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08/12/2015 06:20:00

La Sicilia di Marilena Monti: "Le parole di Vecchioni? Un impeto d'amore"

“Un’isola di merda”. E’ la frase che ha scatenato il putiferio, dividendo i siciliani sia sul web che altrove. Roberto Vecchioni era stato invitato dalla facoltà di ingegneria di Palermo. Una tavola rotonda dal tema “Educare oggi”. Si è subito scusato: “La parolaccia mi è scappata - ha detto Vecchioni al telefono con Pippo Baudo - ero arrivato, ho visto tutto questo disordine e mi è montata una rabbia. Una cosa è la cultura e una cosa è la civiltà. Non ho detto quelle cose per odio o per razzismo”.

E dalla libreria, dopo aver firmato le copie del suo ultimo libro “Il mercante di luce”, ha tenuto a precisare di aver parlato per un’ora bene della Sicilia, ma “poi ci si fissa su una frase”.

Insomma, la forte critica non è all’isola in se e alla sua cultura, ma ad un modo di vivere che rovina la sua intelligenza, buttandosi via e rinunciando a difendersi. Ironia della sorte, la libreria dove è stato presentato il suo ultimo libro, si chiama proprio Modusvivendi.

 

Ne abbiamo parlato con una siciliana doc, scrittrice, cantautrice, drammaturgo, attrice, regista: Marilena Monti.

 

Se la sentirebbe di bacchettare Roberto Vecchioni per la sua uscita nei confronti della Sicilia?

Assolutamente no. Un grande artista, con una grande capacità di raccontare. Io ebbi la fortuna e la grandissima emozione, ancora non ventenne, di far parte di un recital suo, alla Sirenetta di Mondello. Per me è stato sconvolgente essere nello stesso palcoscenico con lui. Ma, a parte questo, ritengo che Vecchioni con la sua dichiarazione abbia lanciato un grido di dolore e soprattutto un impeto d’amore. E’ quello che si dice ad una persona che ami e che vuole morire. “Sei talmente tanto, perché ti autodistruggi?”. Questo lo dici solo a chi ami, se no non te ne frega niente. Certo, l’ha detto con la crudezza che a mio parere meritava. Attenzione, non vorrei essere fraintesa. Ho sempre sostenuto che allo stretto di Messina metterei un “panchiteddu” e farei due o tre domande per far entrare turisti e visitatori, perché secondo me bisogna avere l’animo giusto per vedere la Sicilia. E’ come se fosse mia, non la voglio toccata. Ma quello di Vecchioni mi è sembrato veramente un grido d’amore.

 

Nel 2005 lei scrisse il libro “L’isola signora”. Cos’è per lei la Sicilia?

E’appunto un’isola signora, che crea ad ogni istante un grandissimo amore e un grandissimo dolore. Nel mio libro ho raccontato questo strazio di vederla così unica di bellezza e così unica di nefandezze, di malvagità, di ottusità. Deliri di onnipotenza che sono pura follia e che si ritorcono contro la Sicilia stessa, devastandone la meraviglia. L’ho sempre vissuta come una madre e contemporaneamente come una figlia. Una figlia infelice, una figlia malata, una figlia che non vuole vivere, una figlia che vuole morire. Uno strazio continuo, quotidiano, nei mattini di sole, nelle luci, nei riverberi, nella bellezza dei paesaggi. Più m’incanta e più mi fa soffrire. Perché poi giro lo sguardo e vedo tutto ciò che il siciliano sa costruire in negativo o sa distruggere della meraviglia e delle ricchezze che abbiamo avuto e abbiamo.

Nel seguito de “L’isola signora” ci sarà un racconto: “La piazzetta rubata”, che forse dà l’idea di questa Sicilia piena di contraddizioni.

E sempre l’isola è signora”. Così dovrebbe intitolarsi la prossima operetta dedicata alla mia isola. E’ un racconto che mette in luce l’eccezionalità di certi “piccoli” misfatti che accadono quotidianamente, basta girare lo sguardo intorno a se: la “piazzetta della Kalsa” di Palermo. Una piccola e graziosa appendice della piazza vera e propria, che viene appunto rubata da un privato, attraverso una regolare autorizzazione. Un permesso temporaneo che invece dura da decenni, con la complicità dei potenti. Come se fosse una cosa normale appropriarsi di ciò che è di tutti. Pensi che negli anni ’80, provocatoriamente, chiesi al sindaco di Palermo l’autorizzazione a mettere una tenda in piazza Massimo, per lavorare più ispirata. Non mi ha mai risposto.

 

 

Egidio Morici

 

 

 



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