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21/02/2017 22:00:00

Mafia, Strage dei Georgofili a Firenze. La Cassazione conferma l'ergastolo per Tagliavia

Fu il boss della mafia Francesco Tagliavia a fornire l'esplosivo che, il 27 maggio 1993, venne usato dal gruppo di fuoco per la strage in via dei Georgofili a Firenze nella quale morirono cinque persone, 40 furono i feriti e ingenti i danni al patrimonio storico artistico. Lo ha stabilito la seconda sezione penale della Cassazione che lunedì 20 febbraio, nell'ambito del processo bis al termine della riserva stabilita dopo la camera di consiglio un mese fa, ha confermato l'ergastolo per Tagliavia.
Il 20 gennaio scorso, il sostituto pg Mario Pinelli, aveva sollecitato la conferma della sentenza emessa dalla Corte d'appello di Firenze il 24 febbraio 2016 che aveva condannato nuovamente Tagliavia all'ergastolo e all'isolamento diurno di un anno. Per la seconda volta il processo è approdato in Cassazione: la stessa Suprema Corte aveva annullato con rinvio la prima sentenza d'appello per una valutazione degli elementi di prova a sostegno delle dichiarazioni dei pentiti Gaspare Spatuzza e Pietro Romeo, i principali accusatori del boss.
Il processo si è basato molto proprio sull'attendibilità di Spatuzza, contestata dalla difesa di Tagliavia perché in passato erano stati numerosi i dissidi tra lui e il padre del boss nella gestione del mandamento di Brancaccio. Anche per questo stasera gli avvocati Luca Cianferoni e Antonio Turris, difensori di Tagliavia, esprimono "tanta amarezza" ma anche "la determinazione a cercare ogni via processuale per la riapertura del processo", aggiungono.

Sono passati 23 anni dalla strage di Firenze. Il sacrificio della piccola Caterina e delle altre quattro vittime riscrisse la storia (giudiziaria e non solo) del nostro Paese
Il boss, processato a Firenze, era stato prosciolto per le altre stragi di mafia del '93-'94, quelle di via Palestro a Milano e quelle a Roma (via Fauro, Velabro e la tentata strage all'Olimpico).
Nessun dubbio sull'attendibilità di Spatuzza ha mai sfiorato Giovanna Maggiani Chelli, presidente dell'Associazione vittime strage via dei Georgofili, che da sempre si batte per avere giustizia. "Era lui il capo famiglia, era lui che aveva mandato l'esplosivo a Firenze in via dei Georgofili", dice Maggiani Chelli, commentando la decisione della Cassazione. E' Tagliavia, "il boia dei nostri figli", aggiunge convinta la presidente dell'Associazione che, "pur aspettando le motivazione della Cassazione", non sembra avere molti dubbi sull'andamento del processo e sul fatto che "è evidente che Gaspare Spatuzza è attendibile e la trattativa stato/mafia non si può più dire presunta". L'esplosivo "è partito da Palermo e Tagliavia sapeva - conclude Maggiani Chelli - perché lui comandava gli uomini che lo hanno caricato e usato Firenze". 

La mafia materia alla Statale di Milano - Si parlerà di mafia e potere, Stato e democrazia. Ma anche di economia e corruzione, tutti argomenti caldi, anzi caldissimi. Il dottorato sulla criminalità organizzata è stato inserito dal Ministero della Pubblica Istruzione tra quelli "innovativi" e "a carattere internazionale". In effetti il suo taglio sarà nuovo: è la prima iniziativa del genere in Italia.

A condurre i corsi, da domani all'Università Statale di Milano, sarà Nando dalla Chiesa, docente di Sociologia della Criminalità Organizzata presso la Facoltà di Scienze Politiche Economiche e Sociali, che nell'ateneo insegna anche Organizzazioni Criminali Globali, Sociologia e Metodi di Educazione alla Legalità, Gestione e Comunicazione di Impresa. "Non sarà una batteria di lezioni frontali, come una super-università, ma un 'sentiero' impegnativo e guidato: fatto di incontri, visite, viaggi e seminari", assicura all'Adnkronos dalla Chiesa, che alla Statale dirige anche l’Osservatorio sulla Criminalità Organizzata e la "Rivista di Studi e Ricerche sulla Criminalità Organizzata".

"L'idea è di offrire ai dottorandi la possibilità di conoscere, nei primi due anni -il terzo sarà quasi totalmente dedicato alla ricerca e alle tesi- tutti i maggiori studiosi della tematica criminale, una trentina. Ad essi verrà chiesto di tenere ciascuno 'la lezione della loro vita' sull'argomento sul quale ritengono di aver portato nella loro vita il maggior contributo. L'incontro dei laureati avviene, dunque, non solo con un insieme di conoscenze, ma anche con una biografia, una storia contestualizzata".

"Questo dottorato, il massimo livello di formazione accademica- spiega ancora il presidente del Comitato tecnico-scientifico antimafia della Regione Lombardia, nonché presidente onorario dell’associazione Libera- è il coronamento di un lavoro di anni partito nel 2009. Finalmente l'università italiana offre un percorso generale e completo; abbiamo anche un laboratorio biennale di giornalismo antimafioso. E tutto questo in un periodo di spending review".

Si va, infatti, dall'introduzione negli studi universitari del primo insegnamento ufficiale sulla mafia (Sociologia della criminalità organizzata), al debutto delle università itineranti sulla 'Legalità difficile' (all'Asinara, a Cinisi, Casal di Principe, Ostia e isola di Capo Rizzuto), alla creazione del corso post laurea in Scenari internazionali della criminalità organizzata e della fondazione dell'Osservatorio ad essa dedicato (Centro di ricerca interdipartimentale). Infine, dal 2017 al 2018, ecco la nascita del curriculum di laurea magistrale in 'Legalità e criminalità organizzata'."Un'esperienza, per me, straordinaria", commenta dalla Chiesa. Insomma, per una volta, da far invidia agli atenei stranieri.

"Il fatto che l'università inizi a organizzarsi seriamente per studiare la mafia costituisce un passaggio storico sul piano scientifico-culturale. Vuol dire che la massimo istituzione culturale del Paese si occupa di uno dei massimi problemi della storia nazionale. Di un fenomeno che ha condizionato la nostra vita politica e istituzionale, l'economia e la cultura, che ha minato l'autorità e la legittimità dello stesso Stato. Essere rimasta estranea a questa problematica per un secolo e mezzo è colpa grave dell'accademia, che da sola segnala l'inadeguatezza e la vetustà degli ordinamenti didattici e delle competenze scientifiche offerte al Paese".



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