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02/07/2025 11:34:00

Lavoro minorile: come contrastare un fenomeno che interessa 138 milioni di bambini?

Nonostante i progressi compiuti nel riconoscimento e nella tutela dei diritti dell’infanzia, il lavoro minorile continua a rappresentare una delle emergenze più gravi del nostro tempo. Secondo gli ultimi dati diffusi dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro, sono 138milioni i bambini in condizioni di sfruttamento lavorativo livello globale, e 54 milioni sono impiegati in occupazioni classificate come pericolose per la salute, la sicurezza o lo sviluppo personale.

Si tratta di un fenomeno che affonda le proprie radici in dinamiche strutturali di disuguaglianza economica, marginalizzazione sociale e mancanza di accesso a servizi essenziali. In questi contesti, il lavoro dei minori è tuttora considerato inevitabile per il sostentamento familiare, in particolare nei contesti segnati da povertà estrema e assenza di protezioni istituzionali.

Tra gli ambiti in cui si registra una presenza particolarmente significativa di bambini e adolescenti vi sono l’industria del fast fashion, l’estrazione mineraria – in particolare di diamanti – e la gestione dei rifiuti, con particolare riferimento alle discariche di rifiuti elettronici.


I bambini nel fast fashion

Il settore del fast fashion è tra quelli in cui negli ultimi anni i minori vengono impiegati con una frequenza sempre maggiore, soprattutto nei Paesi con alta concentrazione manifatturiera come il Bangladesh, dove l’industria tessile impiega oltre 4 milioni di persone.
 

I minori vengono impiegati in piccole fabbriche, laboratori o in subappalto domestico, senza nessuna forma di regolamentazione. Le attività svolte comprendono operazioni ripetitive e usuranti, come il taglio, la cucitura, la stiratura e l’imballaggio. 
 

I compensi sono molto bassi e le condizioni di lavoro estremamente precarie, con i bambini esposti a orari eccessivi, ambienti sovraffollati e contatto frequente con sostanze chimiche utilizzate nei processi di tintura e trattamento dei tessuti. 
 

Nella maggior parte dei casi, non esistono misure di sicurezza né accesso a cure mediche in caso di infortunio. Il lavoro avviene spesso in spazi chiusi, mal ventilati e privi di protezioni adeguate.


I minori sfruttati per il lavoro in miniera

Un altro settore ad alta incidenza di lavoro minorile è quello dell’estrazione mineraria artigianale e su piccola scala (ASGM), particolarmente diffusa in varie regioni dell’Africa subsahariana e dell’Asia meridionale. In questi contesti, milioni di minori vengono impiegati in attività fisicamente estenuanti e ad alto rischio, spesso in totale assenza di tutele legali e sanitarie.
 

Le mansioni affidate ai bambini comprendono lo scavo manuale, la frantumazione di rocce, il trasporto di materiali pesanti, la setacciatura del terreno e la selezione dei minerali, come oro, diamanti, cobalto e coltan. 
 

Si tratta di lavori che espongono i più giovani a gravi rischi per la salute e la sicurezza: crolli, inalazione di polveri sottili, contatto con sostanze chimiche tossiche come il mercurio e totale mancanza di dispositivi di protezione.
 

In molti casi, i minori trascorrono intere giornate nelle miniere, con turni lunghi e scarsissima possibilità di accedere a istruzione, cure mediche o supporto psicologico. Secondo le stime dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL), le miniere artigianali sono tra le attività classificate come “tra le peggiori forme di lavoro minorile”, poiché mettono in pericolo lo sviluppo fisico e mentale dei bambini.


I bambini sfruttati per il lavoro in discarica

Le discariche informali rappresentano uno dei contesti in cui il lavoro minorile assume profili particolarmente drammatici: i bambini vi trascorrono intere giornate, spostandosi tra rifiuti, cercando materiali da vendere, in condizioni igieniche precarie e spesso senza alcuna protezione, con un’esposizione costante a sostanze nocive e oggetti taglienti.
 

Particolarmente gravi sono le condizioni nelle discariche di rifiuti elettronici, dove si accumulano tonnellate di dispositivi dismessi provenienti da altri continenti: computer, frigoriferi, telefoni cellulari, televisori. Il fenomeno dell’e-waste è alimentato dall’obsolescenza rapida dei prodotti tecnologici e dalla pratica — illegale ma diffusa — di esportare questi rifiuti nei Paesi a basso reddito sotto la falsa etichetta di “materiale usato”. Una volta giunti a destinazione, i dispositivi finiscono in siti privi di qualsiasi regolamentazione.
 

