Si è svolto il 9° Forum Mediterraneo in Sanità, in quell’occasione la Fondazione Gimbe, presieduta da Nino Cartabellota, ha presentato i dati aggiornati sulla diffusione e l’utilizzo del Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE).
Si tratta di uno strumento che non si è sviluppato in maniera lineare in tutto il Paese ma corre a velocità diverse, quindi con altre disuguaglianze.
Ad oggi solo quattro tipologie di documenti sanitari risultano disponibili in tutte le Regioni e appena il 42% dei cittadini ha espresso il consenso alla consultazione dei propri dati, con divari abissali e percentuali irrisorie nel Mezzogiorno.
Strumento digitale lontano dai pazienti
Nino Cartabellotta chiarisce che "Il Fascicolo Sanitario Elettronico dovrebbe essere la chiave per migliorare accessibilità, continuità delle cure e integrazione dei servizi sanitari e socio-sanitari. Ma oggi, per di cittadini, resta uno strumento ben lontano dalla piena operatività. Il divario digitale tra le Regioni, se non colmato rapidamente, rischia di trasformarsi in una nuova forma di esclusione sanitaria”.
Cosa ci dovrebbe essere nel fascicolo. I siciliani ancora indietro
Il Decreto del Ministero della Salute del 7 settembre 2023 ha definito i contenuti del Fascicolo Sanitario Elettronico 2.0, però ad oggi solo 4 documenti su 16 monitorati sul portale pubblico – lettera di dimissione ospedaliera, referti di laboratorio e di radiologia e verbale di pronto soccorso – risultano effettivamente disponibili in tutte le Regioni.
Quindi afferma Cartabellotta “Un cittadino siciliano e uno veneto non hanno le stesse possibilità di accesso alla propria documentazione clinica. E questo non è accettabile in un Servizio Sanitario Nazionale che si definisce universale". In oltre l’80% delle Regioni nel Fascicolo ci sono alcuni
documenti fondamentali – come il profilo sanitario sintetico, le prescrizioni specialistiche e farmaceutiche, il referto specialistico ambulatoriale. Il certificato vaccinale e il documento di erogazione delle prestazioni specialistiche sono presenti in 15 Regioni e Province Autonome (71%), mentre il documento di erogazione dei farmaci e la scheda della singola vaccinazione compaiono nei FSE di 14 Regioni (67%). Il referto di anatomia patologica e il taccuino personale dell’assistito sono accessibili in 13 Regioni (62%). Soltanto 6 Regioni rendono disponibile la lettera di invito per screening, vaccinazioni e altri percorsi di prevenzione, mentre la cartella clinica è resa disponibile nel FSE solo dal Veneto. Complessivamente, a livello nazionale il FSE mette a disposizione degli utenti il 68% dei documenti monitorati sul portale del FSE 2.0 e previsti dal decreto. Nessuna Regione alimenta il FSE con tutte le tipologie documentali previste dal DM: si va dal 93% del Piemonte e del Veneto al 40% di Abruzzo e Calabria.
Servizi offerti e utilizzo
I FSE regionali offrono fino a 45 servizi digitali, che permettono ai cittadini di svolgere varie attività fondamentali: dal pagamento di ticket e prestazioni alla prenotazione di visite ed esami, dalla scelta del medico di medicina generale alla consultazione delle liste d’attesa. Solo la Toscana (56%) e il Lazio (51%) superano la soglia del 50% dei servizi attivati. All’estremo opposto, in Calabria la disponibilità si ferma al 7%.
Al 31 marzo 2025 a livello nazionale solo il 42% dei cittadini ha espresso il consenso alla consultazione dei propri dati sanitari da parte dei medici. Ma il divario tra le Regioni è enorme: si passa dall’1% in Abruzzo, Calabria e Campania al 92% in Emilia-Romagna. Tra le Regioni del Sud, solo la Puglia (73%) supera la media nazionale.
Tra gennaio e marzo 2025, appena il 21% dei cittadini ha consultato almeno una volta il proprio FSE, considerando esclusivamente chi ha avuto almeno un documento caricato. Anche in questo caso le disparità regionali sono marcate: si va dall’1% delle Marche al 65% dell’Emilia-Romagna. Nel Mezzogiorno, l’utilizzo resta sotto l’11%.
L’utilizzo da parte dei Medici
Tra gennaio e marzo 2025 il 95% dei Medici di Medicina Generale e Pediatri di Libera Scelta ha effettuato almeno un accesso al FSE. Sono appena 9 le Regioni che raggiungono il 100% di utilizzo: Basilicata, Emilia-Romagna, Marche, Molise, Provincia Autonoma di Trento, Piemonte, Puglia, Sardegna e Umbria. Seguono poi la Liguria (99%), Lazio e Veneto (98%), Lombardia (96%), Abruzzo e Friuli Venezia Giulia (94%), Calabria (93%), Sicilia (91%), Campania e Provincia Autonoma di Bolzano (88%), Toscana (80%) e Valle d’Aosta (47%).
Al 31 marzo 2025 il 72% dei medici specialisti delle Aziende sanitarie risulta abilitato alla consultazione del FSE. Dodici Regioni e Province Autonome hanno raggiunto il 100% di abilitazioni: Lombardia, Marche, Molise, Province Autonome di Bolzano e Trento, Piemonte, Puglia, Sardegna, Toscana, Umbria, Valle d’Aosta e Veneto. Sotto la media nazionale si collocano Campania (61%), Lazio (60%), Abruzzo (37%), Sicilia (36%) e Calabria (26%). Fanalino di coda la Liguria, con appena il 16% di medici specialisti abilitati alla consultazione del FSE.
Cartabellotta evidenzia come “Nel Mezzogiorno il FSE è spesso un contenitore semivuoto e scarsamente utilizzato anche per l’elevata diffidenza sulla sicurezza dei dati da parte della popolazione. Ma la sanità digitale non può essere un’innovazione per pochi: servono investimenti e una governance centralizzata per garantire diritti a tutte le persone indipendentemente dal luogo in cui vivono. Se vogliamo davvero attuare una sanità digitale, i dati devono essere accessibili non solo ai cittadini, ma a tutti i professionisti coinvolti nei percorsi clinico-assistenziali, perché la tecnologia è necessaria, ma non sufficiente. Ecco perché serve un patto nazionale per la sanità digitale tra Governo, Regioni e cittadini, che assicuri completezza nei contenuti del FSE e uniformità di accesso in tutte le Regioni. Altrimenti, rischiamo che la straordinaria opportunità offerta dalla trasformazione digitale, di cui il FSE costituisce la “combinazione” di accesso, finisca per generare nuove diseguaglianze".