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06/04/2012 01:14:15

Lettera aperta dei sacerdoti di Mazara

La Pasqua per noi non è una semplice festa tradizionale, così come purtroppo la cultura contemporanea l’ha ridotta, ma è la festa della rinascita umana che è resa possibile in virtù della risurrezione di Cristo. Ha dunque un forte valore esistenziale, proponibile anche a quanti non credono o professano altre fedi. Crediamo anche che non si tratta di un semplice messaggio, come qualsiasi pur positiva ideologia può fornire, ma del mutamento della vita, della vita che vince la morte e tutte le sue opere. La Pasqua di Cristo è un fatto che si rende presente in ogni tempo, anche in questo tempo così afflitto da una crisi che non è solo economica ma dei valori in genere. Il nostro messaggio pasquale vuole essere dunque l’augurio del recupero vitale di tutte quelle realtà che in questa Città sono state segnate dalla morte.

Prima di scriverlo abbiamo radunato le nostre comunità, abbiamo ascoltato la voce di tanti laici cristiani che operano con noi nelle nostre parrocchie, nelle nostre organizzazioni cattoliche, per avere da loro consiglio e conforto al fine di stilare questo documento che ha un valore ecclesiale, ed anzi scaturisce dalle linee di orientamento pastorale che il nostro Vescovo ci ha dato per il presente anno e secondo le quali la nostra vita cristiana ha un effettivo valore solo quando «ci rende compagni di viaggio di chiunque ci viva accanto, dei piccoli, dei poveri, di coloro che hanno bisogno di molte cose: del cibo, del lavoro, della speranza che sostiene la fragilità dell’esistenza, della stabilità dei rapporti affettivi, della gioia della festa, della giustizia che rende a tutti il bene comune, della solidità della fede dei santi».

Quotidianamente avvertiamo il peso della sofferenza della gente che passa per le nostre chiese oltre che per le pratiche religiose anche per un dialogo, un colloquio, uno sfogo o una richiesta puramente materiale. Nei nostri «Centri di ascolto» siamo fatti ormai «orecchio» di questa Città con i suoi tanti problemi, imputabili in prevalenza a disattenzioni passate, ad incurie ormai croniche e difficilmente attribuibili, in genere, a persone fisiche individuabili con certezza. Disattenzioni, superficialità e malgoverno del passato si sono dati appuntamento nel presente. Dall’incontro consultivo con i rappresentanti dei nostri organismi pastorali sono emersi tre nodi in particolare che vorremmo sottoporre all’attenzione di chi ci governa, a qualsiasi livello di governo si trovi: l’ospedale, il quartiere di Mazara 2 e la questione dell’acqua inquinata.

Visitando gli ammalati nelle loro case o semplicemente parlando con i familiari di coloro che sono infermi in maniera grave e permanente, ci siamo resi conto dei profondi disagi che provoca alla Città l’assenza ormai quasi totale dell’ospedale civico. E’ un tema molto caro a noi quello della malattia e della sofferenza. In passato, per fare memoria, l’ospedale cittadino sorse per la carità dei vescovi mazaresi, fino a quando lo stato italiano non se ne assunse la responsabilità che gli scaturì dal mandato costituzionale. Adesso la Città sta assistendo, quasi supinamente, alla completa disgregazione di un ospedale che in passato ha assolto più che egregiamente alla sua funzione.

Molte speranze sono state sparse, molti progetti illustrati, molte scadenze fissate, ma la realtà è una sola: centinaia di famiglie mazaresi sono costrette a deambulare quotidianamente tra gli ospedali delle città vicine e meno vicine dove i loro cari vengono ricoverati, con dispendio di energie fisiche, psicologiche ed economiche. Per non dire di coloro che sono soli e anziani, per i quali un ricovero ospedaliero costituisce un vero e proprio calvario. E’ chiaro che una logica aziendale a cui è stata piegata la realtà ospedaliera non può minimamente curarsi dei disagi delle persone che vengono considerate come merce da smistare in vari reparti. La politica sanitaria soffre delle perniciose malattie della burocratizzazione e mercificazione e non si sa chi possa approntare una cura. Purtroppo questa è una realtà mortifera che manifesta il degrado culturale cui la nostra epoca s’è ridotta nonostante si parli di primato della persona umana, della sua dignità e dei suoi inalienabili diritti.

