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11/05/2019 06:00:00

Castelvetrano, la rinascita dello "Zeus Hotel" confiscato a Grigoli

 Sembrava impossibile ridare nuova vita a quello che, per anni, è stato il centro della movida castelvetranese e non solo: lo “Zeus Hotel”.

Lo storico edificio, rinascerà delle sue cenerei, o meglio, dal suo abbandono, come un’araba fenice. La Commissione straordinaria di Castelvetrano, nella persona del viceprefetto Salvatore Caccamo, insieme al Centro di Giustizia Minorile per la Sicilia- struttura periferica del dipartimento per la giustizia minorile, presso il Ministero della Giustizia-, infatti, ha presentato la proposta progettuale che intende rendere fruibile l’hotel, bene confiscato alla mafia.


Storico hotel e sala ricevimenti, simbolo degli sfavillanti anni Ottanta a Castelvetrano, lo “Zeus” è stato uno dei beni confiscati a Giuseppe Grigoli, “re” dei supermercati, arrestato nel 2007 perchè braccio economico di Matteo Messina Denaro. L’hotel, abbandonato già prima del sequestro, ad oggi presenta il suo lento e inesorabile degrado strutturale. Nel 2016 la giunta del sindaco Felice Errante JR, aveva reso nota la possibilità della demolizione da parte dell’Agenzia Nazionale per i Beni Sequestrati. Cosa che, effettivamente, non è avvenuta. Quale dunque la proposta per il recupero del bene?


L’iniziativa, che rientra nel programma operativo “legalità” del Pon “Legalità 2014-2020” del Ministero dell’Interno, ha come scopo quello di riqualificare l’immobile e restituirlo alla collettività prevedendo la creazione di un Centro Polifunzionale, con attività diversificate rivolte non soltanto ai minori dell’area penale e a rischio di devianza, ma anche alla comunità tutta.


La questione potrebbe attirare dubbi e perplessità da parte di molti, soprattutto perché primario fruitore dell’iniziativa sarebbe il minore entrato nel circuito penale. Facilmente, infatti, si potrebbero manifestare sentimenti di draconiana memoria, creatori di implacabili quanto improvvisati giudici che storcerebbero il naso davanti a tali iniziative.


Come “Mary per Sempre”
Partiamo da ciò che è assodato: ossia che chi sbaglia deve pagare anche se questi sono minorenni. Tuttavia, se è assodato il fatto che molti ragazzi delinquono per noia, per imitazione e accettazione o per evidenziare un proprio disagio psicologico o sociale, è altrettanto certo che la realtà dei fatti è così sfaccettata e complessa che sbaglieremo a cristallizzarla.


I ragazzi che sono detenuti o che partecipano ai progetti del Centro di Giustizia Minorile, provengono da contesti sociali e familiari, il più delle volte, problematici. Hanno un bagaglio culturale, valoriale ed esperienziale che ben si adatta al rione, al quartiere, alla famiglia di provenienza. Il più delle volte questi ragazzi delinquono perché non hanno mai conosciuto un contesto che sia altro da quello di origine, non avendo mai attenzionato e valorizzato proprie attitudini o desideri. I tipi di reati compiuti dai ragazzi sono vari, tuttavia si possono individuare nei reati contro il patrimonio, in special modo furto e rapina, e nel reato di traffico e spaccio di stupefacenti, i reati più frequenti.


In un contesto come quello siciliano, castelvetranese, con una forte presenza di Cosa Nostra, la devianza minorile è considerata un fenomeno ad essa legata in maniera maggiore o minore a seconda dei casi, anche in famiglie che non appartengono a cosche criminali. La presenza mafiosa in certi ambienti pervade in maniera così profonda il sistema valoriale di questi ragazzi da essere considerata l’unica strada percorribile, l’unica in grado di mantenerli, l’unica in grado di liberarli e di riscattarli. Crescere in tale ambiente, facilmente, fa intuire la difficoltà che hanno questi ragazzi a considerare il reato, la prevaricazione, la violenza come atti errati nella quotidianità e nella gestione dei rapporti sociali.


Il raggiungimento del proprio vantaggio personale diventa l’obiettivo primario nella vita del ragazzo e i reati commessi sono motivo di prestigio e di rispetto per lui da parte dei coetanei ma anche degli adulti. Alcuni giungono negli istituti penali, orgogliosi di poter dare inizio ad un “curriculum criminale” di tutto rispetto, cumulando gli anni passati in carcere. Risulta, dunque, necessario che i ragazzi sperimentino qualcosa di positivo, qualcosa che possa dare loro l’occasione di intraprendere un percorso di legalità, finita la detenzione. I progetti di giustizia riparativa, le borse formazione lavoro o i percorsi atti al recupero degli anni scolastici persi, intrapresi dal Centro di Giustizia Minorile, in unione con le istituzioni, enti e associazioni, privati o no, cercano di attuare quanto detto.


Partecipare alle iniziative, ai progetti e confrontarsi con gli educatori, instilla nei minori detenuti, tutti quei valori altri che erano stati soppiantati delle leggi non scritte del rione dal quale provengono: la libertà, la valorizzazione del proprio io, la consapevolezza dei propri limiti, il rispetto verso sé stessi e verso gli altri.


Ragazzi Fuori
A questo punto, un quesito sorge spontaneo: nei fatti, questi giovani, una volta fuori dal circuito penale, riusciranno a continuare lungo il percorso di legalità che con fatica propria e degli operatori, hanno intrapreso?


È certo che questi ragazzi dovranno dimostrarsi molto forti psicologicamente e determinati al cambiamento per riuscire a sganciarsi dal contesto originario, nel quale sono reinseriti a pena scontata. Non sempre avviene: solo con la buona volontà, a volte, è arduo emanciparsi da stili di vita che hanno sopraffatto e plasmato i rapporti, la visione del mondo che questi ragazzi hanno e che sentono familiari. Occorre dare loro un’alternativa. E' necessario che si valorizzi il territorio, favorendo reti sociali che possano promuovere luoghi educativi, di senso, lavorativi in cui i ragazzi immessi, possano acquistare autonomia in grado di non farli ricadere in comportamenti delinquenziali. Luoghi e reti capaci di dimostrare al giovane che si può essere realizzati anche senza prevaricare sugli altri, facendo emergere la voglia di riscatto, di cambiamento attraverso un percorso catartico in grado di non far ricadere negli stessi errori.


L’idea del Centro polifunzionale a Castelvetrano è proprio questa: creare percorsi di inclusione sociale e lavorativa- come possono essere le attività di ristorazione, quelle turistico-culturali, quelle informatiche o semplicemente quelle per la cura delle persone- per un’utenza che è sì quella dei minori detenuti da recuperare, ma è anche quella di tutti quei giovani che in mancanza di prospettive lavorative sono costretti a cedere a situazioni deviate o lontane dalla legalità.


Pur avendo confermato il progetto, dopo una fase di intense relazioni con il Centro di Giustizia Minorile, il progetto, ad oggi, è in una fase di sviluppo. Si spera dunque che le elezioni del 28 Aprile, possano segnare un momento di svolta, di cambiamento e di apertura che inizia con la riappropriazione di spazi e luoghi sottratti dalla criminalità e restituiti alla comunità come metafora di libertà e legalità.

 

Marisangela Gallo