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19/06/2025 12:55:00

  Sud, demografia e ipocrisie: il ritardo del governo costa caro all’Italia

Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti l’ha finalmente detto: “Il Sud è in sofferenza demografica, perderà 3,4 milioni di abitanti entro il 2050”. Un dato drammatico, ma non certo nuovo. La desertificazione sociale ed economica del Mezzogiorno è un processo in corso da decenni, ampiamente denunciato da demografi, economisti e amministratori locali, ma fino ad oggi sottovalutato – se non ignorato – da chi siede al governo, soprattutto da forze politiche come la Lega, storicamente più attente agli interessi del Nord. L’ammissione arriva con un ritardo che sa di ipocrisia. Perché il fenomeno non è né imprevisto né inevitabile. È il frutto di precise scelte politiche: tagli alla scuola, fuga dei giovani, assenza di una seria strategia per l’occupazione e soprattutto il rifiuto ideologico di considerare l’immigrazione come una risorsa.

Un Sud senza figli, ma anche senza accoglienza

Tra le righe del discorso del ministro si legge un messaggio preoccupante: la demografia è vista come un ostacolo ai conti pubblici, non come una priorità sociale. L’unica soluzione accennata riguarda la scuola, ma si traduce facilmente nella solita logica del “ridimensionamento”: accorpamenti, chiusure di plessi, tagli all’organico. È la stessa linea portata avanti dal collega Valditara, anche lui leghista, che ha già firmato la condanna di centinaia di scuole del Sud. Il risultato? Meno servizi, meno qualità, meno futuro.
Eppure esiste una leva demografica che questo governo continua a ignorare per motivi ideologici: l’integrazione dei migranti. Le aree interne e rurali del Mezzogiorno, oggi in fase di spopolamento, potrebbero essere rigenerate da politiche intelligenti di accoglienza e inclusione, come dimostrano casi virtuosi in Calabria e Sicilia. Ma parlare di immigrazione come opportunità resta un tabù per chi ha costruito consenso sullo slogan “prima gli italiani”.
Il costo economico del ritardo
La bomba demografica al Sud ha ricadute dirette sulla crescita nazionale. Meno abitanti significa meno lavoro, meno consumi, meno investimenti. Una spirale negativa che allontana ulteriormente il riequilibrio tra Nord e Sud e che rischia di rendere vani anche i fondi del PNRR. Senza persone, non c’è sviluppo possibile. E l’Italia non può permettersi di perdere un terzo del suo territorio attivo.

Quella di Giorgetti non è una visione strategica: è una presa d’atto tardiva e parziale. Il Sud non ha bisogno di pietà, ma di una politica che sappia guardare lontano, oltre i confini del consenso immediato. In gioco non c’è solo il destino di un territorio, ma l’equilibrio economico e sociale dell’intero Paese.



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