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17/12/2014 06:35:00

I migranti, l'affare dei centri di accoglienza, Trapani. Parla Giuseppe Scozzari

 Con gli arresti di «Mafia Capitale» il business dei migranti è stato svelato. Intercettazioni e ricostruzioni accademiche hanno portato in auge il dibattito sulla gestione finanziaria dell'accoglienza ai migranti. Una questione che - tranne rare occasioni - è stata relegata ad approfondimenti di nicchia, tanto da far passare quasi inosservato un processo in corso proprio per la gestione di un sistema di centri d'accoglienza. Il procedimento giudiziario si sta svolgendo a Gorizia e sul banco degli imputati (assieme ad altre 12 persone) siede Giuseppe Scozzari, operatore originario di Castelvetrano, protagonista del terzo settore nel trapanese. La vicenda è da inquadrare nella gestione dei centri di Gradisca d'Isonzo. L'accusa è di «associazione a delinquere ai fini della truffa ai danni dello Stato e inadempienze di pubbliche forniture». L'intero procedimento ruota attorno ad un presunto raggiro che avrebbe portato nelle casse della Connecting People oltre 1,8 milioni di euro. Scozzari, assieme a Mauro Maurino e Orazio Micalizzi, era uno dei titolari della Connecting People. I tre, assieme a Vittorio Isoldi (Direttore del consorzio) vengono rappresentati dal pm Michele Martorelli come “i capi, promotori ed organizzatori del consorzio criminale” che operava all’interno delle strutture friulane.

 

In seguito al rinvio a giudizio il nome di Giuseppe Scozzari è lentamente passato in secondo piano nella gestione formale delle sue cooperative, delle quali risulta referente il fratello. A Trapani il nome di Scozzari, tuttavia, evoca un sistema di gestione ben radicato. Un sistema sviluppato con la cooperativa Insieme, una di quelle realtà che negli anni ha gestito parecchi centri tra cui il Cara, il Cie ed alcuni progetti Sprar. Una «holding» dell'accoglienza ben addentrata in Confcooperative di cui Giuseppe Scozzari ne è referente provinciale. Un ruolo che non è mai passato in secondo piano, nonostante il rinvio a giudizio, tanto da radunare ad Erice – a pochi giorni dal boom mediatico sul business dell'accoglienza ai migranti – i quadri nazionali della confederazione e le istituzioni locali ad un seminario ben strutturato sull'intero universo dei fenomeni migratori. Alla chiamata hanno risposto i sindaci Trapani, Erice e Valderice, il prefetto ed il vescovo. Rispetto alle accuse della Procura di Gorizia e alle problematiche dell'accoglienza ai migranti nel territorio trapanese, Giuseppe Scozzari fino ad oggi non ha mai detto la sua.

