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26/05/2018 06:00:00

Le pendrive distrutte, gli incontri in villa. Ecco perchè Montante è finito in carcere

I poliziotti arrivati nella sua casa di Milano bussavano ininterrottamente. Lui, Calogero Antonio Montante, ex presidente di Sicindustria, ex paladino dell'antimafia, non apriva. Chiuso in casa, barricato. Al Giudice che lo ha interrogato il giorno dopo il suo arresto disse: “Non l'avevo capito che era la polizia a bussare, pensavo fosse la mafia che era venuta ad uccidermi”.

Invece, Montante, era impegnato a disfarsi in fretta e furia dei suoi documenti. Stava distruggendo 24 pendrive, documenti cartacei e altre buste con pendrive le ha gettate un po' nel giardino vicino casa, un po' sul balcone dei vicini.
E' quanto emerge a due settimane dall'arresto (ai domiciliari) di Montante. Lo hanno raccontato ai poliziotti gli stessi vicini che hanno trovato le pendrive nelle proprie pertinenze. Ora però Montante è stato arrestato sul serio, nel senso che si trova in carcere perchè avrebbe provato ad inquinare le prove che gli inquirenti avevano raccolto su di lui, e perchè non avrebbe rispettato una delle disposizioni più stringenti per chi finisce ai domiciliari, quella di non incontrare e ricevere persone non autorizzate.


Montante è finito ai domiciliari il 14 maggio scorso, nell'ambito delle indagini sul sistema di informazioni riservate e di spionaggio privatissimo che l'ex numero uno di Sicindustria avrebbe messo su. Ha deciso di trascorrere gli arresti domiciliari nella sua villa di Serradifalco. Ma qui sono venuti, nei giorni successivi al suo arresto, dei suoi dipendenti a fargli visita. Un giardiniere e un addetto alla vigilanza che non avevano alcuna autorizzazione. Un passo falso che ha fatto inasprire la misura cautelare di Montante, che dalla sua villa è passato ad una  cella del Malaspina di Caltanissetta.


Nel provvedimento del giudice si legge infatti che il cambio di misura cautelare è dovuto alle “gravi condotte di inquinamento delle prove” che sarebbero state messe in atto da Montante soprattutto negli ultimi giorni.
E' certamente un nuovo capitolo nell'inchiesta sul “sistema” Montante.

Ed è da vedere cosa uscirà dall'interrogatorio a Renato Schifani, ex presidente del Senato indagato anche lui, che si tiene in questi giorni. L'attenzione dei magistrati si concentrerà soprattutto sui rapporti di Schifani con il professore Angelo Cuva e con l'ex numero uno dei servizi segreti Arturo Esposito, indagati per concorso in rivelazione di notizie riservate.

Altro personaggio illustre indagato è l'ex presidente della Regione Siciliana Rosario Crocetta, accusato di “aver fatto parte dell'associazione a delinquere” di Montante “per commettere una serie indeterminata di delitti di corruzione, di abuso d'ufficio, di finanziamento illecito dei partiti”. L'ex Governatore sarà sentito dai Pm nell'interrogatorio di garanzia il 31 giugno.
Le indagini su Montante non si fermano, anzi si ampliano. Oltre al filone della rete di spie quindi c'è quello sugli affari. Secondo gli inquirenti la due fedelissime di Montante, all'assessorato Attività Produttive, Vancheri e Lo Bello, avrebbero pilotato milioni di euro per favorire le aziende dell'ex numero uno di Confindustria Sicilia. Ma questa è tutta un'altra storia, che copre di vergogna l'ex presidente degli industriali siciliani, che da quello che è emerso dalle indagini di questi anni si sarebbe messo con spavalderia la maschera del paladino dell'antimafia.