Anche Marsala piange Caterina Giacalone, mazarese, scomparsa a soli 48 anni. Era infatti responsabile della comunità Primo Maggio, il CAS (Centro di Accoglienza Straordinaria) che da anni rappresenta un punto di riferimento per i richiedenti asilo e i minori non accompagnati nel territorio trapanese. La sua scomparsa lascia un vuoto incolmabile non solo tra i colleghi e gli operatori del settore, ma soprattutto tra i tanti ragazzi che hanno avuto la fortuna di incrociare il suo cammino.
Originaria di Mazara del Vallo, Caterina veniva da una famiglia di pescatori. Quella propensione ad aiutare gli altri, quel senso di solidarietà verso chi è in difficoltà, ce l'aveva nel DNA. Come i pescatori mazaresi che da sempre conoscono il valore della vita umana in mare e l'importanza di tendere la mano a chi è in pericolo, così Caterina aveva fatto della sua vita professionale una missione di accoglienza e sostegno.
"Ci vuole pazienza, perché con questo sistema molto complesso si possono ottenere risultati solo con determinazione e pazienza". Questa frase, che Caterina ripeteva spesso, racchiude l'essenza del suo approccio al lavoro: una miscela rara di professionalità, tenacia e profonda umanità.
Una professionista completa
Caterina non era semplicemente una responsabile. Era un punto di riferimento a 360 gradi: per i ragazzi che accoglieva, siano essi quelli più "problematici" o quelli più "tranquilli", per le istituzioni con cui si interfacciava quotidianamente – dalla Prefettura alla Questura, dalle scuole al Tribunale dei Minori – e per gli avvocati che seguivano le pratiche dei minori. La sua competenza e la sua capacità di mediazione erano riconosciute da tutti.
Lavorare con minori non accompagnati significa assumersi una responsabilità enorme: questi ragazzi arrivano soli, dopo aver attraversato il deserto, aver subito violenze dalla guardia costiera libica, aver sfidato il mare. Arrivano traumatizzati, spesso diffidenti, portando con sé storie di dolore e speranza. Caterina sapeva accoglierli, capirli, guidarli attraverso il labirinto burocratico italiano con quella pazienza e determinazione che predicava.
La storia di due fratelli
Tra le tante storie che Caterina ha contribuito a scrivere, ce n'è una che merita di essere raccontata. Un ragazzo del Gambia si trovava in una comunità di Catanzaro, lontano dal fratello che viveva e lavorava a Marsala. La distanza pesava su entrambi, l'uno aveva bisogno dell'altro. Avvicinare due fratelli separati dal sistema di accoglienza italiano è un'impresa difficilissima, un percorso burocratico complesso che scoraggerebbe chiunque. Ma non Caterina. Lei ha curato tutta la pratica con meticolosità, ha seguito ogni passaggio, ha parlato con le persone giuste, ha insistito quando sembrava impossibile. Oggi, quei due fratelli vivono insieme a Marsala. Una piccola vittoria, una famiglia ricomposta, una storia a lieto fine in un mare di tragedie.
Un'eredità che continua
Questa è solo una delle tante storie. Ci sono ragazzi oggi in giro per l'Italia e per l'Europa che lavorano, studiano, mettono su famiglia. Molti di loro, se ripercorrono il filo della propria vita, trovano un momento cruciale: l'incontro con Caterina Giacalone nella comunità Primo Maggio di Marsala.
Dopo i pericoli del deserto, dopo le violenze, dopo la traversata, hanno trovato qualcuno che credeva in loro, che aveva la pazienza di aspettare i tempi della burocrazia e la determinazione di non mollare mai.
La comunità Primo Maggio deve continuare il suo lavoro, perché i ragazzi continuano ad arrivare, continuano ad aver bisogno di qualcuno che li accolga, li guidi, li accompagni.
Caterina Giacalone, o meglio Katia, era una grande donna. Il modo migliore per ricordarla è continuare a fare quello che lei faceva ogni giorno: accogliere, proteggere, accompagnare. Con pazienza e determinazione.