Lei è sotto processo con delle accuse molto gravi a Goriza, ci dica cosa è successo.
Ma la questione è molto semplice ed è basata su un ragionamento numerico, se ci fosse stato qualcosa di più rispetto a questo saremmo finiti tutti con le manette come a Roma. L'errore di partenza sta nell'esaminazione dei dati. Lì c'erano quattro centri ed invece la Procura ne ha esaminati due. Spiego meglio. Il centro è frammentato in quattro sezioni. C'era il Cie, il Cara, il Cspa con destinazione Cara ed un Cspa con destinazione Cie. Cosa succedeva? Quando arrivava un ospite, prima veniva destinato al Cspa di riferimento e poi veniva trasferito al Cie o al Cara. Ovviamente non calcolando questi periodi di transizione tutto salta, visto che a volte erano molto lunghi. Ad esempio c'è un periodo che ci viene contestato in cui emergono 100 ospiti, ma proprio in quei giorni abbiamo ospitato quasi 300 persone che la Prefettura non sapeva dove accogliere. Lì si potevano accogliere oltre 380 persone, ma spalmate su quattro centri, non su due. Che i dati siano in ordine ce lo ha detto il Ministero degli Interni che ha analizzato tutti i conti e non si è neppure costituito parte civile nel processo. Secondo lei Confcooperative e le istituzioni si sarebbero esposte a parlare con il lebbroso di turno se tutto ciò non fosse un mero errore?
Questo ragionamento è stato sottoposto all'analisi dei magistrati?
In realtà questo quadro non è mai stato esaminato nella fase precedente al giudizio, abbiamo più volte chiesto l'incidente probatorio e spero che servirà a chiarire le cose.
Oggi (durante il seminario) è stata proposta un accoglienza basata su una distribuzione in piccoli centri e soprattutto con uno stretto legame con il territorio. Con Connecting People noi vediamo il contrario. Lì gestivate un grande centro, lontani dal vostro territorio e soprattutto lavoravate con personale trapanese (alcuni sono anche stati rinviati a giudizio).
Si, ma bisogna distinguere la prima accoglienza con la seconda accoglienza. Cara e Cie sono intesi come prima accoglienza e credo che sia opportuno che permangano dei centri in grado di fare da collettore iniziale. Un altra questione è la gestione dei Cas. Sul rapporto con il territorio lì abbiamo trovato grossi problemi e siamo stati costretti ad impiegare del personale originario del trapanese. Abbiamo avuto buone esperienze in altre regioni. Tutto questo però riguarda pratiche più o meno corrette, niente di illegale insomma.
Passando a Trapani, nel nostro territorio il vostro gruppo è stato uno dei più attivi nell'accoglienza ai migranti. Rispetto all'arresto di Don Librizzi i magistrati scrivono che gestiva «in via diretta o indiretta, tutti i centri di accoglienza presenti nella provincia di Trapani [ ] mediante una rete clientelare». Voi assieme a Badiagrande avete gestito il centro di Kinisia nel 2011 e negli anni vi siete alternati nella gestione dei centri più grandi della provincia. Ci può spiegare la sua visione?
Che i magistrati dicono questo lo apprendo adesso. Letta così non mi sembra un adeguata ricostruzione del settore dell'accoglienza ai migranti. Consideri che negli anni precedenti è mancata una grande professionalizzazione. Noi abbiamo partecipato a gare d'appalto in cui hanno partecipato diverse realtà e le abbiamo vinte, ma inizialmente c'era un solo grande centro nella provincia di Trapani, il Cie del Serraino Vulpitta. Nella prima gara in cui abbiamo partecipato nel 1999 ricordo che hanno preso parte 46 tra cooperative ed associazioni. Poi è nato il secondo centro, il Cara di Salinagrande. Essendoci due centri è chiaro che gestissero due soggetti, ma l'uno non rientrava nella gestione dell'altro. C'erano delle gare d'appalto rispetto alle quali si vinceva o si perdeva. Anche per la tendopoli di Kinisia fu vinta una gara e riuscimmo a chiudere quello spazio dopo appena tre mesi. Le condizioni non erano delle migliori, ma noi abbiamo fatto il possibile.
A Don Librizzi è stata contestata anche la capacità di sapere in anticipo delle «ispezioni ministeriali», un meccanismo che rivediamo a Roma. Possibile che tutto questo accadeva al suo fianco e non se ne accorgeva?
Non è soltanto possibile, è la realtà. A me non è mai stata annunciata nessuna «ispezione ministeriale», questo glielo garantisco. Ho ricevuto tante visite durante questi anni. Ad esempio nel 2011 si presentarono al Cara di Salinagrande dodici ispettori della Procura che analizzarono tutti i conti. Noi all'epoca avevamo 63 operatori e trovarono tutto in regola. Io quel sistema lì di cui si sta parlando in televisione, non lo conosco per niente. Anzi, adesso sto iniziando anche io a capire alcune cose che negli anni scorsi mi limitavo ad intuire. Gli Odevaine non appartengono al mio modo di lavorare nel mondo dell'accoglienza.

Marco Bova

 



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