Uno dei casi più emblematici è quello di Agbogbloshie, una vasta area situata nei pressi di Accra, in Ghana, considerata la più grande discarica informale di rifiuti elettronici al mondo.
 

Come riportato anche dal reportage realizzato da Progetto Happiness, in collaborazione con l’organizzazione internazionale indipendente ActionAid, in questo luogo, bambini e adolescenti lavorano quotidianamente in situazioni estremamente precarie, esposti a metalli pesanti, fumi tossici e residui chimici. Il tutto accumulando grande fatica, riportando di frequente ferite ai piedi ed essendo accompagnati da dolori persistenti causati dal calore chimico.


Gli strumenti giuridici internazionali contro lo sfruttamento minorile

La protezione dei minori dal lavoro forzato e dallo sfruttamento è sancita da una serie di strumenti giuridici internazionali che costituiscono il fondamento normativo della lotta globale al lavoro minorile. Tra i più rilevanti, spicca la Convenzione sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza, adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1989 e ratificata da quasi tutti gli Stati del mondo. In particolare, l’articolo 32 stabilisce il diritto del minore a essere protetto dallo sfruttamento economico e da qualsiasi lavoro che possa nuocere alla sua salute, alla sua educazione o al suo sviluppo fisico, mentale, spirituale, morale o sociale.
 

A rafforzare questo impianto normativo è intervenuta nel 1999 la Convenzione n. 182 dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO), che ha fissato come priorità assoluta l’eliminazione delle peggiori forme di lavoro minorile, tra cui il lavoro forzato, la tratta, la schiavitù, lo sfruttamento sessuale e l’impiego dei bambini in attività pericolose. Gli Stati membri dell’ILO si sono impegnati ad adottare misure immediate e concrete per identificare, prevenire e contrastare tali pratiche, coinvolgendo istituzioni, imprese e società civile.
 

Anche l’Unione Europea e l’Unione Africana hanno varato strumenti complementari, promuovendo il rispetto dei diritti dell’infanzia all’interno delle proprie politiche di cooperazione e commercio. Tuttavia, nonostante l’esistenza di questi dispositivi giuridici, il lavoro minorile continua a diffondersi, soprattutto nei Paesi del Sud del Mondo.

 

Le adozioni a distanza per contribuire alla lotta al lavoro minorile

Accanto all’azione degli Stati e agli strumenti giuridici internazionali, un ruolo decisivo nella lotta contro il lavoro minorile è ricoperto anche dalle organizzazioni internazionali indipendenti attive nei Paesi del Sud del Mondo. 
 

ActionAid, per esempio, supporta i bambini, le famiglie e le comunità in cui vivono attraverso i programmi di adozione a distanza. Questo sostegno continuativo permette per esempio di supportare le famiglie ed evitare che siano costrette a fa
 

Ma altrettanto importante è ciò che avviene nelle scuole: garantire un pasto sano ogni giorno e l’accesso all’acqua potabile non è solo una misura di assistenza, ma un incentivo concreto perché i bambini vengano iscritti e frequentino con regolarità. In molte situazioni, questi elementi rappresentano un motivo determinante per scegliere la scuola piuttosto che il lavoro.
 

Nelle scuole, grazie alle adozioni a distanza di ActionAid i bambini imparano anche a conoscere i propri diritti, mentre nelle comunità si svolgono attività di sensibilizzazione che coinvolgono adulti, leader religiosi e autorità locali, per contrastare l’idea che il lavoro infantile sia inevitabile.
 

ActionAid promuove anche percorsi formativi per i genitori, nell’ambito dell’agroecologia o dell’avviamento professionale, per rendere le famiglie meno dipendenti dal lavoro dei minori. 
 

Quando sussiste già una condizione di sfruttamento lavorativo, si interviene offrendo supporto psicologico e legale ai bambini coinvolti e lavorando per fermare chi sfrutta manodopera infantile.
 

Contrastare il lavoro minorile significa quindi intervenire sulle sue cause profonde. Solo così è possibile favorire un cambiamento reale, con cui garantire a ogni bambino il diritto di crescere, studiare e vivere libero dallo sfruttamento.
 

(Articolo sponsorizzato scritto in collaborazione con il committente. Per info scrivi a marketing@rmc101srl.it



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