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13/11/2018 08:15:00

Trapani, storia di Maria: vuole abortire, l'ospedale e l'Asp glielo impediscono. Ecco come

16,30 -  Valentina Colli, dell'Unione Donne d'Italia (UDI) replica alla nota dell'Asp di Trapani sul quanto pubblicato da Tp24.it oggi, la storia di una donna che ha trovato quasi impossibile poter interrompere la gravidanza:

C’è un dato: solo 4 medici non obiettori in tutta la provincia, che evidentemente causano un’ipertrofia del sistema, rappresentata dalle liste di attesa, che obbligano le donne ad un “pellegrinaggio sanitario” anche fuori provincia: situazione del tutto inaccettabile e la cui responsabilità di soluzione è da affidarsi al governo regionale e nazionale, non certo ai medici e ai dirigenti sanitari.

Si ricorda che la L. 194 prevede che una donna possa ricorrere all’Ivg entro 90 giorni, ragione per cui è assolutamente ed altrettanto inaccettabile che si puntualizzi sul quando una paziente si presenti per richiedere il servizio. Servizio che, per altro, è stato garantito solo a seguito di sollecitazione e mobilitazione a mezzo stampa, altra anomalia ricorrente nel nostro Paese. Vorremmo ricordare che il tema non è mai il numero medio: è la disponibilità specifica, di quel giorno o di quella settimana, in un certo ospedale. Il tema non è il giudizio sulla legittimità del compito in questione: il tema è garantire un diritto della donna, rispettando la sua dignità, la sua salute, la sua autodeterminazione.

 13,15 - Sul caso dell' interruzione volontaria di gravidanza pubblicato da Tp24.it arriva replica del direttore dell’unità operativa di ostetricia e ginecologia dell’ospedale di Trapani, Laura Giambanco:

“L’Azienda sanitaria provinciale di Trapani assicura il servizio di interruzione volontaria di gravidanza, non solo nei termini previsti dalle normative, ma con la stessa attenzione con cui assicura la tutela sociale della maternità e la prevenzione dell’aborto attraverso la rete dei consultori familiari.

L’interruzione volontaria con il metodo chirurgico viene praticata al reparto di ostetricia e ginecologia dell’ospedale S. Antonio Abate di Trapani, mentre quella farmacologica negli ospedali di Castelvetrano e di Mazara del Vallo. Interventi effettuati secondo la normale programmazione dei reparti, per assicurare tutte le diverse prestazioni ginecologiche. Per facilitare le pazienti vi è in ogni caso un reciproco ‘mutuo soccorso’ con gli omologhi reparti dei presidi ospedalieri limitrofi di Palermo e di Sciacca.

Nel caso segnalato la signora si è presentata in ospedale solo all’undicesima settimana, ma in ogni caso, si è provveduto a fissare l’intervento già per il prossimo giovedì 15 novembre”.

08,00 - Abortire è un diritto delle donne. Ma non dappertutto. A Trapani, no. E succede che una donna, stremata, si vede respingere la sua richiesta a Trapani, a Palermo, a Mazara.

Siamo nel 2018, sono 40 anni di 194, che scritta così sembrerebbe anche una somma numerica. Si tratta della legge che garantisce il diritto ad abortire per quelle donne che hanno deciso, per mille ragioni, di non proseguire la gravidanza.
Era il 22 maggio del 1978 quando venne approvata, dopo tutti questi anni ci ritroviamo a fare i conti con l' impossibilita a garantire questo diritto a una donna che ha deciso, nel suo già doloroso percorso, di mettere la parola fine a un embrione.

E' un diritto, non ci sono se e ma, non si discute sul giusto o sbagliato quando si tratta di vite non nostre.
È un diritto e va riconosciuto, senza falsi perbenismi e moralismi.
L'aborto non è diritto che garantisce solo l'autodeterminazione femminile, è la libertà garantita anche ad una coppia che ha deciso di non procreare, ragioni insindacabili.

A Trapani ad una donna, che per ragioni di opportunità chiameremo Maria, viene rilasciato il 30 ottobre scorso il certificato di interruzione di gravidanza da parte del Consultorio familiare che fa capo all'Asp 9 di Trapani.
Il 6 novembre Maria con tanto di certificato si reca all'ospedale Sant'Antonio Abate, presso il reparto di ginecologia e ostetricia, per avviare l'iter di interruzione di gravidanza. In ospedale, due anni fa, è andato in pensione l'unico medico non obiettore di coscienza (ne abbiamo parlato qui).
Alla signora, seduta stante, viene comunicato che non c'è la possibilità di alcun ricovero e che a quel punto era necessario rivolgersi direttamente agli ospedali palermitani.
Arrivata a Palermo, Maria, non riesce ad interrompere la gravidanza: le liste di attesa sono troppo lunghe.
Non va meglio nemmeno all'ospedale di Mazara del Vallo, lì non è possibile creare una equipe che possa proseguire in tal senso.

Maria non può più aspettare, i limiti entro cui effettuare l' interruzione volontaria di gravidanza, 90 giorni, stanno per scadere, psicologicamente è stremata e si rivolge all'UDI, l'Unione Donne d'Italia.

La presidente del circolo provinciale, Valentina Colli, scrive all'Asp 9 e alla Primaria del reparto del Sant'Antonio, senza ricevere alcuna risposta.
E' la stessa Maria che decide di andare in ospedale e affrontare la situazione faccia a faccia con la Primaria che però si fa negare, dicendo di essere impegnata.

E' una situazione che ha del grottesco, una donna in un momento difficile e drammatico in cui lotta con la propria coscienza, non solo in quei 90 giorni previsti dalla legge ma per il resto della sua vita, viene lasciata sola a lottare contro le liste di attesa.
La maternità è una libera scelta, non può essere imposta per legge.
L'obiezione di coscienza è un serio problema che si riversa negli ospedali, da un lato garantisce ai medici di non praticare l'aborto, dall'altra parte, di fatto, rende tortuoso il percorso per chi ha deciso di intraprendere legalmente questa strada.
Non solo paura e disagio, non solo il giudizio pesante che aleggia negli sguardi dei medici ma l'impotenza e la drammaticità di una donna che non viene assistita e aiutata in un momento estremamente difficile.

In Sicilia i medici ginecologi obiettori di coscienza sono l'86,1%, serve una rete di confronto e di sostegno che renda la legge del 78 applicabile e che divulghi, soprattutto in ambienti scolastici, la necessità della prevenzione ma l'accettazione dell'aborto come scelta e non inteso come reato.
C'è una proposta del deputato regionale Claudio Fava che è quella di predisporre dei concorsi pubblici in sanità volti all'applicazione della legge 194/78.
Si tratterebbe di medici non obiettori di coscienza che garantirebbero l'esercizio di un diritto con pratiche snelle.

Potrebbe essere una delle soluzioni per contrastare la piaga dell'aborto clandestino, in Italia il numero è altissimo: 15 mila aborti illegali all'anno.
Quello che ancora non è chiaro è che l'aborto non può essere etichettato solo come una procedura chirurgica, è necessario per queste donne, da sole o in coppia, seguire un percorso secondo scienza e coscienza. Deve trattarsi di una scelta consapevole.