Dall’agguato della mafia, a “San Giuliano criminale”, all’arresto a Trapani. La storia di Diego Pipitone
“Non sono il boss di San Giuliano. Le persone mi vogliono bene, tutto qui. Farsi volere bene è reato?”. Giuseppe “Diego” Pipitone parlava così, quattro anni fa, in un’intervista esclusiva a Tp24 dopo l’inchiesta a puntate sulle trame criminali a San Giuliano, quartiere difficile di Erice. In questi giorni il nome di Diego Pipitone è tornato nelle cronache giudiziarie perchè è tra le persone arrestate nell’operazione antimafia Irene (qui tutti i particolari). Attualmente si trova ai domiciliari.
La sua è sempre stata una figura borderline. Ha un passato criminale pesante, è scampato ad un omicidio di mafia. E’ molto cercato dai politici perchè soprattutto a San Giuliano può spostare consistenti pacchetti di voti. Dice di essere “una persona comune” e che la gente gli vuole bene. Si può definire uno “sintuto”. Dopo il suo arresto, nei giorni scorsi, una truppa di suoi “fan” lo ha difeso. Ricostruiamo allora la figura di Diego Pipitone, partendo dai fatti che lo hanno portato ai domiciliari.
PERCHE’ E’ STATO ARRESTATO Giuseppe Diego Pipitone, classe 63, originario di Castellammare del Golfo, si è trasferito a Trapani da giovane. Nei giorni scorsi è stato arrestato con l’accusa di aver costretto, dietro minacce di ritorsioni, un buttafuori trapanese ad abbandonare il proprio impiego per far posto al figlio. Il buttafuori minacciato ha poi lasciato il posto di lavoro.
Secondo le indagini Pipitone ha agito “con l’aggravante della minaccia posta in essere da persone che fanno parte dell’associazione mafiosa” e dell’aver commesso il fatto avvalendosi del metodo mafioso.
Diego Pipitone è accusato di violenza privata aggravata nei confronti di Sebastiano Dara, in un episodio avvenuto a Trapani all'inizio del 2023.
Il tutto nasce da una controversia scoppiata nel locale notturno "Biutiful Bistrot" di Castellammare del Golfo, dove Dara lavorava come buttafuori. Secondo quanto emerso dalle intercettazioni, Dara si sarebbe rivolto in modo ritenuto irriguardoso nei confronti del figlio di Pipitone, anch'egli impiegato presso lo stesso locale. A seguito di questo episodio, Dara venne licenziato.
Per ottenere il licenziamento di Dara, Pipitone avrebbe chiesto l'intervento di Giosuè Di Gregorio, coinvolgendo anche Francesco Coppola, capo della famiglia mafiosa di Alcamo. Le indagini, condotte grazie a numerose intercettazioni, rivelano un sistema in cui Pipitone ha fatto ricorso alla mafia per risolvere un semplice dissidio lavorativo, dimostrando il potere e il controllo che l'organizzazione criminale esercitava nel territorio.
Un'intercettazione chiave del 4 gennaio 2023 mostra la gravità dell'atteggiamento di Pipitone. In una conversazione con Di Gregorio, emerge che Pipitone fosse pronto ad azioni estreme nei confronti di Dara, come indicato dalla frase: "Diego il grande lo voleva ammazzare."
Questa frase conferma l'intenzione violenta di Pipitone, rendendo chiaro come la disputa fosse ben più di una semplice lite. Il coinvolgimento di esponenti mafiosi di rilievo, tra cui Mariano Asaro e Tano Gigante, sottolinea quanto Pipitone fosse disposto a fare pur di imporre la sua volontà.
Alla fine, Dara fu costretto a lasciare il lavoro. In una conversazione intercettata il 14 gennaio 2023, Dara ammette: "Me ne sono andato... che dovevo fare?"
L’episodio, per quanto possa sembrare di poco conto, ha assunto una dimensione ben più ampia proprio per l’intervento di esponenti mafiosi, coinvolgendo diversi gruppi criminali locali per risolvere la questione e mantenere il controllo del territorio.
Le intercettazioni dimostrano non solo la pericolosità di Pipitone, ma anche il coinvolgimento della mafia nel regolare questioni apparentemente minori, confermando il radicamento dell'organizzazione sul territorio.
IL REUCCIO DI SAN GIULIANO L’indagine “Scrigno”, di alcuni anni fa, svelò i molti aspetti del rapporto tra la politica trapanese e la mafia. E’ quella che portò all’arresto dell’ex deputato regionale Paolo Ruggirello e decapitò i vertici della famiglia mafiosa trapanese.
Nelle migliaia di pagine di rapporti e dossier degli investigatori veniva fuori tutto il sottobosco di rapporti, accordi, e dinamiche criminali in uno dei quartieri più caldi: San Giuliano, tra Erice e Trapani. E in quei dossier viene fuori la figura di Diego Pipitone come il “reuccio” di San Giuliano. Lì, forte della sua caratura criminale, riesce a dirimere controversie, far ritrovare roba rubata. Una volta un commerciante è stato picchiato selvaggiamente da un pregiudicato. La vittima non ha chiamato le forze dell’ordine, ma si è rivolto direttamente a Pipitone.
