Quantcast
×
 
 
13/02/2014 21:08:00

Fatevi prendere dalla rete dei draghi!

A Roma, negli antichi locali della Birreria Peroni, prodigio dell’archeologia industriale, esiste oggi un’interessante realtà espositiva, frutto di un’ardita architettura di Odile Decq che ne sintetizza vocazione odierna e storia territoriale.
Il Macro, Museo di arte contemporanea di Roma, contempla due sedi: una lungo via Nizza fra Porta Pia, La Sapienza e Piazza Fiume, a metà strada fra i bagliori della capitale felliniana di via Veneto e i laterizi nascosti delle arterie operaie di via Alessandria; una seconda a Testaccio, prossima al Tevere, nei locali dell’ex Mattatoio, location d’elezione per performance e sperimentazioni artistiche.
Roma ha puntato molto negli ultimi anni sulla contemporaneità più esplicita confermando un trend che dall’inizio degli anni ’70 l’ha vista fra i protagonisti della scena artistica europea grazie alla presenza di gallerie di punta promotrici di nuovi scenari culturali e di artisti e critici che vi hanno fissato dimora.
Puntare sul contemporaneo non è semplice; non è semplice in primo luogo per Roma che da sempre deve e vuole convivere con il suo immaginario consolidato fra presenze di opus mixtum di lunga memoria e fervore berniniano. Ma la difficoltà maggiore per Roma, come per ogni altro luogo che punti sulla contemporaneità, è impegnarsi a superare il muro dell’effimero e creare permanenza dando vita a cultura oggi e a patrimonio domani.
Il Macro oggi ha a Roma ha preso in carico il suo compito con estrema lucidità individuando manifestazioni ed esposizioni di carattere e convogliando fra l’altro risorse private motivate e militanti nel loro apprezzabile ruolo mecenatico.
In questa piovosa stagione romana dell’inverno 2014, ad esempio, è possibile rifugiarsi fra le maglie colorate dell’istallazione “Harmonic Motion – Rete dei draghi” di Toshiko Horiuchi MacAdam prodotta per Enel Contemporanea, programma di arte contemporanea lanciato nel 2007 per promuovere una riflessione sull’energia, come fonte sostenibile e rinnovabile, oggi esposta nella sede di Via Nizza fino a Dicembre.
Si tratta di una grande scultura tessile, interattiva, nella quale è possibile accedere, giocare, camminare, tornare bambini: la sua contemplazione, poi, fa riflettere sui prodigi dell’energia quale pulsione collettiva, creativa, armonica, luminosa e irradiante.
L’artista Toshiko Horiuchi MacAdam ha studiato prima a Tokio e successivamente alla Cranbrook Academy of Art negli Stati Uniti. Ha lavorato come designer di tessuti e da lì ha sviluppato una ricerca sulla loro struttura e applicazione fino a realizzare opere che hanno dato il via al movimento chiamato “Art Fabric”.
Toshiko Horiuchi MacAdam è riuscita pienamente nel suo intento: realizzare opere che non siano solo esposte ma che includano il pubblico facendolo sentire esso stesso una fonte rinnovata e rinnovabile in grado di godere di luce propria.


Francesca Pellegrino