era vicino al posto fisso. Perché in Sicilia, tra le altre cose, accade anche questo: i collaboratori dei gruppi parlamentari sono precari, ma, periodicamente, quelli più anziani, per i poteri conferiti all’Ars, vengono stabilizzati. E Migliorisi era in pole per la prossima tornata di assunzioni, a fine anno.

La coca all’Ars, dunque. Ed è subito questione morale. Le logge di Palazzo dei Normanni tornano affollate come non mai. E non si parla d’altro. Sia perché Migliorisi era, per tanti, un “insospettabile”. Sia perché è iniziata la caccia alle streghe: gira la coca in Parlamento? Dichiarazioni, ammiccamenti, si dice e non si dice, battutine dal doppio senso, tutti registri nei quali la Sicilia dà il suo meglio.

E il presidente della Regione, Renato Schifani, che fa? Giusto giusto il giorno dopo l’arresto e il clamoroso licenziamento, va a cenare proprio nel locale dello chef, Villa Zito. I Cinque Stelle attaccano: «A Palermo si mangia bene in tanti posti, per forza lì dopo l’arresto dello chef doveva andare?».

E poi c’è sempre l’ex Iena La Vardera che ripensa al suo esperimento del test del capello e si chiede: «Perché solo 37 deputati su 70 si sono presentati per l’esame antidroga?». È un po’ come il bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto. Solo qualche giorno fa quei deputati sembravano tantissimi, un paio addirittura di più della metà degli “aventi diritto”, neanche fosse un referendum. Adesso invece sembrano pochi: gli altri perché non vengono, cos’hanno da nascondere?

Tra gli assenti al test c’era anche Gianfranco Miccichè («È un’iniziativa demagogica», commenta). L’ex presidente dell’Ars è il punto d’unione tra lo chef arrestato e il consulente dell’Ars beccato con la droga. I due sono infatti suoi cari amici.

Miccichè, uomo più di fiducia di Berlusconi in Sicilia, dietro questa operazione della polizia, e relativo clamore, ci vede un complotto: «Come hanno fatto a beccarli? Qualcuno da fuori li avrà avvisati». Miccichè ne è convinto: qualcuno, indagando su persone a lui vicine, forse voleva colpirlo. I corvi alla Regione, un altro classico che ritorna. Miccichè dice e non dice, gira per i corridoi di Palazzo dei Normanni con fare guardingo: è rimasto da solo, come l’ultimo dei Mohicani, a fare l’opposizione al governo Schifani, dentro il centrodestra, e nel frattempo, dopo che aveva spaccato Forza Italia in due (con la creazione di due gruppi parlamentari passati alla storia: Forza Italia 1 e Forza Italia 2) qualche settimana fa gli hanno sfilato il partito dalle mani. Miccichè, tra l’altro, ha ammesso in passato di aver consumato droga da giovane («Non sono cocainomane – raccontò anni fa alla Zanzara, su Radio24. Lo sono stato quando ero ragazzo ma l’ho sempre ammesso. Avevo vent’anni e c’era la contestazione. Non rinnego nulla»). È stato protagonista di una storia famosa, quando era vice ministro dell’Economia, nel 2002. I carabinieri fermarono un suo collaboratore che stava portando della coca al Ministero: 20 grammi. Per gli investigatori, quella coca era per lui, ma poi fu lo stesso giovane a scagionare il vice ministro. Miccichè, che oggi ha la saggezza degli anziani, dice, a proposito degli ultimi avvenimenti: «Non vedo deputati tossici». Possiamo stare tranquilli, allora. Anzi, no. Perché lo stesso Miccichè aggiunge: «Piuttosto, vedo una regione intossicata».

E intossicati, purtroppo, sono in tanti, almeno vicino alla cittadella del potere siciliano. A due passi da Palazzo dei Normanni, infatti, tra i quartieri dell’Albergheria e la Kalsa, il crack, che oggi costa pochissimo, miete vittime in continuazione. Un’emergenza che a molti ricorda quella della Palermo degli anni Settanta, quando la mafia aveva scoperto il business dell’eroina e una generazione di giovani palermitani fu utilizzata come test per i prodotti tagliati che uscivano dai laboratori clandestini della provincia di Trapani e Palermo. E i giardini pubblici di Villa Sperlinga divennero una sorta di versione palermitana dello zoo di Berlino, una Villa “Siringa”, luogo di morte e perdizione.

Don Cosimo Scordato, prete in prima linea, che ogni giorno conta i morti come in guerra, parla, più in generale di una «politica drogata»: «A pochi metri da palazzo dei Normanni ci sono famiglie che lottano tutti i giorni per far studiare i figli, per tenerli lontani dalla criminalità. Vedo loro e poi penso a due cinquantenni benestanti che dentro un Suv scambiano trecento euro per tre grammi di droga in pieno giorno. Sono la cartina di tornasole di come è amministrata questa regione, da sempre. Molte scelte di chi governa l’isola sono all’insegna della soddisfazione immediata degli interessi di pochissimi a discapito della collettività. Esattamente come una sniffata di cocaina. In questo senso, la politica siciliana è drogata»