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13/03/2014 07:18:00

Strage di via D'Amelio, Totò Riina rivela: "Borsellino azionò la bomba che lo uccise"

  Il telecomando che azionò la bomba di via D'Amelio era nascosto nel citofono di casa della madre di Paolo Borsellino. E fu proprio il giudice, suonando il campanello, a innescare l'ordigno che uccise lui e cinque agenti della scorta e che era nascosto in una Fiat 126 parcheggiata a pochi metri. E' quanto confida Totò Riina al suo compagno di ora d'aria, Alberto Lorusso. La conversazione tra i due boss è stata intercettata dalla Dia.


Dalle indagini non è mai emerso con chiarezza il nome di chi, premendo il bottone del telecomando, causò l'esplosione che fece tremare le finestre di tutto il capoluogo siciliano e ferì al cuore la città e l'Italia. Non è la prima volta che emerge l'ipotesi dell'innesco nascosto nel citofono. Le parole del boss dei Corleonesi, pronunciate a novembre con tono compiaciuto, come racconta La Repubblica, potrebbero quindi rafforzare questa tesi e, qualora ritenute attendibili, chiarire quanto accadde in quel maledetto 19 luglio del 1992, 57 giorni dopo la strage che uccise Giovanni Falcone.

Se della strage di Capaci del 23 maggio si conosce almeno questo dettaglio (il bottone fu premuto da Giovanni Brusca), su via d'Amelio ancora non vi sono certezze. Neppure i racconti dei pentiti Gaspare Spatuzza e Fabio Tranchina sono stati utili a capire chi innescò l'ordigno. Ora Riina regala la sua verità e i magistrati di Caltanissetta sono già al lavoro per verificare se le dichiarazioni dell'ergastolano siano credibili.