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21/09/2023 18:39:00

Così il granchio blu ha fatto la fortuna dei pescatori ... 

 Come far nascere una filiera mai esistita, in un paese dove non c’è tradizione di consumo dei granchi? Le parole chiave: attrezzatura adeguata, commercializzazione e adattamento. E’ accaduto in pochi anni in Tunisia dove due specie invasive di granchio blu (Callinectes sapidus, specie atlantica giunta in Mediterraneo attraverso le acque di zavorra delle navi e ora proliferata sulle coste italiane, e Portunus segnis, specie tropicale arrivata attraverso il Canale di Suez), che dal 2014 avevano cominciato a proliferare su quelle coste, sono diventate oggi per i pescatori tunisini una risorsa importante tanto da far coniare loro un motto: “De l’horreur a l’or”, “Dall’orrore all’oro”. 

Oggi quella del granchio blu è un’economia solida e una filiera completa che include e dà lavoro a pescatori, donne, trasporto e logistica, aziende di trasformazione e commercianti. L’80% dei pescatori usa le nasse (nel 2014 l’intera flotta pescava con le reti). Un’imbarcazione di 12 metri in Tunisia dotata di nasse pesca in media 500 kg di granchio blu a uscita. Il granchio blu rappresenta il 25% delle esportazioni di pesce del paese: nel 2021 in Tunisia l'export di granchio blu ha raggiunto le 7.600 tonnellate per un valore di 24 milioni di dollari, una cifra raddoppiata rispetto al 2020. Il ‘cliente’ principale è il mercato asiatico a cui si sono aggiunti Italia, Spagna, Stati Uniti e i paesi del Golfo Persico. 

Se all’inizio dell’invasione i pescatori tunisini volevano solo estirpare il granchio blu e non lo vedevano come risorsa, ora quegli stessi pescatori, insieme a ricercatori, ong e autorità, preoccupati di fronte ai primi segni di sovrasfruttamento dello stock, si chiedono come gestire la pesca del granchio blu in modo sostenibile, per assicurare che resti “Oro” per la Tunisia.

"L’Italia di oggi è la Tunisia del 2014: prevedere quanto sta accadendo oggi sarebbe stato possibile, e una gestione con una vera visione a lungo termine e non miope di fronte al tema del cambiamento climatico ci avrebbe premesso di arrivare preparati – ha dichiarato Isabella Pratesi, direttore del Programma di Conservazione di WWF Italia -   Possiamo ancora imparare dall’esperienza dei nostri vicini, evitando di compiere errori, come l’utilizzo di sistemi non selettivi, soprattutto sotto-costa, che potrebbero essere fatali per i nostri mari già duramente impoveriti e danneggiati dalle attività umane e dal cambiamento climatico, e adottare una vera gestione adattativa, imparando  a gestire nuove risorse ittiche come il granchio blu che possono fornire una fonte di guadagno alternativa a pescatori e agli operatori di tutta la filiera".

Il Mediterraneo è il mare più colpito dall’invasione di specie aliene: circa 986 specie secondo una lista redatta dal WWF nel 2021, di cui il 10% sono catalogate come ‘invasive’, ovvero, potenzialmente dannose per l’economia e l’ambiente. L’unica soluzione è, ogni qualvolta possibile, adattarsi e trasformare questo cambiamento in opportunità.  

Il WWF ha raccolto le testimonianze e le immagini della realtà tunisina in due video che evidenziano il cambiamento di paradigma avvenuto nel paese: nel 2014, un pescatore urla disperato mostrando la rete completamente distrutta e aggrovigliata con granchi blu mentre nel 2023 operatori adeguatamente attrezzati pesano e smistano i granchi blu in una organizzatissima filiera. Il granchio blu  ,  , è esploso 9 anni fa lungo le coste tunisine e ora la sua popolazione mostra i primi segni di decrescita,  tanto da preoccupare i pescatori tunisini e l’intera filiera  nata da zero per sfruttare e valorizzare questa risorsa – come racconta Sassi Alaya , Presidente del “Groupement de Development de peche Al Ganouch” che rappresenta più di 600 pescatori.

Di fronte all’esplosione del granchio blu i pescatori tunisini si sono ingegnati e hanno costruito delle  nasse appositamente modificate per catturarlo. Si tratta di trappole, un sistema di pesca passivo che non viene trainato sul fondale e garantisce una cattura più selettiva delle reti. Se adeguatamente gestite, hanno un impatto ambientale ridotto. “Le nasse sono la soluzione più efficace: sono selettive e più sostenibili, pescano solo il granchio senza danneggiare il fondale marino o altre specie. E sono convenienti per i pescatori: una nassa dura almeno due anni, mentre una rete da pesca dura 6 mesi al massimo, perché il granchio blu la distrugge, oltre a mangiare tutto il resto del pesce catturato” dice Sassi Alaya.

Il primo passo è stato quello della formazione. Alle donne delle comunità locali, molte mogli di pescatori, è stato insegnato a costruire le nasse apposite e a cucinare il granchio blu, organizzando diverse degustazioni per mostrare la varietà di piatti possibili. In parallelo, sono state coinvolte le aziende di trasformazione del pesce per testare il potenziale di valorizzazione del granchio blu. E questo è stato un vero boom, ad oggi in Tunisia si contano 48 aziende che lavorano ed esportano diversi prodotti finiti: granchio intero cotto, granchio decorticato, carne di granchio. Sassi ci racconta come ora stia iniziando anche la vendita di farina di granchio per la produzione di compost per piante e mangime per animali da allevamento, con una donazione della cooperazione Stati Uniti-Tunisia per l’acquisto di macchine per la produzione di compost. A seconda del prodotto finale, il granchio blu si esporta negli Stati Uniti, in Australia, nel Sud-Est Asiatico, e anche in Italia.

Anche Grecia e Spagna stanno già affrontando da tempo lo stesso problema, e in varie aree i pescatori si sono adattati alla pesca del granchio con le nasse. Nel delta dell’Ebro, in Spagna, il granchio blu raggiunge un ottimo valore economico sul mercato grazie al piano di gestione vigente con cui si vuole mantenere l’equilibrio tra limitazione dell’abbondanza di granchio in acqua e guadagno dei pescatori. Visto che estirparlo è impossibile, almeno se ne trae un vantaggio.