Depistaggio, i parenti di Paolo Borsellino citano presidenza del Consiglio e Viminale
Un atto dovuto non un'accusa politica. Così Fabio Trizzino, l'avvocato dei figli di Paolo Borsellino, ha spiegato la decisione di chiedere la citazione come responsabile civile della Presidenza del Consiglio dei ministri e del ministero dell'Interno nell'ultimo ramo d'inchiesta sul depistaggio delle indagini sulla strage di via D'Amelio. Una scelta non nuova nei vari processi che si sono succeduti in questi quasi 32 anni trascorsi dall'attentato che costò la vita al giudice Borsellino e a 5 agenti della sua scorta.
Quella che si è svolta stamattina a porte chiuse a Caltanissetta è la prima udienza preliminare contro 4 agenti che facevano parte del gruppo d'indagine "Falcone Borsellino": Giuseppe Di Gangi, Vincenzo Maniscaldi, Angelo Tedesco e Maurizio Zerilli.
A guidare il pool era l'ex capo della squadra mobile di Palermo Arnaldo La Barbera, ritenuto il regista del depistaggio.
I 4 poliziotti sono finiti sotto indagine dopo le loro testimonianze al processo contro altri tre agenti accusati di depistaggio. Per la Procura, troppi i loro "non ricordo".
“Questo è solo un altro tassello di un quadro molto più ampio e complesso che vede coinvolti vari livelli istituzionali”, ha dichiarato l'avvocato Trizzino. Anche il legale di Salvatore Borsellino ha presentato la stessa richiesta.
Il gup si è riservato di decidere e ha fissato la prossima udienza per il 19 settembre
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