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| 24/12/2025
Pulire le diverse superfici di un bagno: trucchi e segreti per farle...
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I testi biblici, però, sono redatti in altre due lingue, il greco e l’ebraico, che ci permettono di attingere a significati diversi. In lingua greca pregare si dice προσεύχομαι (proseuchomai) che, letteralmente, potremmo rendere con «parlare, dirigersi a»: l’elemento fondamentale, dunque, è quello relazionale, il fatto che, in preghiera, ci si rivolga a qualcuno, si parli insieme con, si con-divida. Preghiera, dunque, è dialogo, ricerca di un rapporto, scambio, reciprocità. Anche in greco, la forma del verbo è quella cosiddetta del «medio», che in lingua italiana rendiamo con il passivo ed il riflessivo: ciò ci suggerisce che, nella sensibilità classica sia greca che latina, nella preghiera c’è un qualcosa che agisce in noi prima che noi agiamo; in secondo luogo, ci rende attenti circa il fatto che pregare è sempre, anche, pregarsi, se soltanto potessimo esprimerci in questo modo paradossale: atto riflessivo poiché gesto di riflessione, sguardo gettato in direzione di un’ulteriorità ma sempre, anche, verso se stessi. Un dialogo intimo, un inevitabile coinvolgimento della coscienza che, in misura consistente, come sappiamo, ci sfugge e ci trascende, poiché, come è noto, siamo, ciascuno per se stesso, il luogo più lontano.