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16/06/2017 07:30:00

Chiesa e truffa, la difesa del Vescovo di Mazara, Mogavero: "Mi fidavo dei tecnici"

Chiesa e truffa. Ieri il vescovo di Mazara, Domenico Mogavero è stato ascoltato in Procura a Marsala: “Pur essendo un giurista, non sono un esperto in materia di appalti. Mi fidavo, quindi, dei tecnici e firmavo le carte che questi mi portavano”.

Così Mogavero si è difeso nell’interrogatorio davanti al sostituto Antonella Trainito, titolare del procedimento che oltre a Mogavero vede indagati anche il suo predecessore, Calogero La Piana, e altre persone con l’accusa di truffa in concorso nell’ambito dei finanziamenti chiesti alla Cei e alla Regione per la realizzazione del complesso parrocchiale di San Lorenzo, nel quartiere Transmazaro-Miragliano.

Assistito dagli avvocati difensori Stefano Pellegrino e Nino Caleca, il vescovo di Mazara, alla presenza anche di un sottufficiale della Guardia di finanza (il maresciallo Salvatore Missuto), è stato ascoltato per circa due ore.

Prima di iniziare con le domande, spiega l’avvocato Pellegrino, il pm ha precisato che al prelato non si contesta di aver intascato denaro (“Interamente speso – dice il legale - per la realizzazione delle opere”), ma il fatto che “se la Cei avesse saputo dell’entità del finanziamento regionale, magari avrebbe concesso 500 mila euro in meno”. E cioè la somma concessa dalla Regione. Non si contesterebbe, quindi, un’appropriazione indebita.

E per ribadire che Mogavero non ha intascato denaro, i difensori hanno anche presentato una nota tecnica come rendiconto di tutti i movimenti di denaro relativi a questa vicenda.

Per ieri pomeriggio, era previsto anche l’interrogatorio di La Piana, ma per motivi di salute dell’indagato non è stato possibile. A chiedere di essere ascoltati, tramite i loro legali, erano stati gli stessi presuli, dopo la notifica dell’avviso conclusioni indagini preliminari, atto che solitamente prelude alla richiesta di rinvio a giudizio.

Al pm che ha coordinato l’indagine svolta dai militari del Nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza di Trapani, diretti dal colonnello Pasquale Pilerci e dal tenente colonnello Michele Ciarla, i due vescovi intendevano spiegare personalmente le loro ragioni. Contestando le ipotesi d’accusa. La Piana, invece, si è dovuto limitare a far pervenire una memoria scritta. Quello a poter rendere dichiarazioni è un diritto concesso dalla legge a tutti gli indagati, che possono chiedere di essere ascoltati entro 20 giorni dalla notifica dell’avviso conclusioni indagini preliminari. Un atto, quest’ultimo, nel quale si legge che Mogavero e La Piana, insieme a Bartolomeo Fontana, progettista e direttore dei lavori, Francesco Scarpitta, progettista, Antonino Gaudente, titolare dell’impresa che si aggiudicò l’appalto, e Gaetano Stradella, responsabile del procedimento relativo al bando di gara mediante licitazione privata, ciascuno per la propria parte, “con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso e in tempi diversi, avanzando alla C.E.I. richiesta di contributo pari a 1.474.000 euro, corrispondente al 75% del valore dell’intera opera, con artifici e raggiri consistiti nel celare di avere già ottenuto dalla Regione Sicilia un finanziamento che comprendeva anche parte delle medesime opere oggetto della succitata richiesta, nonché nella predisposizione e produzione alla C.E.I. di falsa documentazione, inducendo in errore tale ente circa il diritto ad ottenere il contributo nell’ammontare richiesto, si procuravano un ingiusto profitto di euro 500.000 circa, pari al contributo artatamente ottenuto per l’opera già finanziata dalla Regione”. Il 19 luglio 2006, in particolare, il vescovo La Piana sottoscriveva il piano finanziario preventivo e il quadro economico, inviandoli, con altre carte, al Servizio nazionale per l’Edilizia di Culto, “omettendo di comunicare – secondo l’accusa – che era stato concesso dalla Regione un finanziamento di 1.363.415,00 euro, destinato alla costruzione di parte delle opere”. Ancor più gravi appaiono le contestazioni mosse dalla Procura al vescovo Mogavero. “Dopo che il 27 luglio 2007 – si legge nell’atto d’accusa - era stata bandita la gara di appalto relativa ai lavori di costruzione della sola ‘Chiesa San Lorenzo’, dell’importo di euro 1.173.067,37, aggiudicato alla ditta Gaudente Antonino per l’importo di euro 1.069.984, il 26 settembre 2007 sottoscriveva il falso contratto di appalto ‘Lavori di costruzione del Complesso parrocchiale di San Lorenzo’ apparentemente concluso tra la Diocesi e la ditta Gaudente, avente ad oggetto l’appalto dell’intero Complesso parrocchiale San Lorenzo dell’importo complessivo base d’asta di euro 2.170.280, 91 (oltre iva)”. Contestato anche un “falso verbale di consegna dei lavori”, falsi stati di avanzamento lavori e di regolare esecuzione, nonché l’omessa comunicazione al delegato regionale per l’Edilizia di Culto che parte delle opere del complesso parrocchiale erano state finanziate dalla Regione e realizzate da un’altra ditta: la “Candela Nicolò”.