Mafia, oggi il 29° anniversario dalla morte di Giuseppe Di Matteo
L'11 gennaio 1996, il piccolo Giuseppe Di Matteo veniva barbaramente ucciso dalla mafia dopo 779 giorni di prigionia. A distanza di 29 anni, le comunità di San Giuseppe Jato e San Cipirello hanno reso omaggio alla sua memoria, riunendosi nel casolare in cui il giovane fu tenuto prigioniero, oggi confiscato alla criminalità organizzata.
Giuseppe Di Matteo, nato a Palermo il 19 gennaio 1981, aveva appena 12 anni quando fu rapito, il 23 novembre 1993, in un maneggio di Villabate. A compiere il sequestro fu un gruppo di mafiosi su ordine del boss Giovanni Brusca, che mirava a costringere il padre del ragazzo, Santino Di Matteo, collaboratore di giustizia, a ritrattare le sue dichiarazioni. Il tentativo fallì, ma la brutalità della mafia si riversò su Giuseppe, vittima innocente di una vendetta feroce e disumana.
La cerimonia di commemorazione
Questa mattina, nel casolare in cui Giuseppe fu imprigionato per oltre due anni, si è svolta una cerimonia commemorativa. Presente anche la madre del ragazzo, Franca Castellese, che ha ribadito l'importanza di mantenere vivo il ricordo del figlio: «Questi luoghi devono continuare a parlare, devono essere vissuti affinché la memoria non muoia mai».
Il casolare, circondato dal Giardino della Memoria, è però in stato di abbandono, una situazione che ha suscitato l’indignazione del sindaco di San Giuseppe Jato, Giuseppe Siviglia. «Non possiamo accettare che un luogo così significativo versi in queste condizioni», ha dichiarato il primo cittadino, puntando il dito contro l’associazione locale che gestisce l’area: «Revocheremo la convenzione se non verrà garantita una cura adeguata».
Un simbolo contro la mafia
La vicenda di Giuseppe Di Matteo è rimasta impressa nella coscienza collettiva come uno degli atti più crudeli compiuti dalla mafia. Ricordare Giuseppe significa non solo rendere omaggio alla sua giovane vita spezzata, ma anche riaffermare il rifiuto di ogni forma di criminalità.
Le istituzioni e le comunità locali si sono impegnate a trasformare i luoghi del dolore in simboli di riscatto. Il recupero e la valorizzazione del casolare e del Giardino della Memoria rappresentano un passo essenziale per tramandare alle future generazioni una storia di resistenza civile contro la brutalità della mafia.
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