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17/11/2015 07:07:00

Caccia a Messina Denaro, scatta una nuova operazione. Asse con Palermo e Bagheria

Le indagini del Ros e dei carabinieri di Trapani hanno ricondotto agli interessi della famiglia mafiosa di Matto Messina Denaro l'assalto consumato a novembre 2013 a Campobello di Mazara  ai danni di una società di trasporti. Un colpo da 100mila euro per finanziare la latitanza di Messina Denaro. Quattro gli arresti. Un pentito: due anni fa lo "zio" era nascosto in una villa di Campobello di Mazara.

 

 

 

14,00 - Ecco il comunicato ufficiale del Comando Provinciale dei Carabinieri:

Questa mattina, i Carabinieri del ROS e del Comando Provinciale di Trapani hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal GIP del Tribunale di Palermo su richiesta della locale Procura Distrettuale Antimafia, nei confronti di 4 affiliati alle famiglie mafiose di Bagheria e Corso dei mille (PA), indagati per rapina e ricettazione aggravate dalle finalità mafiose.
L’intervento costituisce la prosecuzione dell’attività “EDEN 2” che, nel 2014, aveva accertato il diretto coinvolgimento delle famiglie mafiose di Castelvetrano e Corso dei mille di Palermo nella rapina ai danni di un deposito della ditta di spedizioni di Campobello di Mazara (TP) rientrante nel patrimonio aziendale della società A.G. trasporti, sottoposta a sequestro nell’ambito del procedimento di prevenzione ai danni dell’imprenditore palermitano Cesare Lupo, prestanome dei fratelli Graviano. L’operazione si era conclusa con l’emissione di un provvedimento cautelare a carico di 14 indagati, tra cui Girolamo Bellomo, cognato di Francesco Guttadauro e nipote acquisito del ricercato trapanese Matteo Messina Denaro.

I recenti approfondimenti investigativi, anche sulla scorta delle dichiarazioni rese da alcuni collaboratori di giustizia, hanno valorizzato gli elementi raccolti nell’indagine precedente sul coinvolgimento degli attuali indagati nella pianificazione ed esecuzione della citata rapina, e confermato la sua riconducibilità al quadro di un generale accordo tra le principali articolazioni di cosa nostra per la gestione di progetti delittuosi comuni, predisposto dai capi detenuti e latitanti.

In tale contesto è emerso, in particolare, il ruolo di Giorgio Provenzano, esponente di spicco del mandamento di Bagheria, il quale, su richiesta di Ruggero Battaglia, già tratto in arresto nella precedente operazione “EDEN 2” e nipote di Vernengo Ruggero, uomo d’onore della famiglia di Corso dei mille, si è adoperato al fine di:

- coinvolgere, per il tramite di Francesco Guttadauro, la famiglia mafiosa di Castelvetrano nella realizzazione della citata rapina al deposito di Campobello di Mazara (TP);

- reperire le autovetture e le pettorine recanti la scritta “polizia”, da utilizzare nel corso della attività criminosa;

- definire le modalità di spartizione dei proventi della rapina a favore delle famiglie mafiose di Bagheria, Castelvetrano e Corso dei mille.

Il provvedimento colpisce, inoltre, due esponenti del gruppo di rapinatori che avevano partecipato alle fasi organizzative ed esecutive della rapina (Michele Musso e Domenico Amari), nonché il soggetto incaricato della vendita della merce trafugata (Alessandro Rizzo).

L’indagine ha confermato le complessive acquisizioni emerse nel corso dell’attività “EDEN 2” e rappresenta un ulteriore e significativo intervento nel quadro della manovra finalizzata all’arresto di Matteo Messina Denaro, mediante il progressivo depotenziamento dei circuiti di riferimento e il depauperamento delle risorse economiche del sodalizio.

11,25 - "L'aggressione ai patrimoni negli ultimi anni è stata fortissima. Sono stati sequestrati patrimoni per miliardi di euro, e Cosa nostra ha bisogno di acquisire soldi per garantire la latitanza di Messina Denaro. Tutto può contribuire l'associazione ad andare avanti, soprattutto in questo momento" spiega Stefano Fernando Russo.  

