Carcere di Trapani: schiaffi, sputi e manganellate a detenuti indifesi
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Schiaffi, sputi, manganellate. L’inchiesta della Procura della Repubblica di Trapani sulle presunte violenze avvenute all’interno del carcere Pietro Cerulli ha portato alla luce un quadro di episodi gravi e sistematici, che coinvolgono 55 indagati tra agenti della polizia penitenziaria e personale. Le accuse spaziano da torture a maltrattamenti, con aggravanti legate alla loro posizione di pubblici ufficiali.
Di seguito, una sintesi degli episodi contestati, così come riportati nel decreto di perquisizione. Ricordiamo che gli indagati sono da ritenersi innocenti fino a prova contraria e che l’inchiesta è ancora in corso.
Episodi di tortura e trattamenti disumani
Tra i fatti documentati, emergono episodi di violenza fisica, umiliazioni e abusi psicologici:
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Percosse e umiliazioni:
Un detenuto è stato schiaffeggiato, preso a pugni e sputato in faccia dagli agenti durante un trasferimento. In un altro caso, un uomo è stato fatto spogliare completamente e schernito, subendo poi percosse lungo il corridoio della sezione isolamento. -
Lanci di liquidi:
In più occasioni, gli agenti avrebbero lanciato acqua e urina all’interno delle celle per punire o umiliare i detenuti. -
Scherni razzisti:
Un detenuto di origine straniera è stato denudato e deriso per le dimensioni dei suoi genitali davanti ad altri agenti e detenuti. -
Violenza gratuita:
Alcuni indagati avrebbero organizzato spedizioni punitive, percuotendo detenuti con calci e pugni e imponendo loro punizioni arbitrarie.
Clima di terrore e omissioni
Gli episodi non riguardano solo violenze attive, ma anche omissioni da parte di chi, pur avendo il dovere di intervenire, è rimasto a guardare:
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Intimidazioni:
Alcuni agenti sono accusati di instaurare un clima di terrore, colpendo ripetutamente i detenuti o permettendo che fossero aggrediti da altri detenuti senza intervenire. -
Violenza psicologica:
In diversi casi, i detenuti sono stati sottoposti a minacce e umiliazioni, come l’obbligo di firmare documenti sotto costrizione fisica. -
Falsificazioni e calunnie:
In numerose relazioni di servizio, i detenuti sono stati falsamente accusati di aggressioni o comportamenti violenti per coprire gli abusi subiti.
Detenuti vulnerabili nel mirino
Le vittime degli episodi accertati sono principalmente soggetti vulnerabili, con problematiche psichiatriche o considerate "deboli" dagli stessi agenti. Tra i casi documentati:
- Un uomo colpito con calci e pugni durante il trasferimento in isolamento, poi lasciato in una cella spoglia in condizioni degradanti.
- Un detenuto costretto a fumare una sigaretta alterata con sostanze non meglio precisate, come atto punitivo per le sue richieste.
L’aggravante del ruolo istituzionale
In molti episodi, le violenze contestate sono avvenute con l’aggravante dell’abuso di potere e in violazione dei doveri inerenti alla funzione di pubblico ufficiale. Tra gli episodi più emblematici:
- Un detenuto picchiato e schernito durante il trasporto ospedaliero, con il lenzuolo che copriva le manette per nascondere le sue condizioni.
- Un altro detenuto colpito con bastoni e manganelli nel reparto isolamento, senza alcuna motivazione apparente.
Un’indagine ancora aperta
Gli episodi descritti coprono un arco temporale significativo, con alcune violenze risalenti al 2020 e altre registrate fino al 2023. Le indagini proseguono per accertare ulteriori responsabilità e valutare eventuali coperture interne.
Questo spaccato inquietante, che ha trasformato il carcere in una "zona franca", mette in luce non solo le azioni dei singoli agenti, ma anche un sistema che ha permesso il perpetuarsi di abusi nei confronti dei detenuti più fragili. Lo Stato, come ribadito dalle autorità, deve garantire che episodi del genere non si ripetano, restituendo dignità e legalità a un contesto dove queste sembrano essere state a lungo sospese.
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