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16/11/2011 14:48:48

Scrive Valerio Vartolo sulla fine di Berlusconi

Credo che ciò avvenga non a torto: il Truman che, alla fine della storia, tenta di fuggire ma si incaglia nella scenografia di quella che pensava essere la sua vita, è l'immagine perfetta di un Paese, sull'orlo del baratro, che, svegliatosi da un sonno durato 17 anni, si deve confrontare con una realtà drammatica. Peraltro, il passaggio alla realtà è reso ancora più plastico dalla figura del nuovo Presidente del Consiglio, il professor Mario Monti, dalle parole, sobrie ed austere dello stesso, dal suo imbarazzo quasi commovente ed insieme solenne con il quale si è messo a disposizione del proprio Paese. Sembrano lontani, già, anni luce i simboli e le icone del berlusconismo: gli stallieri mafiosi elevati ad eroi, i nani e le ballerine assunti al ruolo di ministri, la macchina del fango elevata a sistema, la menzogna come rito collettivo, l'elogio della furbizia e dell'evasione fiscale, l'aggressione allo Stato di Diritto, alla magistratura, alla libera stampa, l'occupazione della televisione pubblica, la vergogna delle leggi ad personam, le prostitute e le minorenni offerte al Drago (parole di Veronica Lario), le barzellette ai vertici internazionali,  Brunetta, Scilipoti, Sacconi e gli altri, un Parlamento che vota una risoluzione secondo cui Silvio Berlusconi fosse davvero convinto che una prostituta minorenne fosse la nipote di un capo di Stato estero. Questo, e non altro, è stato il berlusconismo, altro che destra liberale: non può esistere una destra così eversiva nel rapporto con la Costituzione, così digiuna di regole ed etica pubblica, così allergica al conflitto di interessi, alla concorrenza, alla legalità, perfetta incarnazione di populismo ed estremismo, in cui la mistica del Corpo del leader, la sua immagine, è l'ideologia, l'unica, che sorregge l'azione, e gli interessi del leader, giudiziari ed economici sono gli interessi dati in pasto al suo popolo e d'altronde basti ricordare le parole che lo stesso Silvio Berlusconi, nel 94, pronunciò dinanzi ai candidati di Forza Italia, circa il fatto che gli elettori sono come studenti di scuola elementare e come tali devono essere trattati, per comprendere il degrado di quanto accaduto. Ma adesso, si può voltare pagina, a patto, però, di comprendere, per evitare che il potere della menzogna ammorbi ancora la nostra Democrazia, che il tentativo di dar vita ad un governo presieduto dal professor Monti non è affatto una sospensione della Democrazia, come urlano alcuni. L’articolo 1 della nostra Costituzione prevede sì che la sovranità appartenga al popolo, ma aggiunge, anche, che tale sovranità è esercitata “nelle forme e nei limiti della Costituzione”. Ebbene, essendo la nostra una Repubblica parlamentare, è assolutamente legale (dal punto di vista costituzionale) che i governi si formino in Parlamento, perché è nel Parlamento che risiede quella forma attraverso cui la sovranità è esercitata. Non esiste, nonostante l’opinione comune, una elezione diretta del Presidente del Consiglio, non è affatto vero che il Parlamento non possa dare fiducia ad un esecutivo diverso da quello formatosi all’indomani delle elezioni: chi sostiene queste tesi o è in mala fede o ignora le regole costituzionali. Detto questo, dunque, proporrei una riflessione anche sostanziale sull’assunto secondo cui la Politica abbia ceduto alla Tecnica: mi chiedo, infatti, perché un professore universitario venga visto come estraneo alla Politica. Se la Politica è, come è, “governo della città” e dunque governo della Cosa Pubblica, è mistero sul perché essa venga ritenuta dimezzata sol perché alla guida della Polis ci sia un professore universitario, un avvocato, un magistrato ovvero un medico. Forse che sia più dignitoso che essa venga affidata ad una showgirl o ad un impresario televisivo? Forse che l’affermazione di Pericle (nel suo Discorso agli Ateniesi sulla Democrazia) sul dovere di ogni cittadino di occuparsi anche della vita pubblica non sia ancora oggi attuale? Forse che la Democrazia inizi e termini con l’ordalia elettorale? Ho l’impressione che all’origine di quanti, oggi, piangono la scomparsa della politica altro non vi sia che rabbia e frustrazione per la fine di una stagione in cui la Politica è stata degradata ad affare privato, interesse particolare e non collettivo. Peraltro, tutti i provvedimenti che il nascente governo Monti assumerà dovranno transitare dal voto parlamentare, e saranno frutto, condiviso, di scelte politiche, perché è Politica la scelta di quale sarà la ricetta economica e sociale del nostro Paese, è Politica la scelta di quali saranno le relazioni internazionali del nostro Paese, ed è Politica la scelta di eventuali riforme in ambito Giudiziario: quella che non era Politica era quella praticata da un uomo che la piegava ai propri interessi, disattendendo ogni aspetto di una democrazia liberale. Per ultimo, credo, che non possiamo non osservare i frutti avvelenati di questi diciassette anni: il berlusconismo come sistema di potere è altro dalla Democrazia liberale e dalle sue regole. Il ripristino di un sistema condiviso di valori costituzionali e legalitari, il ritorno ad una Etica pubblica che ponga al centro lo Stato ed il cittadino (non Un Cittadino) nonché la Legge (nella sua maestosità) e non già la Truffa e la Furbizia, la condizione che l’Opinione Pubblica non possa più essere manipolata (da qui l’esigenza di una legge che ponga fine al conflitto di interessi), la definitiva ricomparsa di una sobrietà ed austerità comportamentale in capo alla Politica ed ai suoi esponenti, sono condizioni essenziali per chiudere una stagione che ha avvelenato i pozzi della Democrazia e per ricreare una “religione civile” che si sostituisca a quella affaristica, propagandistica e di plastica offerta da Silvio Berlusconi e dai suoi corifei. D’altronde, come ci ricordava Sant’Agostino se “togli il Diritto, allora, cosa distingue lo Stato da una grossa banda di briganti?”

Valerio Vartolo