11,20 - Dice Merola: "E' un luogo comune quello che dice che Cosa nostra nel suo territorio impedisce che ci siano rapine e furti. Questo episodio è la dimostrazione del contrario". Giovanni Leuci, vicequestore aggiunto, sottolinea la collaborazione tra carabinieri e polizia nelle operazioni di cattura di Matteo Messina Denaro: "Abbiamo fatto tutti un passo in avanti nelle indagini, nel ritrovarci insieme e scambiarci le informazioni, come avvenuto in altre recenti operazioni. E speriamo di presentare insieme la cattura del latitante". Il Colonnello Stefano Fernando Russo rimarca: "Per noi tutti l'obiettivo investigativo principale è la cattura di Matteo Messina Denaro, che passerà per diverse fasi. Noi aggrediremo ancora di più il territorio, con un controllo ancora più pressante, con la ricerca del capitale istituzionale che è quello che fa di Cosa nostra l'organizzazione più potente al mondo".  

11,15 - Gli arrestati sono: Giorgio Provenzano, come finanziatore e organizzatore, di Bagheria. Michele Musso e Domenico Amari come esecutori e Alessandro Rizzo come ricettatore della merce trafugata. Provenzano chiese l'autorizzazione a Guttadauro per la rapina,e organizzò la rapina, acquistando le pettorine, facendo stampare da una tipografia di sua fiducia la scritta "Polizia", e dividendosi il ricavo (gps, ceramiche, elettrodomestici, merce di valore). I rapinatori entrarono nella Tnt, erano otto, sequestrarono i dipendenti, fecero caricare loro tutti i colli presenti nei magazzini in un camion, e rinchiusero tutti i dipendenti, tranne uno (che era poi il basista, attualmente sotto processo a Marsala). Nella fuga bruciarono due macchine, una però solo parzialmente, e da lì sono partite le indagini. Lo smercio della merce - racconta il Maggiore Antonio Merola - non fu immediato, a si aspettarono dei mesi. I collaboratori parlano di una riunione in una sala riservata di un ristorante palermitano proprio per decidere la divisione del provento. A Provenzano, ad esempio, andarono tremila euro. Le pettorine costarono 90 euro, il "capodecina" di Bagheria. Fu Luca Bellomo a trovare il basista, parte dei rapinatori, e garantì parte dei proventi alla famiglia Messina Denaro, anche perchè era il loro territorio. Tra i rapinatori c'era proprio Luca Bellomo. La refurtiva è sparita.

 11,10 - E' in corso la conferenza stampa di presentazione della "prosecuzione" dell'operazione Eden 2 del 2014. "All'epoca - racconta il Tenete Colonnello Lucio Arcidiacono - furono tratti in arresto alcuni personaggi importanti per la criminalità trapanese, tra cui Luca Bellomo e Giuseppe Fontana. In quel contesto investigativo fu documentato che diversi dagli indagati erano coinvolti in una rapina commessa il 4 Novembre del 2013 a Campobello di Mazara all'interno di una società di trasporti riconducibile al palermitano Cesare Lupo e in amministrazione giudiziaria". La rapina suscità l'interesse degli investigatori "per via degli interessi comuni tra le famiglie mafiose di Castelvetrano, Bagheria e Brancaccio. Giorgio Provenzano, mafioso di Bagheria, si relazionò direttamente con Francesco Guttadauro, nipote di Messina Denaro, per chiedere autorizzazione a fare la rapina e concordarne insieme le modalità". Da lì cominciò l'organizzazione della rapina, che coinvolse anche un altro nipote, Luca Bellomo. I quattro arresti di oggi chiudono dunque le investigazioni rispetto alla rapina e attualizza lo storico legame tra le famiglie mafiose del Belice, Palermo e Bagheria 

07,00 - Continua la caccia a Messina Denaro. Scattata all'alba di oggi una nuova operazione Eden, con quattro arresti. I Carabinieri del Ros e del Comando provinciale di Trapani hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa su richiesta della Procura distrettuale antimafia di Palermo, nei confronti di 4 esponenti di Cosa nostra, indagati per rapina e ricettazione aggravate dalle finalità mafiose.

