×
 
 
06/11/2025 09:00:00

Separazione delle carriere, tra autonomia e rischio di nuove caste nella magistratura

L’eterogenesi dei fini è un principio filosofico elaborato dal fisiologo, psicologo e pensatore Wilhelm Wundt, secondo cui le azioni umane producono spesso risultati diversi da quelli che gli individui si erano prefissati.
Questo concetto sembra trovare applicazione anche nella recente riforma costituzionale sulla separazione delle carriere nella magistratura, che in realtà riguarda più le funzioni che la professione, poiché su quest’ultima era già intervenuta la legge Cartabia. Quest’ultima aveva infatti introdotto la possibilità di passare, una sola volta, dall’organo requirente a quello giudicante (e viceversa), ma solo con il cambio di distretto.

La nuova normativa, quasi certamente, sarà sottoposta a referendum.
L’obiettivo dichiarato dei promotori è quello di eliminare ogni commistione tra pubblici ministeri (PM) e magistrati giudicanti, istituendo — tramite sorteggio — due distinti Consigli Superiori della Magistratura (CSM) e un’Alta Corte disciplinare.
Il sorteggio riguarderà i membri togati dei CSM, mentre i membri laici continueranno a essere eletti dal Parlamento.

Il timore, paventato da molti, è che il provvedimento rappresenti un primo passo verso una sottomissione dei PM al potere esecutivo. Tuttavia, tale ipotesi appare di difficile realizzazione, poiché l’articolo 104 della Costituzione, al primo comma, stabilisce chiaramente che «la magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere».

C’è però il rischio che l’intento del legislatore produca un effetto opposto a quello desiderato: la nascita di una “casta dei PM” ancora più forte.
I pubblici ministeri, infatti:

  • dispongono della polizia giudiziaria;
  • rispondono gerarchicamente a un CSM composto in larga maggioranza da PM;
  • mantengono l’obbligatorietà dell’azione penale, ma la valutazione su come esercitarla dipenderebbe dal Consiglio Giudiziario, anch’esso probabilmente a prevalenza di PM;
  • le segnalazioni disciplinari verso l’Alta Corte sarebbero determinate dalla sezione disciplinare del CSM.

Intanto, per il cittadino e per gli investitori, il peso di queste dispute è quasi nullo: ciò che conta davvero è che i tempi processuali — fissati dalla legge Pinto — si riducano.
E per ottenere questo servono più magistrati, ma anche direttori amministrativi, cancellieri, funzionari, assistenti e personale di supporto.
Senza queste risorse, la riforma rischia di ridursi all’ennesimo scontro sterile tra classe politica e magistratura.

 

Vittorio Alfieri