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11/10/2023 06:00:00

Violenza sulle donne: la repressione non basta. Qui bisogna curare la dipendenza affettiva 

Devo violare la mia rigida riservatezza su incontri e conversazioni.  Ma qualche giorno fa sono andato a trovare un amico - è un importante dirigente della pubblica sicurezza, mettiamola così. Si parlava di piccola e grande criminalità nel territorio, di cose da fare. Poi lui ad un certo punto mi fa: "Guarda che non è così facile". E mi indica tutta una serie di carpette, diverse decine, che aveva in un angolo della sua disordinata scrivania. "Lo sai cosa sono?". Si. Erano  tutti i fascicoli del "codice rosso", quel pacchetto di misure che in Italia, dal 2019, avvia un iter preferenziale per cercare di dare la migliore tutela alle donne che denunciano casi di violenza domestica, stalking, atti persecutori, molestie, eccetera. "Siamo invasi da denunce di questo tipo di reati - continua -. Ed hanno la precedenza. Quindi, tutto il resto va in secondo piano".

"Solo che sta accadendo una cosa - mi dice, abbassando la voce -. Ci sono donne, ormai, che si lasciano con i mariti o i compagni, e, per vendetta, li accusano di molestie, di stalking. E tu che fai?". E già, che si fa? "L'altra volta è venuta una signora -  mi racconta -. Si era appena lasciata con il marito. Lo accusava di stalking. Portava, a supporto della denuncia due, si, due, telefonate notturne e qualche messaggio. Si vedeva lontano un miglio che lei utilizzava la denuncia come uno strumento di regolamento di conti per la separazione del marito. Ma tu che fai? Il marito ha il porto d'armi, è cacciatore. Che fai? E se poi quello le spara davvero? Non puoi mai sottovalutare. E allora devi fare indagini, accertamenti, ascoltare testimoni, chiedere autorizzazioni, provvedimenti.  E poi però ritirano la denuncia, perchè fanno pace. O arrivano in tribunale e ritirano la querela. O scopri che il "persecutore" è un "perseguitato". Accade, caro mio, accade".

Già. Non è così semplice. Come sempre: non ci sono cose semplici. Magari ci fosse una legge o un pacchetto di leggi per impedire questa strage continua. Certo, ci sono, è meglio. Ma tutto non si può regolare con il codice, dai "rave party" (vi ricordate? fu il debutto del governo Meloni), alle "baby - gang". E' sempre un'idea alla Minority Report delle cose della giustizia, un grande fratello che sorveglia e prevede. Ma è questo che vogliamo?

Tra l'altro, raccontava il quotidiano "Domani", qualche giorno fa, il "codice rosso" non ha fatto diminuire i reati contro le donne. Aumentano invece le raccomandazioni: non uscire sola la sera, non vestirti troppo scollata, non bere, non prendere il sentiero nel bosco - sembra quasi di sentire - rinuncia a te stessa, non vivere. E i primi a doversi ribellare, a tutto questo, non devono essere le donne, ma gli uomini. Perchè è aberrante che oggi un uomo sia, per una donna, un fattore di rischio. Io, da maschio, mi vergogno. A fare le fiaccolate, in piazza, a dire basta dobbiamo essere noi uomini. 

 

I codici non servono, serve la consapevolezza. Che non è quella sulla violenza, in genere, o di genere, come preferite. E' qualcosa di diverso. Forse è il caso di slittare la conversazione. Ce lo ha spiegato bene, in un'intervista, qualche giorno fa, la giornalista Antonella Lusseri, amica di Marisa Leo (uccisa brutalmente dall'ex compagno), e vittima lei stessa di stalking da parte di un vicino di casa che, di fatto, l'ha costretta ad andare via da Marsala.

Antonella ha titolo per parlare. E non parla di scarpe rosse, di panchine dipinte, parla di un'altra cosa: dipendenza affettiva. E' questo che bisogna curare, dice lei. La dipendenza affettiva. L'amore, violento e becero, che però diventa una droga. Che ti fa stare bene, poi male, poi ancora bene, poi malissimo. Infine, uccide.

Ci vuole coraggio, a parlare così. Perchè sposta l'attenzione sulla "vittima", mette in campo altro, la complessità delle cose, e quindi anche dei nostri rapporti, e quindi anche dell'amore, che una volta per il poeta permetteva le rime più facili del mondo, e che invece oggi, fragili come siamo, può diventare letale come il crack  (ed è da giorni che ho in mente una frase bellissima e dolorisissima di un libro che sto leggendo - ovviamente non mi ricordo il titolo - che dice che la solitudine è la più grande forma di generosità verso l'altro che un uomo possa compiere. Che cosa lacerante).  E' qualcosa che ha a che fare con l'educazione sentimentale, con i nostri tormenti, con tutte le Marise vittime di amori malati, che hanno gli strumenti (l'intelligenza, gli amici, la forza) ma non sanno vincere la dipendenza. Come la droga, come l'alcool, certi amori ti portano alla morte. E noi forse non abbiamo neanche un nome per definirla, questa roba, che riguarda non solo le coppie, ma anche certi figli con i genitori, e viceversa, altre coppie, che porta a muoverci su piani instabili ed inclinati, perchè ha ragione sempre Leone Tolstoj, che tutte le famiglie sono felici allo stesso modo, ma ogni famiglia è infelice a modo suo, anche nei disturbi sentimentali, anche nella dipendenza da amore malato, e Anna Karenina si è buttata sotto un treno, oggi magari sarebbe andata ad un appuntamento chiarificatore in campagna, l'ultimo. E sarebbe finita come sappiamo.

Giacomo Di Girolamo



Editoriali | 2024-05-16 06:00:00
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