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23/10/2018 06:00:00

Parla il Questore di Trapani/1: "La mafia e i latitanti, c'è un metodo per prenderli"

Claudio Sanfilippo, Questore di Trapani, nei giorni scorsi ci sono state tre importanti operazioni della Polizia nel nostro territorio. La prima riguarda l’arresto del latitante Vito Marino, autore della strage Cottarelli; la seconda l'arresto di un altro latitante, Vito Bigione,narcotrafficante inserito nel contesto mafioso della provincia di Trapanii; e poi la terza operazione ha riguardato il ritrovamento di un arsenale di mafia nelle campagne di Paceco. È una coincidenza temporale o è frutto di una nuova strategia?

Io mi ritengo un funzionario di Polizia molto fortunato. Evidentemente porto bene. Il mio background di ufficiale di polizia giudiziaria ha potuto dare una scossa in più affinché venissero portate a termine queste operazioni che, ovviamente, erano già in corso.

Queste operazioni hanno riacceso il dibattito sullo stato di Cosa nostra nella provincia di Trapani. Sulla mafia si dice tutto e il contrario di tutto: chi la dà per spacciata, chi sostiene che è in grado di concludere nuovi affari. La sua idea sullo stato della lotta alla mafia nella nostra provincia qual è?

Dare la mafia per spacciata direi assolutamente no. È chiaro che ci troviamo di fronte a un momento molto particolare. Probabilmente un momento di transizione della mafia che abbiamo conosciuto negli anni passati rispetto a quella che attualmente invade i nostri territori, e non solo. D’altronde questo non è un fatto nuovo. La mafia si è sempre trasformata nel tempo. Dalla mafia rurale e agraria degli anni 40 e 50 siamo passati alla mafia delle ricostruzione delle città dopo i conflitti mondiali. Poi siamo passati a una nuova mafia che si è occupata di sostanze stupefacenti e poi ancora in una mafia imprenditrice. Poi si è trasformata ancora in una mafia che si inserisce negli appalti pubblici. Quindi nulla di nuovo sotto il sole. È chiaro che la mafia attuale va a radicarsi in quei settori dove c’è una compresenza di fattori: potere e denaro. Evidentemente la mafia in questo momento ha avuto un’ulteriore trasformazione. Io la definirei una mafia 3.0. È chiaro che dobbiamo andare a combatterla su terreni che non sono più quelli tradizionali...

Esiste di contro anche un’antimafia 3.0?

Assolutamente sì. L’antimafia 3.0 siamo noi. Siamo tutti noi ufficiali di polizia giudiziaria. È tutta quella attività giudiziaria che si dedica alla lotta alla mafia.

 

 

La volonta c'è. A volte però il legislatore non è avanti come si crede...

Io sono convinto che la nostra legislazione italiana sul contrasto alle mafie sia la migliore al mondo. Non abbiamo carenze legislative. Abbiamo la migliore magistratura del mondo, le migliori forze di polizia del mondo. Di questo sono fermamente convinto.

Ne è convinto anche il procuratore nazionale antimafia Cafiero de Raho che, di recente, a Palermo, intervendo alla presentazione della serie Rai sul Maxi processo, ha detto proprio questo: abbiamo in Italia la migliore Polizia e strumenti avanzatissimi.  Siamo bravi a fare le indagini ma per de Raho non è tollerabile che da venticinque anni ci sia un latitante nel nostro territorio, Matteo Messina Denaro...

Sul latitante è chiaro che finche non verrà assicurato alla giustizia sarà certo un qualcosa che ci manca. Però credo che in questo momento storico, tutto il meglio che lo Stato può mettere in campo per assicurare alla giustizia il latitante sia già in campo. È chiaro che la cattura di un latitante in generale, e la cattura di questo latitante, ha bisogno di tempi, ha bisogno di strategie ben studiate e ha bisogno di una certa calma all’esterno dell’attività posta in essere dallo Stato. Io capisco perché ci sia questa grande pressione, però questa non si deve riversare e farsi sentire sugli attori principali che siamo noi. Gli attori principali, secondo me, devono essere lasciati tranquilli e liberi di lavorare senza protagonismi, senza grossi proclami. La cattura di un latitante si fa giorno per giorno, con grande fatica, con grande sacrificio, e con strategie ben determinate.

Lei ha partecipato alla cattura di molti latitanti importanti - Aglieri, Brusca - e tanti altri. C’è un metodo comune d’investigazione e di ricerca? 

Assolutamente sì. Esiste un metodo, che ovviamente non vi dirò. Esiste un metodo, che noi abbiamo sperimentato nel tempo. Se uno guarda con grande attenzione alla cattura dei latitanti, vedrà che c’è un file rouge comune a tutti quanti. La cattura di un latitante però attraversa varie fasi. E nella fase finale, cioè nell’ultimo miglio, quello che poi ti porta a sfondare la porta e trovarli, si possono innestare tutta una serie di problemi sopraggiunti che fanno sì che l’operazione finale, il blitz finale, possa essere ritardato. Bisogna avere l’assoluta certezza che, sfondando quella porta, finalmente dopo anni di lavoro e sacrificio, all’interno ci sia il latitante. In quella fase, un minimo errore, il non avere previsto anche un dettaglio che può sembrare significante, potrebbe compromettere anni di lavoro. Ecco perche a volte le catture che sembrano dietro l’angolo si allungano di qualche tempo. Perché io dico sempre che è meglio avere la certezza assoluta e matematica piuttosto che andare con un minimo dubbio. Io, quando sono andato a cercare latitanti, nell’ultima fase ero sicuro al 100% che fossero lì dove li stavo cercando. Avevamo davvero fugato ogni possibile dubbio.

 

 

Parlando con investigatori, rappresentanti delle istituzioni, ma anche magistrati emerge spesso una nota nel racconto della latitanza di Matteo Messina Denaro. Il fatto che l’interlocutore a un certo punto  dice: “Messina Denaro ha anche delle coperture istituzionali. Una latitanza così non può durare senza queste coperture”. È un’espressione un po’ vaga. Ognuno mette dentro un po’ di tutto e gli amanti dei retroscena mettono insieme anche i grandi complotti. Lei condivide quest’opinione sulle coperture istituzionali e come le definirebbe?

Non lo so, onestamente. Io sinceramente andrei molto cauto nel fare una mia dichiarazione del tipo: “Matteo Messina Denaro non è stato ancora preso perché gode di coperture istituzionali”. Anche perché non ne sono fermamente convinto. Dovrei avere delle prove per dirlo. Prove che io, Claudio Sanfilippo, non ho. Altri magari possono averla fatta e detta a ragion veduta perché hanno delle prove su questa continuità tra le istituzioni e Matteo Messina Denaro. Però al contempo penso che se ovviamente ci fossero... questa catena che lega le istituzioni con Messina Denaro debba essere scardinata. Se io, Claudio Sanfilippo, posso dire che ho la copertura di qualcuno che magari è all’interno della polizia giudiziaria o anche di altri enti preposti alla sicurezza del nostro Paese, penso che due minuti dopo qualcuno verrà a bussare alla mia porta per mettermi le manette, giustamente. Semmai ci possono essere delle zone grigie dove il latitante può trovare in qualche modo qualche aiuto. Ma la zona grigia non è l’istituzione statale. Io penso che l’istituzione statale sia da questo punto di vista assolutamente un’istituzione sana, formata da persone assolutamente integerrime e orientate verso la cattura di Messina Denaro.

1 - CONTINUA