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27/03/2014 07:19:00

Eolico e riciclaggio. La difesa di Scimemi, interrogato a Marsala

 ‘’Il mio assistito ha spiegato al gup che si è trattato di operazioni reali originate dalla necessità di disponibilità di denaro liquido, visto che era stato raggiunto dall’applicazione del sequestro di tutti i suoi patrimoni, sia privati che aziendali. Sequestri poi revocato all’esito dell’assoluzione decretata al termine del processo celebrato davanti al collegio presieduto da Gioacchino Natoli. In quell’occasione il mio assistito è stato assolto in formula piena: perché il fatto non sussiste’’. E’ quanto ha dichiarato l’avvocato Simone Faiella dopo l’interrogatorio, davanti al gup Francesco Parrinello, dell’imprenditore salemitano Antonino Scimemi, 55 anni, recentemente assolto nel processo ‘’Energia pulita’’, ma nel frattempo coinvolto nel procedimento per riciclaggio di denaro proveniente dal parco eolico di Salemi che nel dicembre 2012 sfociò nel sequestro, ad opera della Guardia di finanza, di beni per un milione e trecentomila euro. Otto le persone coinvolte nell’inchiesta. A Scimemi si contesta il riciclaggio di 850 mila euro. Soldi arrivati in tre tranche nel 2008. Il pm Sabrina Carmazzi ha ribadito la richiesta di rinvio a giudizio, sulla quale il gup dovrebbe pronunciarsi il 7 aprile. L’inchiesta che nel dicembre 2012 condusse al sequestro di beni a otto persone si intreccia con un procedimento avviato dalla Procura di Milano che coinvolge società operanti anche all'estero: Lussemburgo e Malta. Il sequestro riguardò 29 unità immobiliari, 4 auto, una moto e 290 mila euro in titoli di Antonino Scimemi, della moglie Vita Alba Caradonna, della madre Giuseppa Angelo e del figlio Giacomo, nonché di Melo Martella, docente nella facoltà di Economia a Messina, Gaetano Buglisi e la moglie Roberta Famà e Roberto Saia. Secondo la Procura Martella, Buglisi, Famà e Saia, sono tutti titolari di società maltesi. L'inchiesta nacque da un accredito sospetto su un conto di Scimemi, eseguito dalla moglie. Nell'indagine della Procura di Milano spuntò anche il nome dell'imprenditore alcamese Vito Nicastri, in precedenza destinatario di un’ordinanza di custodia cautelare e di un sequestro preventivo per un valore di oltre un miliardo e mezzo di euro, in quanto ritenuto un prestanome del boss mafioso latitante Matteo Messina Denaro. ‘’La Sicilia, ancora una volta, si trova al centro di grosse transazioni finanziarie’’ commentò il procuratore di Marsala, Alberto Di Pisa. ‘’Si tratta – aggiunse l’allora sostituto Dino Petralia - di un frammento di un caso di riciclaggio molto più grande, pari a 12 milioni e 900 mila euro, su cui sta indagando la procura di Milano e con la quale abbiamo collaborato’’. Petralia rimarcò il coinvolgimento nell'indagine di ‘’menti raffinate’’, riferendosi al docente universitario di Messina, Melo Martella, e ad Alessandro Faranda, uno dei titolari del marchio "Birra Messina", a cui la madre dell'imprenditore salemitano Antonino Scimemi, Giuseppa Angelo, 82 anni, ha accreditato 255mila euro frutto di transazioni che gli inquirenti hanno ritenuto ‘’fraudolente’’.

 

*Il procedimento  si è concluso con la sentenza del Gip di Marsala dichiarando il non luogo a procedere nei confronti della signora Famà e di tutti gli indagati "perchè il fatto non sussiste". Anche la Corte di Cassazione, con sentenza 981/2015 ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto dal Pm alla sentenza del Gip. Qui la nota dei legali della signora Famà.