Non sappiamo quali siano le reali intenzioni dei dirigenti dell’ A. S. P. circa la chirurgia, l’ortopedia, l’ostetricia, la cardiologia nell’ospedale probabilmente futuro di Mazara. Sappiamo però che in una città di circa 55.000 abitanti non ci si può accontentare di una decina di posti letto, così come pare dovrebbe contenerne una non ancora realizzata area di emergenza; né ci si può rassegnare al fatto che non nascano più bambini in questa Città e che per qualsiasi cura specialistica ci si debba recare altrove e a volte molto lontano.

Il capitolo riguardante Mazara2 non è meno doloroso. E’ ormai irredimibile il «peccato originale» della costruzione di un quartiere di emarginazione sociale distante dalla Città. Ma anche questo è frutto di una cultura che discrimina le diversità e le minoranze, e tende ad allontanare da sé tutto ciò che è scomodo o poco conforme ai falsi modelli costruiti ad arte con logica di profitto. Mazara2, che ormai significa quasi una Mazara di seconda classe, è un quartiere che sta implodendo a causa del deterioramento sia fisico che sociale. L’assoluta mancanza di servizi e di strutture pubbliche rendono la vita del quartiere inaccettabile e invivibile, anche per quelle famiglie che tentano di vivere in maniera dignitosa e vi risiedono per il semplice fatto di avere una casa che altrimenti non potrebbero permettersi.

Dall’aprile 2011, da quasi un anno dunque, manca del tutto l’illuminazione pubblica. Hanno rubato i fili della luce e pare questo sia uno «sport» praticato dappertutto, senza che nessuno se ne accorga. Al tramonto del sole il coprifuoco scatta automaticamente. Il favore delle tenebre copre una moltitudine di azioni scorrette. La gente ha paura e non esce di casa anche per il timore di trovarsela svaligiata.

La Parrocchia di Sant’Antonio è l’unica istituzione che garantisce, oltre ai conforti pastorali, anche un minimo di relazionalità sociale e di assistenza materiale ai più poveri che lì sono maggioranza. Abbiamo offerto la nostra solidarietà al confratello Parroco e al gruppo di parrocchiani che hanno partecipato al nostro incontro. Abbiamo loro promesso di gridare più forte, e d’ora in poi più spesso, il disagio intollerabile che non può essere ammesso in una società che si fa paladina di diritti civili. Lì, come nel caso dell’ospedale, le ombre della morte devono dileguarsi con la fattività e la forza delle istituzioni che si sono assunte gli oneri civili della cura, della tutela, della salvaguardia dei diritti, della legalità, della promozione umana. Una responsabilità terribile che però occorre esercitare ogni giorno e non soltanto in periodi di propaganda politica.

La realtà più mortifera di tutte, però, anche perché subdola ed estremamente «velenosa», è quella dell’acqua inquinata di cui non s’è più sentito parlare, anche perché la nostra è una cultura dai facili oblii. Alla nostra riunione pastorale abbiamo invitato persone informate sui fatti che provocano i danni che stiamo declinando; per quanto riguarda l’acqua, abbiamo appreso nei dettagli la non evoluzione dei provvedimenti di risanamento e che, dopo l’allarme dato già alcuni anni or sono e le denunce di comitati che hanno studiato la questione, nulla si è più saputo di rassicurante e di certo. Non sta a noi fare ulteriori illazioni; auspicheremmo che i responsabili preposti per ufficio al monitoraggio della situazione si rendessero disponibili ad una più frequente rendicontazione, così come a pubblici contraddittori con chi sostiene che la situazione dell’acqua a Mazara è molto pericolosa.

Ci siamo allontanati molto, nel tratteggiare questo quadro, dalla luce della Pasqua di Cristo che celebreremo tra pochi giorni. Anche noi viviamo in questa città e non vogliamo schermare la luce di Cristo con il nostro silenzio. Il tema della cittadinanza ci è caro come ci è cara questa Città. L’augurio che le formuliamo, in comunione con il nostro vescovo Domenico ed anche a suo nome, è che con la cooperazione di tutti Mazara possa fare Pasqua, cioè passaggio, ad una vita nuova, luminosa ed autentica. Per questo passaggio non ci sono automatismi o ingenui fatalismi. Occorre il serio impegno di chi si ritiene cristiano e di chi crede anche semplicemente nel grande valore che è l’uomo.

Salutiamo tutti col saluto del Risorto: Pace.

I sacerdoti di Mazara del Vallo