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17/11/2011 05:23:59

L'epopea dei fratelli Sfraga: "Chi si mette contro di noi ha qualche problema..."

  Si tratta, lo ricordiamo,  di una costola di un'inchiesta che abbraccia il periodo tra il 2007 e il 2010 relativa a un'alleanza tra Cosa nostra e camorra casertana per il controllo della filiera ortofrutticola su tutto il territorio siciliano, da Trapani a Siracusa. Nello specifico, tra il potente clan dei Casalesi e la cosca isolana degli Ercolano-Santapaola. Destinatario della misura, anche il fratello del boss ergastolano Toto' Riina, Gaetano. L'indagine madre verte intorno gli affari della ditta La Paganese Trasporti con sede a San Marcellino, nel Casertano, il cui titolare, Costantino Pagano, e' stato arrestato lo scorso anno. Proprio in uno dei loro camion per i trasporti della frutta venne trovato un bazooka da guerra in dotazione al clan dei Casalesi.

Due delle nove ordinanze notificate lunedì riguardano dunque i fratelli Sfraga, tra i principali produtto italiani di meloni. La loro definizione la dà con efficace sintesi il Giudice per le Indagini Preliminari: "Imprenditori legati a Cosa nostra ed in particolare legittimati ad esercitare la supremazione nel loro settore commerciale sulla base di un rapporto privilegiato e personale con la famiglia Riina e con la più stretta cerchia di imprenditori e uomini d'onore che ruotano intorno al noto latitante Matteo Messina Denaro.

I fratelli Antonio e Massimo Sfraga, 45 e 38 anni, erano stati arrestati per concorrenza illecita con l'aggravante mafiosa, il 10 Maggio 2010 dalla Dia e dalla Squadra Mobile di Caserta, nell'ambito delle indagini della Procura di Napoli attorno a tutto quello che incredibilmente ruotava nel mercato ortofrutticolo di Fondi.

Gli Sfraga secondo i magistrati napoletani garantivano il monopolio del trasporto verso Fondi ed altri mercati meridionali, i Casalesi in cambio offrivano sbocchi sui mercati laziali e campani per prodotti di ortofrutta delle aziende di fiducia di Cosa nostra.

C’è un’intercettazione, ormai diventata famosa, nella quale l’imprenditore marsalese Massimo Sfraga dice al telefono nel giugno 2008: «Chi si mette contro di noi trova qualche problema. A Marsala diciamo noi i meloni a quanto devono andare, o a mille lire o a cento. Li possiamo vendere a qualsiasi prezzo. A Marsala se ci sono mille filari di meloni, 800 sono nostri. Vedete che in due giorni arrivano alle stelle. Ci metto due minuti vado in campagna, prendo i miei camion, porto i meloni e non lavorate nessuno per otto giorni, vi faccio perdere tutti i soldi».

Nell'accordo per la gestione del mercato ortofrutticolo e dei trasporti è coinvolta anche un'azienda marsalese, la "A.F.M. Auto Frigo Marsala", piccola societè cooperativa a responsabilità limitata, formalmente riferibile a Carmelo Gagliano, classe 1966, arrestato, ma di fatto - secondo gli inquirenti - riconducibile e cogestita da Ignazio Miceli (deceduto di recente). E' la società di trasporto di riferimenti degli Sfraga ed è egemone in Sicilia Occidentale. Ha sede a Marsala in Contrada San Silvestro. L'agenzia di Miceli - Gagliano lavorava in esclusiva per gli Sfraga. A loro fu chiesto in virtu del patto tra Cosa nostra e casalesi di ridurre il loro giro di affari per far entrare gli Sfraga nel mercato di Fondi: in altre parole, gli Sfraga potevano entrare a Fondi con i loro meloni, ma non doveva essere la AFM a trasportarli, bensì La Paganese. E' stato Gaetano Riina, autentico padrino degli Sfraga, a gestire questo accordo davvero innovativo per l'organizzazione criminale, perchè consentiva ai produttori siciliani di non avere concorrenti nel mercato dei casalesi, ed ai casalesi di non avere concorrenti nella gestione dei trasporti di ortofrutta in Sicilia. All'accordo Riina arrivò grazie alla sua esperienza diplomatica in Cosa nostra e alla collaborazione della famiglia calabrese dell'ndrangheta dei Tripodo, legati ai Riina da antichi rapporti.

Oggi le cosche occupano e inquinano tutta la filiera, dalla produzione al trasporto e alla distribuzione di frutta e verdura e controllano ormai un giro d’affari stimato da Sos Impresa in 7,5 miliardi di euro all’anno.
Il dato assume dimensioni ancora superiori se sommato al fatturato del mercato ittico, 2 miliardi di euro, che attira fortemente le organizzazioni criminose (tanto che il soprannome di Franco Muto, un boss calabrese, è il «Re del pesce»), con un totale di oltre 8.500 esercizi al dettaglio coinvolti.