L’operazione dei carabinieri si inserisce nel quadro della complessiva manovra finalizzata alla cattura di Matteo Messina Denaro e al progressivo depotenziamento dei circuiti criminali e depauperamento delle risorse economiche del sodalizio.  In particolare, le indagini del Ros e dei Carabinieri di Trapani hanno ricondotto agli interessi della famiglia mafiosa di Castelvetrano l’assalto consumato nel novembre 2013 a Campobello di Mazara ai danni di una societa’ di trasporti, la TNT, documentando "un accordo tra le principali articolazioni di Cosa nostra per la gestione di progetti delittuosi comuni".

Nelll’operazione Eden 2 erano finite in carcere il 19 novembre del 2014 14 persone, tra cui Girolamo Bellomo, 37 anni, nipote acquisito del superlatitante trapanese. Per gli investigatori era lui l’ultimo ambasciatore del super boss.

Stamani all’alba altre quattro persone sono finite in carcere, quattro soggetti, ritenuti dagli investigatori, «affiliati alle famiglie mafiose di Bagheria e Corso dei Mille». Sarebbero loro ad aver pianificato ed eseguito la maxi rapina alla ditta un tempo di proprietà dei mafiosi di Brancaccio e oggi sotto amministrazione giudiziaria. I locali, infatti, erano di proprietà della Ag Trasporti, una Srl sequestrata perché riconducibile all'imprenditore palermitano Cesare Lupo, arrestato con l'accusa di essere prestanome dei fratelli Graviano. Il colpo pensato dai mafiosi di Bagheria fu autorizzato da quelli di Castelvetrano e le telecamere dell'impianto di sorveglianza ripresero l'assalto. In quattro armati e con le pettorine della Polizia fecero irruzione nella ditta, razziarono denaro contante e merce.

Dice a Repubblica il procuratore aggiunto Teresa Principato, che ha coordinato l'inchiesta assieme ai sostituti Maurizio Agnello e Carlo Marzella: "L'indagine su questa rapina ci ha consentito di cogliere nuove importanti dinamiche all'interno dell'organizzazione mafiosa. Sapevamo degli storici rapporti fra Bagheria e Castelvetrano, mediati dalla famiglia Guttadauro, imparentata con i Messina Denaro. Adesso, sappiamo che questi rapporti perdurano e sono solidi, mediati da quel Francesco Guttadauro che è il nipote prediletto del latitante". Oggi, Guttadauro junior è in carcere. "Ma due anni fa teneva le redini della famiglia di Castelvetrano - spiega Teresa Principato - e lo faceva a modo suo, instaurando un clima di violenza. Con rapine eclatanti, pestaggi e sequestri di persona. Così voleva ribadire il prestigio della famiglia mafiosa. Arrestato lui, Messina Denaro è tornato a impostare la gestione del clan secondo grande cautela. Non vuole fatti eclatanti nella sua zona, nonostante tutti i fedelissimi nel Trapanese li invochino, e adesso quasi si lamentano, perché il latitante non reagisce alla raffica di arresti dei suoi familiari, ai sequestri e ai processi che riguardano le persone a lui più care. E' un momento davvero particolare questo".

Fu a Bagheria che i mafiosi ebbero l'idea della rapina. Di Giorgio Provenzano, già in cella con l'accusa di essere il capo decina della cosca di Bagheria, aveva parlato il cognato Benito Morsicato, divenuto collaboratore di giustizia: "Colui che ha investito un po' dei soldi sulla rapina è stato Provenzano Giorgio di Bagheria... per fare i giubbottini della Polizia, perché la rapina è stata fatta vestiti da poliziotti, con passamontagna, vestiti da poliziotti...".

Gli autori del colpo avrebbero dovuto lasciare una percentuale del bottino ai mafiosi trapanesi che avevano necessità di soldi in contanti per gestire la latitanza di Matteo Messina Denaro: "Il 10% doveva andare al paese, al paese significava a chi aveva tutta la zona in mano... allo zio... dopo la rapina si presentò Claudio (secondo gli investigatori, parlava di Girolamo Bellomo di cui confondeva il soprannome: Claudio al posto di Luca, ndr) che già era stata venduta della merce, perché c'erano delle esigenze, dopo gli arresti, delle esigenze che gli bisognava intorno ai 5, 8 mila euro, perché parlavano…".