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18/05/2016 06:22:00

Sicilia, tante potenzialità non sfruttate: l'analisi Eurispes

  Eurispes ha presentato  la sua indagine sulla Sicilia, con dati, proiezioni e suggerimenti. “Con questo studio – spiega Gian Maria Fara, presidente di Eurispes – è stato possibile verificare sul campo la ricchezza della regione sia per quanto riguarda il patrimonio delle conoscenze produttive e delle culture del lavoro presenti sia le potenzialità di sviluppo economico e sociale’. Grandi opportunità dal campo agricolo, dove è’ possibile registrare un interscambio commerciale con l’estero di grande interesse. Di rilievo le tipicità locali e le relative denominazioni d’origine (DOC, DOP E IGT), con interessanti progetti per una valorizzazione turistica dei luoghi di produzione.

“Sul piano produttivo – prosegue Fara – va segnalata la positiva dinamica di alcune realtà distrettuali di tipo integrato, in cui lo sviluppo manifatturiero si affianca ad una forte presenza del settore primario o dei servizi. Tra queste, Sciacca e Bagheria, specializzate nel comparto dei prodotti tipici, Ragusa per l’agroalimentare, Marsala per il vino, senza dimenticare le performance del distretto tecnologico della cosiddetta Etna Valley’. Elementi positivi i risultati relativi alla incidenza della nuova imprenditoria femminile nei settori del commercio, del turismo e dei servizi. Nuove occasioni di sviluppo dalla valorizzazione del patrimonio museale e archeologico, attraverso l’individuazione di strategie culturali integrate del territorio siciliano, penalizzato da scelte di programmazione economica calate dall’alto, senza una attenta considerazione delle vocazioni e potenzialità territoriali. Un fondamentale punto di forza in tal senso è individuabile nel vasto e articolato patrimonio artistico- culturale della Sicilia, che si presta ad essere fruito in chiave turistica. Tra gli obiettivi da raggiungere quello della valorizzazione del ricco capitale umano siciliano, ed una precisa riconversione delle politiche del lavoro e della formazione, privilegiando l’approccio attivo a quello passivo”.

 La Sicilia appare oggi una regione dalle grandi potenzialità non adeguatamente sfruttate: basti pensare ai suoi porti, in primis quello di Palermo, che potrebbe avere una proiezione internazionale in virtù della sua felicissima posizione al centro del Mediterraneo.

In termini di Prodotto interno lordo pro capite la Sicilia si colloca in quartultima posizione nella graduatoria nazionale, con un valore pari a 17mila euro per abitante, in linea con il dato della macro-area del Mezzogiorno (17,6mila), ma ben distante dalla prima regione del Sud Italia, l'Abruzzo, che registra un valore di oltre 23mila euro, nonché dalla media nazionale di 26,5mila euro. 

Gli indicatori di povertà, in particolare, disegnano un Paese in cui sono ancora presenti delle profonde sacche di criticità, di cui il Meridione vanta il triste primato: nel 2014, infatti, su un milione e 470mila famiglie in stato di povertà assoluta nel Paese, ben il 47,9%, ovvero 704mila famiglie, appartengono al Sud Italia, per un totale di quasi 2 milioni di individui, laddove al Nord e al Centro le percentuali si fermano al 35% e al 17,1%.

Una conferma proviene dagli ultimi due bilanci di Inps Sicilia: l'Isola ha il più alto indice di povertà del Paese, pari al 48% nel 2014, e quasi al 52% nel 2015, e, dunque, una persona su due vive sotto la soglia di povertà assoluta, è in forte deprivazione o a grave rischio di esclusione sociale. 

Poco incoraggiante appare anche la situazione generale delle Università siciliane. Stando ai dati del rapporto Res 2015, sono quasi un terzo gli studenti e cinquantamila i laureati che abbandonano le Università siciliane in favore degli atenei del Centro e del Nord Italia: un vero e proprio esodo. Le ragioni sono le poche borse di studio, i servizi scarsi, la burocrazia lenta. In tre anni (2012-2014) le immatricolazioni sono calate del 20%. Anche chi rimane in Sicilia per i primi tre anni di Università spesso va poi a specializzarsi altrove. Cresce anche il numero dei laureati specializzati che emigrano, raggiungendo la percentuale del 26%. 



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