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01/11/2017 11:20:00

Reportage da Velletri sulla Campaniliana, prima edizione 2017

  di Leonardo Agate -   Ho fatto mille chilometri per vedere come sta un morto.  Sembra uno scherzo, ma è cosa seria. Da Trapani - Birgi ho preso l’aereo per Roma; da là ho preso il treno per Velletri.  In questo Cimitero è seppellito Achille Campanile, passato nel numero dei più il 4 gennaio 1977.  Era nato a Roma il 28 settembre 1899. L’epitaffio inciso sul marmo potete leggerlo qua a fianco.

 Fu scritto da lui per il protagonista del suo romanzo “Il povero Piero”. Si adatta bene anche allo stesso scrittore. Però, a chi un giorno gli chiese cosa volesse scritto sulla tua tomba, rispose: “Torno subito”. Non avrebbe potuto essere più lapidario.

 Achille Campanile, scrittore, drammaturgo, sceneggiatore, e giornalista italiano, è il morto che cercavo. E’ ora davanti a me. La sua villa era nel territorio del Comune di Lariano, vicina al confine con il Comune di Velletri. Il defunto, quand’era in vita, manifestò il desiderio di essere seppellito nel Cimitero di Velletri, perché là davanti passavano i ragazzi di Lariano, come suo figlio Gaetano, per andare a scuola.

 Il morto sta bene, come possono stare i morti, sottoterra. Mi sento di dire che migliora con il passare del tempo. Ogni decennio che passa dalla sua dipartita, viene sempre più chiamato agli onori delle patrie lettere. C’è chi prevede la resurrezione.

 Non è che da vivo fosse stato ignorato: vinse due volte il  “Premio Viareggio”, nel 1933 con “Cantilena all’angolo della strada” e nel 1973 con “Manuale di conversazione”, e  il Premio Forte dei Marmi nel 1976, pochi mesi prima della sua scomparsa, con il romanzo “L’eroe”. Nonostante gli allori dei Premi e il successo dei lettori, era guardato con sufficienza da buona parte della cultura ufficiale, ad eccezione di alcuni critici letterari (Gargiulo, Pancrazi, Eco, Altomonte, Gramigna, Bo) che ne riconobbero l’unicità umoristica. Tale classificazione lo inseriva nella categoria B dei classici della letteratura.

 Per l’intelligenza letteraria contemporanea italiana, pervenuta attraverso il razionalismo degli illuministi all’idealismo di Hegel e Marx, il “grande scrittore” è stato sempre colui che affronta con cipiglio severo i drammi della società. E chi questi drammi li affronta facendo sorridere e a volte propriamente ridere, ah, no, costui non è grande scrittore, pur se bravo, perché è umorista.

 Campanile fu, invece, fra i pochi grandi scrittori del ‘900 italiano. Ma dovrà passare ancora molto tempo prima che la maggioranza degli intellettuali accetti che l’umorista possa essere grande scrittore come Manzoni. Anzi, per dirla tutta facendo rivoltare nella tomba i miei professori di italiano del Liceo,  per me Manzoni è allo stesso livello di Campanile. “I promessi sposi” sono un grande romanzo storico – umoristico  come “Il povero Piero” di Campanile è un grande romanzo social – umoristico.

 La storia letteraria, alla fine, darà a ognuno il suo, e quando non si troveranno più in commercio i libri di tanti presunti “classici” contemporanei, si stamperanno nuove dizioni di quelli di Campanile.

 A Velletri si è svolta, dedicata ad Achille Campanile, la rassegna “Campaniliana – prima edizione 2017”. Dal 19 al 29 ottobre si sono susseguiti: un Convegno – spettacolo, un Premio nazionale teatrale, le Letture, le Proiezioni, la  Presentazione dell’ultimo suo lavoro “Grazie, Arcavolo”, la Mostra documentaria – fotografica, la rappresentazione della commedia “La moglie ingenua e il marito malato” per la regia di Enzo Toto.

 “Grazie, Arcavolo”, Nino Aragno Editore, 2017, è una raccolta di inediti e dispersi, ritrovati da Silvio Moretti ed Angelo Cannatà nei due bauli di un metro cubo ciascuno conservati dal figlio dello scrittore, Gaetano. Consiglio di acquistarla, perché può avere effetti positivi sul lettore, come è avvenuto a me per un altro libro di Campanile, e vi spiego perché.

 Mi sono ritenuto per molto tempo un uomo comune, con pregi e difetti. Alla fine, Campanile mi ha convinto di essere un eroe, come il protagonista del suo omonimo libro. Ogni giorno che mi alzo è una fatica. I governi di ogni colore ci hanno reso più difficile vivere, dandoci cattivi esempi,  e tutti i cittadini sono corsi ai ripari, ognuno a modo suo, rientranti tutti i modi in due grandi categorie:

 1. Di coloro che aspettano di capire chi sarà il prossimo vincitore alle  elezioni, con l’intenzione di saltare sul suo carro, secondo prassi collaudata.

 2. Di coloro che stanno timorosi a guardare, delusi da chi governa, e tra loro moltissimi giovani, spoetizzati e senza amor di patria, perché gli inquilini del Palazzo si sono asserragliati dentro e non dialogano più con l’esterno.

 Il semplice alzarsi la mattina e andar furori  per districarsi in questa falsa democrazia nello scorrere dei giorni, è roba da eroi. Altrimenti dovremmo trincerarci in casa, mettere i sacchi di sabbia sui davanzali delle finestre e sbirciare con prudenza per vedere il tempo che fa, senza alzare la testa per il pericolo di essere colpiti.