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19/07/2012 07:05:30

Monti punta al commissariamento della Sicilia: "Lombardo non si deve dimettere"

In base a ciò che trapela dall’entourage del premier, le dimissioni del governatore siciliano il 31 luglio sono considerate un guaio. Per una ragione molto semplice: l’addio anticipato di Lombardo e della giunta taglierebbero le unghie al governo. Gli impedirebbero di procedere immediatamente alla nomina di uno o più commissari ad acta. Quelli che nella strategia di Monti servirebbero per evitare il default dell’Isola.
Ma andiamo con ordine.

L’allarme siculo scatta al primo piano della presidenza del Consiglio quando, venerdì scorso, Monti riceve una lunga lettera di Carmelo Aronica. Nella missiva datata 11 luglio, il commissario dello Stato in Sicilia lancia quello che a palazzo Chigi viene definito «un forte allarme» per la situazione dei conti della Regione. Aronica parla di «uno sbilanciamento di 3 miliardi» tra entrate e uscite. Sbilanciamento che va a sommarsi a 5 miliardi di buco già certificati dalla Corte dei Conti. Insomma, un quadro allarmante, reso ancora più grave agli occhi del premier da un’intervista di Ivan Lo Bello finita in evidenza sulla sua scrivania. Il numero due di Confindustria parlava di assunzioni clientelari a pioggia, del rischio che presto la Regione non riesca a pagare gli stipendi e le pensioni, dell’uso distorto dei fondi europei. Tant’è che nei giorni scorsi Bruxelles ha sospeso circa 600 miliardi di finanziamenti relativi ad appalti sospetti. Altro elemento tenuto in buona evidenza da Monti.

«Di fronte alla lettera di Aronica, un prefetto molto stimato, un uomo dello Stato», dicono a palazzo Chigi, «il governo non poteva non intervenire. Si doveva procedere per responsabilità istituzionale e politica». Da qui il comunicato di ieri pomeriggio, dettato da Monti dopo che gli uffici legislativi della presidenza del Consiglio avevano compiuto «un’approfondita analisi» delle procedure, stabilite dallo Statuto siciliano, per la nomina di un eventuale commissario ad acta. Da qui, il contatto telefonico tra il premier e Lombardo. E l’appuntamento per martedì prossimo. Il rischio-default siciliano è infatti visto con la massima preoccupazione dal premier. «Se fallisce la Sicilia, una delle più importanti e popolose Regioni italiane», dice un ministro economico che chiede l’anonimato, «i mercati troverebbero altre ragioni per continuare a diffidare del nostro Paese. La speculazione finanziaria internazionale che già morde, avrebbe facile gioco ad affondare i suoi colpi».

Per questa ragione a palazzo Chigi respingono al mittente le critiche. «Una gaffe istituzionale? Una lesione dell’autonomia siciliana? Sciocchezze. Qualunque altro governo, considerata la situazione, avrebbe fatto scattare una diffida immediata e avrebbe già attivato le procedure per far arrivare uno o più commissari a Palermo. In realtà ci siamo mossi con la massima prudenza e con il maggiore garbo istituzionale. Se abbiamo chiesto conferma delle dimissioni di Lombardo, l’abbiamo fatto per graduare di conseguenza le nostre azioni».

Qui sta il punto. Il governatore sostiene di aver confermato a Monti l’intenzione di lasciare. Se ciò dovesse verificarsi, per il governo sarebbe un problema. «Se davvero Lombardo si dimetterà il 31 luglio», affermano a palazzo Chigi, «probabilmente sarà inutile nominare un commissario o più commissari ad acta. La procedura è lunga e complessa e i nostri rappresentanti potrebbero insediarsi nell’Isola solo a fine settembre. Alla vigilia delle elezioni. Troppo tardi per incidere».

Perciò Monti consiglierà al governatore di restare al suo posto. Da settembre il bilancio e i conti della Sicilia sarebbero monitorati da Roma fino alla scadenza naturale della legislatura, nella prossima primavera. Ciò non toglie che Monti stia pensando, anche in caso di dimissioni di Lombardo, a un intervento «più leggero». Sempre «d’intesa con il commissario Aronica». 



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