Scandalo beni confiscati, tolto lo stipendio al giudice Silvana Saguto
Il Csm ha sospeso dalle funzioni e dallo stipendio Silvana Saguto, l'ex presidente delle Misure di prevenzione del tribunale di Palermo, indagata per corruzione a Caltanissetta. Con questa decisione la Sezione disciplinare di Palazzo dei marescialli ha accolto la richiesta del ministro della Giustizia e del Pg della Cassazione. Venerdì scorso, Silvana Saguto si era presentata a Palazzo dei Marescialli, accompagnata dal suo avvocato Giulia Bongiorno. Ha respinto le accuse e il suo difensore, al termine dell’interrogatorio ha detto che tutti gli addebiti erano stati “smontati”. Ma evidentemente non è stato così. Sempre per oggi, al Csm, sono previste le audizioni degli altri magistrati coinvolti nell'inchiesta, Fabio Licata, Lorenzo Chiaramonte, Tommaso Virga e Dario Scaletta. Per tutti, a vario titolo indagati dalla procura di Caltanissetta, è stata aperta la procedura di trasferimento d'ufficio per incompatibilità ambientale che due di loro, Licata e Chiaromonte, hanno cercato di bloccare anticipando la richiesta di trasferimento ad altra sede.
Della vicenda di Silvana Saguto è tornato ad occuparsi Il Foglio, in un articolo di Riccardo Arena:
Silvana Saguto, oggi reietta come il suo collega Tommaso Virga, che va in giro per il Palazzo di giustizia lamentandosi perché nessuno lo saluta, era una potenza. Faceva parte, la Saguto, di quell’antimafia perennemente in prima fila che poi si legittimava con le cene e i passaggi al prefetto Francesca Cannizzo, ma anche nominando o consentendo le nomine del genero di Maria Falcone, naturalmente estranea alla vicenda ma anche lei adesso in un comprensibile stato di disagio, che l’ha indotta a un insolito silenzio. Comunque finisca questa storia, è una storia terribile. Perché la delegittimazione e l’isolamento, in Sicilia, preludono spesso a “male cose”, al pericolo che la mafia, che in questa vicenda si sente incredibilmente dalla parte della ragione, torni a farsi sentire a modo suo.
Intanto, al Tribunale di Palermo è stato deciso che , d'ora in poi, le parcelle di chi sarà chiamato ad amministrare i beni sequestrati saranno molto ma molto più magre, equiparate a quelle dei curatori fallimentari. Lo racconta Alessandra Ziniti su Repubblica:
Sono finiti i tempi in cui l'avvocato Gaetano Cappellano Seminara riusciva a farsi liquidare dai giudici delle Misure di prevenzione parcelle da sette milioni e mezzo di euro. La bozza del nuovo tariffario previsto dal disegno di legge che nelle prossima settimane dovrebbe finalmente essere approvato in parlamento è sul tavolo del presidente del tribunale Salvatore Di Vitale che assicura: "Noi lo abbiamo già adottato come modello. Con i colleghi delle Misure di prevenzione abbiamo stabilito che d'ora in avanti le liquidazioni dei compensi agli amministratori giudiziari seguiranno queste indicazioni". La bozza prevede che il compenso degli amministratori sia stabilito sulla base di scaglioni commisurati al valore dei beni o dei beni costituiti in azienda, ovvero al reddito prodotto dai beni, dando dunque rilievo al valore dell'azienda, e non al fatturato (criterio previsto invece attualmente per le amministrazioni straordinarie). Un criterio che ha già fatto storcere il muso agli amministratori giudiziari che rivendicano la "specialità" e il "rischio" nella gestione di beni sequestrati ai mafiosi rispetto a quelli provenienti da fallimenti.
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