Ma soprattutto - come abbiamo raccontato nell’inchiesta “San Giuliano Criminale” - è un “grande elettore”. Riesce a muovere grandi pacchetti di voti, è capace di far eleggere candidati e di farli dimettere il giorno stesso dell’insediamento al consiglio comunale. La sua è una delle figure centrali nelle trame di Erice e Trapani, tra il 2017 e il 2018, anni in cui si vota nelle due città e nelle elezioni regionali. Una figura nota a tutto il mondo politico, e una parte di questo non disdegna il suo sostegno.
Anche nell'ultima indagine Pipitone lo troviamo coinvolto, anche se non accusato, nella campagna elettorale delle elezioni 2022. Quella in cui l'ex senatore Nino Papania avrebbe comprato voti dalla mafia per il candidato Rocca nell'Mpa. Il riferimento del clan alcamese era Giosuè Di Gregorio. Proprio quest'ultimo conversa con Pipitone. "A me soldi hanno dato..." confida Di Gregorio a Pipitone riferendosi alla compravendita di voti. Il "reuccio" di San Giuliano: "pensi che non lo so ... ". Di Gregorio, braccio destro del boss di Alcamo, Francesco Coppola, non avrebbe però fatto in tempo ad andare a Trapani a fare un giro con Pipitone per recuperare più voti.
QUANDO HA FATTO DIMETTERE UN CONSIGLIERE Uno dei casi emblematici del potere di Pipitone, per chi ha indagato sulle trame di Erice, è il caso di Francesco Tarantino. Nel 2017 viene eletto nella lista “Daniela Toscano - Sindaco per Erice” con 201 voti. Fa parte della coalizione vincente, quella del Sindaco Daniela Toscano e di Giacomo Tranchida, oggi Sindaco di Trapani.
Tarantino si dimette a sorpresa alla prima seduta di consiglio comunale , per far posto a Francesca Miceli, che entra nel gruppo del Pd .
Una vicenda che è sempre stata avvolta nel mistero, sulla quale nessuno ha mai dato spiegazioni, e che adesso siamo in grado di raccontare.
Per usare le parole degli investigatori, in quel caso la criminalità locale si è spinta a “porre in essere pesanti e continue pressioni nei confronti di un neo consigliere comunale di Erice, eletto tra l’altro con il loro sostegno, affinché rinunciasse all’incarico dopo pochi giorni favorendo in quel modo la nomina di altro candidato a loro maggiormente gradito”. Dietro alle dimissioni di Tarantino, in realtà, ci sarebbe stato Diego Pipitone, che primo lo aveva fatto eleggero, e poi lo ha costretto a dimettersi.
“Lui in consiglio non ci deve andare. Iddru in cunsigghiu nun ci va e tu rico io picchi, ora iddru si dimette”.
QUANDO LA MAFIA HA PROVATO AD UCCIDERLO La “caratura criminale” di Diego Pipitone arriva da molto lontano. Nei primi anni ‘80 è stato condannato a 18 anni di carcere per aver ucciso un suo rivale in amore. Nei primi anni ‘90 è protagonista di una storia che è diventata quasi una leggenda. Di quelle che corrono di bocca in bocca ai criminali, se la raccontano, e girando accresce la caratura criminale di Pipitone. Si trovava in libertà vigilata quando il 18 ottobre del 1992 tre sicari gli tendono un agguato a Castellammare del Golfo, sua città di origine. Prima gli bucano la ruota dell’auto, poi l’agguato. Pipitone si salva, in maniera rocambolesca, con diversi colpi di pistola che lo colpiscono. La pistola si inceppa, lui riesce a scappare, con il corpo crivellato. In quel raid restano però uccisi il fratello Mariano Pipitone e il fidanzato della sorella, Vincenzo Surdo. Era proprio Pipitone l’obiettivo di quell’agguato che abbiamo raccontato con tutti i particolari qui.
L’attentato nei confronti di Pipitone nasce quando alcuni marsalesi fedelissimi ai corleonesi riferiscono ai mazaresi che Pipitone aveva fornito un nascondiglio a Leonardo Canino a Trapani, vicino ai Zichittella di Marsala e nemici dei corleonesi nella guerra di mafia marsalese. La mafia in quei mesi stava uccidendo tutti coloro che si erano schierati contro i corelonesi, contro la fazione di Riina, e chiunque avesse dato supporto alla fazione opposta. Tra questi, appunto, Diego Pipitone. “Io non c’entro niente, mi sono trovato lì per sbaglio”. Racconta pipitone anni dopo. Lo abbiamo intervistato nella sua casa a Trapani, dopo “San Giuliano criminale”. Pipitone brucia una sigaretta dopo l’altra, parla del suo passato, delle “menzogne” sul suo conto. Di essere “una persona comune”. Oggi lo ritroviamo in una storia di violenza e di mafia.
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