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25/11/2018 06:00:00

Quant'è artistico ammazzare una donna

 Tenetevi forte, ma davvero forte, perché devo parlarvi di Skioffi. E non è uno scherzo. Sapete chi è costui? È un rapper italiano, uno che immagina di essere un artista, semisconosciuto fino a poco tempo fa, ma ora celeberrimo presso il pubblico giovanile per via di una terrificante clip musicale intitolata “Yolandi”, che in poche settimane ha superato il mezzo milione di visualizzazioni e i ventimila “mi piace” su You Tube, ossia sullo strumento di diffusione culturale di gran lunga più frequentato dai nostri ragazzi, in gran parte minorenni. Un successo sconvolgente.

Lo schema della storiella è questo: lui ama lei, ma una sera tornando a casa la trova a letto con un altro, e per vendetta prima la violenta sodomizzandola, e poi la uccide strangolandola con una collana che le aveva regalato. Infine se la carica in spalla come un sacco di patate e la seppellisce in giardino, e amen. Un capolavoro del genio creativo. I “poetici versi” che accompagnano l'azione criminale non sono inferiori alla trama in fatto di finezza e originalità. Eccone un florilegio, ma solo dei meno scioccanti: “La sbatto contro il muro, le tolgo il fondotinta con la forza dei miei schiaffi”. “Non parlare brutta cagna”. “Non mi hai voluto dare il c***, adesso me lo prendo, porco...” (e giù una bestemmia). “La collana che costava troppo, adesso dimmi che mi ami, visto che l'ho presa e te la sto stringendo al collo”. Uno stile da orrida caverna più che da lurida taverna.

Ora però, calmiamoci un po'. Cerchiamo di ragionare lucidamente. Il problema di tanto lerciume non sta ovviamente nel banalissimo contenuto della clip, e nemmeno nella sua logora e desolante brutalità. (Il trattamento brutale delle donne non trionfa forse indisturbato nell'uggioso universo della pornografia on line?) Il problema sta altrove. Chi ha una certa età e una buona memoria, ricorderà che negli anni '70 – nel pieno della stagione femminista! – la dolcissima Joan Baez si fece appassionata interprete di una canzone messicana intitolata “El preso numero nueve”. Era la trucida storia di un prigioniero, condannato a morte per avere ucciso in un impeto di gelosia la moglie che lo tradiva. Era il grido di un orgoglio ferito che esaltava il “sacrosanto diritto” alla vendetta. Era un autentico manifesto dell'ideologia femminicida. Eppure la rivoluzionaria Joan Baez lo cantava con accenti di evidente empatia.

Una stranezza? Niente affatto. Perché è proprio qui che si annida il virus letale. Passano i secoli e i decenni, ma nessun mutamento si compie in realtà nelle profonde radici emozionali della nostra cultura. Così accade che molti ragazzini di oggi si accendano di entusiasmo per uno sconcertante messaggio di violenza maschilista. Così accade anche che molte ragazzine si lascino trascinare – complici e vittime – nel gorgo di questo gioco al massacro. Ma non è colpa loro. Una blogger molto intelligente, Giulia Mengolini, si è semplicemente chiesta: se è vero che la clip di Skioffi ha “espliciti contenuti violenti”, e “incita all'odio contro le donne”, come mai You Tube non la oscura in base alle norme della sua Policy? Non l'avesse mai fatto! Frotte di ragazzini l'hanno inondata di garbati messaggi del tipo: “Sei una testa di ca***”, e “Non hai capito niente: lei viene uccisa perché ha tradito”. Dal canto suo, l'indignato Skioffi le ha risposto rivendicando il suo diritto a esprimersi “artisticamente” nel puro stile pulp fiction di Quentin Tarantino.

Per riassumere: pare che molti quindicenni di oggi vadano matti per la squallida “Yolandi” e ragionino esattamente come l'assassino messicano che sognava di perseguitare e massacrare la moglie anche nell'aldilà. Ed è su questo che dobbiamo urgentemente interrogarci. Dobbiamo capire le ragioni di questo disastro culturale. Con pazienza, reprimendo la collera moralista, senza insultare o criminalizzare nessuno.

 

Sélinos