Caso Sicilfert. Gli appostamenti notturni, l’inchiesta di Tp24. Come è cominciato tutto
Sversamento illegale di percolato negli specchi d'acqua vicini, inquinamento dei terreni circostanti, cattivo trattamento dei rifiuti conferiti. Fatti gravi, gravissimi, che hanno portato al sequestro della Sicilfert, azienda di trattamento rifiuti organici di Marsala. L’indagine però parte da lontano, dal 2013. E tocca diverse tappe, che ricostruiamo a puntate a partire da oggi.
Un fiumiciattolo nero. Come il petrolio, come il carbone, come la notte in cui scorreva. Lento, o veloce, dipende da quanto picchiava giù la pioggia, di notte. Un fiumiciattolo nero, che si ingrossava, che ingrossava la strada, i campi, che sfociava nel laghetto vicino, meta di scampagnate. Un fiumiciattolo nero, di acqua e percolato. Che usciva da sotto il cancello e inquinava ciò che trovava lungo il tragitto. Un fiumiciattolo nero, inquinante, quello che usciva dalla Sicilifert, il centro di smaltimento rifiuti di contrada Maimone a Marsala sequestrato qualche giorno fa. L’indagine che ha portato al sequestro coinvolge anche il legale rappresentante della società, Pietro Foderà, e il direttore tecnico dell’azienda Pampalone Vitangelo, oltre alla stessa società.
Il giudice nel provvedimento di sequestro scrive di “allarmante situazione di diffusa illegalità concentrata presso l’impianto”. Si parla di “gestione illecita dei rifiuti ivi conferiti”, e soprattutto di “concreto pericolo di compromissione ambientale derivante anche da tale illecita gestione”.
Non hanno dubbi gli inquirenti. La Sicilfert dovrebbe trasformare i rifiuti organici in compost. Ma quello che è emerso è che l’impianto “rappresenta una sorta di discarica abusiva la cui operatività ha portato ad una situazione di grave pregiudizio per l’ambiente”.
L’indagine parte da lontano, come scrivono nero su bianco gli inquirenti. Parte nel 2013, sei anni fa, e prende spunto dall’inchiesta realizzata da Tp24.it, potete vedere il video integrale in basso.
Un’inchiesta durata mesi in cui abbiamo potuto monitorare cosa accadeva nei pressi della Sicilfert. Mesi di appostamenti in cui abbiamo scoperto che dallo spiazzale dell’impianto, nelle notti di pioggia, fuoriusciva del liquido nero e maleodorante. Un liquido che con l’acqua piovana scende piatto verso la strada, si inchina sulla destra e si immette nel canale adiacente. Una buona parte scola all’interno delle caditoie che separano il manto stradale dal piazzale dell’azienda. Un altro fiumiciattolo percorre delle canalette laterali. Percorre la strada, finisce nei terreni dove cresce il finocchietto selvatico che la domenica in molti vanno a raccogliere. Ma quel liquido non è nulla di buono. Quel liquido è percolato, una sostanza pericolosa e inquinante.
Il percolato, per dirla in termini poveri, è il rifiuto del rifiuto. E’ il liquido che emette il rifiuto organico nel processo di decomposizione che lo porta a diventare compost. Le aziende come la Sicilfert lo dovrebbero stoccare seguendo delle precise procedure dettate dalla legge. Ma questo non è accaduto, come è stato scoperto.
Ad accorgersi di questa fuoriuscita sono stati anche gli agenti della Polizia municipale di Marsala, allora guidati dal comandante Vincenzo Menfi.
Gli inquirenti annotano che almeno in tre occasioni si è potuto assistere ad una “anomala e copiosa fuoriuscita di liquido di colore nero dallo stabilimento della Sicilfert, che oltrepassando il cancello, si riversava sulla strada e sui terreni limitrofi”. Il 25 gennaio 2013 vengono prelevati dei campioni di quel liquido nero con l’ausilio dell’Arpa. Le analisi parlano di “liquido contaminato da liquami di percolazione depositati all’interno della Sicilfert”. In quell’occasione i responsabili dell’azienda giustificarono il tutto come “un guasto alle pompe che dovrebbero garantire la corretta aspirazione e gestione del percolato”. Ma come sottolinea il giudice sembra “piuttosto singolare che tali fenomeni di dispersione del percolato si siano ripetuti sempre di notte ed in coincidenza con eventi piovosi, quasi a voler tentare di dissimilare e confondere tale fenomeno illecito con il normale ruscellamento delle acque meteoritiche”.
Passano un paio di mesi. E’ la notte tra il 9 e il 10 marzo 2013. Non è una notte molto piovosa. Scatta un altro blitz degli agenti della Polizia Municipale. Con loro ci sono i tecnici dell’Arpa. Scoprono che anche se scendeva una leggera pioggia dalla fessura sottostante del cancello fuoriesce liquido maleodorante di colore nero. Il ruscello di percolato proseguiva il suo percorso all’interno di un canale di scolo adiacente alla sede stradale per un tratto di circa 300 metri. Poi veniva “artificialmente deviato, con uno sbarramento creato ad hoc” verso un terreno laterale. Ma non solo. Quel ruscello di percolato non si fermava lì. Quel percolato camminava, lento, nero, fino al laghetto vicino. Il lago “Maimone”, dove si facevano le scampagnate a Pasquetta. E che è stato vittima di un grosso scempio ambientale. Ma lo racconteremo meglio domani…
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