Certe giornate nel motorsport sembrano scritte da un grande romanziere, capace di mescolare emozione, talento, cadute e rinascite in un’unica, travolgente sinfonia. Quella di ieri è stata una di queste. Due nomi, all’apparenza lontani per età, carriera e percorsi, hanno invece offerto due storie che si intrecciano nello spirito puro della competizione: Andrea Kimi Antonelli, giovanissimo prodigio italiano della Formula 1 che ieri ha conquistato il suo primo podio a Montreal, dietro al compagno Russell e a Verstappen e Robert Kubica, ex Formula 1 sopravvissuto a un destino crudele, tornato sul tetto del mondo grazie alla storica vittoria alla 24 Ore di Le Mans con la Ferrari
Antonelli, appena diciottenne, è salito sul podio tra i grandi al termine di una gara combattutissima, riuscendo a difendersi fino alla fine dagli attacchi della McLaren di Oscar Piastri. Un risultato che ha il sapore della consacrazione. Da tempo indicato come il nuovo fenomeno della massima serie, cresciuto nel vivaio Mercedes sotto l’occhio vigile di Toto Wolff, è stato scelto per un compito non da poco: raccogliere l’eredità di Lewis Hamilton, che ha lasciato le Frecce d’Argento per vestire di rosso Ferrari. E ieri, con una prestazione matura, decisa, Antonelli ha dimostrato che quel posto se l’è guadagnato, non solo per il futuro, ma anche per l’oggi. La sua velocità è indiscutibile, ma a colpire è stata la freddezza: quella calma quasi spavalda che solo i grandi hanno dentro quando affrontano le pressioni del massimo livello.
E in Francia è stata scritta un’altra pagina leggendaria del motorsport. Il protagonista è Robert Kubica, uno di quegli uomini che sembrano usciti da un romanzo epico. A Le Mans ha trionfato guidando la Ferrari 499P del team AF Corse, portando a casa la terza vittoria consecutiva della Rossa nella classica di durata più famosa al mondo. Ma il successo del pilota polacco va ben oltre la cronaca sportiva: è una storia di redenzione, di forza interiore, di tenacia assoluta. Continua a leggere qui su Motoriedintorni.com