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22/11/2017 07:12:00

Le querele ai giornalisti in provincia di Trapani: un clima pericoloso

 Nell'ultimo mese la redazione di Tp24.it ha ricevuto ben due querele e una richiesta di risarcimento danni. Tutte assolutamente pretestuose, fidatevi. Si aggiungono alle telefonate e alle mail minacciose, alle piccole intimidazioni, a tutta una serie di "controindicazioni" che viviamo solo perché cerchiamo di fare bene il mestiere che amiamo fare. Su quanto accade, e che coinvolge anche altre testate, come Il Locale News, diretto da Nicola Baldarotta, abbiamo chiesto un parere a Valerio Vartolo, avvocato esperto in materia.

In questi giorni, in Provincia di Trapani, sarà anche per una strana coincidenza temporale, stanno fioccando non poche querele in capo a giornalisti, ‘rei’, a dire dei querelanti, di diffamare, con i propri pezzi e le proprie inchieste.

Ora, aldilà di ogni valutazione sul merito dei fatti oggetto di querela, su cui non intendo entrare essendo alcuni dei giornalisti querelati assistiti professionalmente dal sottoscritto, e’ certamente possibile, oltre che doveroso, compiere una valutazione generale (e che prescinde dunque dai
casi specifici) sul tema delle azioni giudiziarie nei confronti di chi esercita la libera informazione.

Partendo da un dato. Negli Stati Uniti, ed in generale nei paesi anglosassoni, poche o quasi assenti sono le querele (per tacere delle azioni civili) nei confronti dei giornalisti e ciò per almeno due ragioni: da un lato, la Stampa e’ considerata un vero e proprio contropotere, a cui si risponde nel merito e non già con una denuncia (mai un politico querelerebbe un giornalista, perché ciò sarebbe considerato una sorta di fuga dalle risposte sul merito delle questioni sollevate); dall’altro, querelare o citare per danni ha un costo enorme, nel caso di infondatezza della denuncia.

In Italia nulla di tutto ciò avviene. Alla Stampa non si risponde sui fatti. E querelare o citare per danni costa poco o nulla anche in caso di torto evidente.

Ora, sulla questione della diffamazione a mezzo stampa deve farsi un ragionamento generale: da un lato e’ in gioco il diritto alla reputazione personale, dall'altro il diritto alla libera espressione del pensiero e, specificatamente, il diritto di cronaca e quello di critica. Sul punto, la giurisprudenza della Corte europei dei diritti dell'uomo si è da tempo espressa nel senso di ritenere che (quasi) sempre il diritto di cronaca e soprattutto il diritto di critica sono prevalenti sul diritto alla reputazione personale ogni qualvolta e’ in gioco, ad esempio, un personaggio pubblico o
comunque non un semplice cittadino. Punto. Ora, non sempre questo orientamento e’ integralmente recepito dai nostri Tribunali, e ciò va addebitato anche ad una concezione giuridica meno liberale, in tema di libertà di stampa, rispetto a quella fatta propria dai tribunali dei paesi anglosassoni, cui si ispira la Corte europea.
Ciò detto, non si può tacere che il nostro Paese occupa le parti più basse della classifica mondiale dei Paesi in cui la libertà di stampa e’ maggiormente tutelata: questa circostanza, peraltro, non ha nulla a che vedere con la qualità della nostra informazione, come strumentalmente spesso viene sostenuto, ma ha a che vedere con le intimidazioni fisiche che i giornalisti subiscono (i fatti di Ostia ne sono solo l'ultimo esempio) e con le azioni penali e civili esercitate nei loro confronti. E’ del tutto evidente che ciò non possa (ne debba) essere tollerato oltre: queste azioni civili e penali subite dai giornalisti se sono comunque già gravi quando lambiscono i grandi giornali diventano rovinose quando toccano le piccole redazioni, i giornali indipendenti senza grossi editori alle spalle, i giornalisti free lance, perché diventano una mannaia sul libero esercizio del diritto (dovere) di critica e di cronaca. Soprattutto, in province come la nostra in cui non è (sempre) semplice (anzi!) raccontare il Potere, in tutte le sue declinazioni.
Peraltro: tutelare la libertà di stampa non significa accordare un privilegio ai giornalisti ma significa garantire il più fondamentale diritto alla pubblica opinione e cioè il diritto ad essere informata e dunque protagonista consapevole del dibattito pubblico.
Da avvocato penalista so bene che spesso la stampa commette errori e talvolta anche qualche orrore, ma e’ necessario che non soltanto sia la magistratura a distinguere l'errore dell'orrore ma è necessario, altresì, che da parte di noi avvocati venga operato un filtro maggiore rispetto alle
richieste (legittime, per carità) dei nostri assistiti, tanto più su un tema così delicato e sensibile quale quello della libertà di stampa.
Su questi temi le Camere Penali dovrebbero, a mio avviso, operare una maggiore sensibilizzazione.
E sempre su questi temi, in sede di riparazione, bisognerebbe tenere conto che doverose sono le rettifiche e le repliche, meno le immediate richieste risarcitorie, perché pericolose nei confronti di realtà spesso piccole e senza grandi coperture economiche, circostanza per la quale, a mio
avviso, il sistema di mediazione, che spesso si limita a concentrarsi sul lato economico, e’ il meno appropriato relativamente al tema della libertà di stampa.
Ad ogni modo: la libertà di stampa e’ il bene più prezioso in una Democrazia perché, come scrive da qualche tempo sotto alla propria testata il Washington Post, e’ nel buio che muore la Democrazia.

Avv. Valerio Vartolo



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