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13/06/2019 12:05:00

Se il M5S cede alla truffa della "spesa storica" il Sud muore

di Pino Aprile - Ci hanno provato con l’Autonomia differenziata modello “scappo con la cassaforte”; ma il colpo non è riuscito: era il “piano A”, fallito (per ora?) con la sollevazione del Sud, dal mondo accademico a quelli della cultura, delle professioni, di circa 60mila cittadini, che ha bloccato i rapinatori, inducendo il M5S a porre paletti e a far slittare, via via, l’approvazione della porcata. E si è passati al “piano B” (pronti, magari, a rilanciare il primo, se ne sorgesse l’occasione): non ci fate trattenere il 90 per cento delle “nostre” tasse? (E quel “nostre” è un capolavoro di comunicazione ingannevole, perché le tasse per mantenere lo Stato le pagano tutti i cittadini in rapporto al reddito, ovunque risiedano). Allora, “per adesso”, riconosceteci la “spesa storica”: non cambia niente, si tratta di garantirci, per legge, solo quanto già si spende. Nel frattempo, rubacchiano quel che possono: si sono già impossessati delle centrali idroelettriche, facendo diventare patrimonio delle loro Regioni, con una leggina e a costo zero, impianti e beni realizzati con i soldi di tutti. La loro politica è un continuo assalto alle risorse nazionali, senza alcun interesse per quel che può succedere a causa delle loro razzie, purché ne guadagnino qualcosa loro. Infatti, la “spesa storica” è una vera e propria truffa, ma il rischio che passi è alto, perché i cinquestelle erano nel vago prima e sono sotto choc adesso, dopo i risultati delle europee, tanto da non accorgersi che la vittoria della Lega alle europee può essere la loro migliore arma per bucarne il palloncino gonfiato. Certo, l’opera non è facilitata dal fatto che i cinquestelle del Nord, su Autonomia e “acchiappiamo i soldi e peggio per chi resta senza”, sono come la Lega e talvolta peggio; e gli altri partiti, al Nord, dal centrodestra al Pd sono con la Lega, come la Lega e talvolta peggio (vedi il Pd).

 

Ladri, sì, ma di quelli che smontano i pilastri che reggono la casa, per venderseli; e quando la casa crolla, accusano gli inquilini del piano di sopra che ballavano la tarantella. E quelli al piano di sopra pensano di essere furbi inducendo i predatori ad accontentarsi solo dei pilastri del lato destro. Fuori di metafora, la Lega ha un solo obiettivo, ed è svuotare la cassa comune, e poi procedere alla realizzazione di quanto stabilito al punto primo del suo statuto: “indipendenza della Padania”. La strategia è chiarissima, nonostante la cortina fumogena, ma il Paese o è cieco, o finge di esserlo perché vile o complice, o è distratto. Le brutte notizie sono che il Pd sarebbe già d’accordo con la Lega sulla spesa storica (i consiglieri regionali di Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna hanno fatto un documento comune per schierarsi con Salvini: Berlinguer non morì di morte naturale, si suicidò quando una veggente gli disse cosa gli sarebbe toccato vedere); e nei cinquestelle, si pensa al “compromesso accettabile”, che è come accettare di andare a letto con qualcuno, restando “un poco” vergini. Ci sono cose che non hanno una via di mezzo: o sì, o no. Tanto che, nel M5S, risulta ci siano scazzi seri, anche ad alti livelli, su questo, e cominciano ad affiorare frizioni fra i delegati a occuparsi della questione o attivi, in merito.

Perché la “spesa storica” è una truffa (l’ennesima)? Perché da sempre squilibrata a vantaggio del Nord e a danno del Sud: quella che chiamano “Unità d’Italia” avvenne con una invasione a scopo di rapina e, come spiega nel libro-inchiesta “Italica” (ora tradotto in italiano) il professor Vito Tanzi, massimo dirigente del Fondo Monetario Internazionale e docente di economia alla Washington university, il Risorgimento si risolse in un saccheggio del Sud. Con l’oro e i macchinari rubati nelle fabbriche delle Due Sicilie, si costruirono grandi infrastrutture a Nord e partì l’industrializzazione Torino-Milano-Genova. Da allora, mutate le forme, non è cambiato nulla, basti vedere dove sono le ferrovie, le autostrade, i Centri di ricerca, le “grandi opere” (inutili e le più costose del mondo), eccetera, fatti con i soldi di tutti, ma a vantaggio solo del Nord. E quando il Parlamento chiese all’ex ministro Piero Giarda un rapporto sulla spesa pubblica, si scoprì (2012) che ai Comuni del Nord va il 300 per cento del fabbisogno, a quelli del Sud il 50; e ora sappiamo pure degli asili zero al Sud e tutti al Nord; del trasporto pubblico urbano diritto al Nord, diritto negato al Sud, e così via.

E perché adeesso i predoni padani paiono virare sulla “spesa storica”? Per fregare il Sud (ancora e di più) si era inventati i Livelli essenziali delle prestazioni, ovvero: i diritti minimi da garantire a ogni cittadino italiano per salute, istruzione, trasporti… Il progetto era: stabilito il minimo per gli italiani di serie B, quelli di serie A, avendo più soldi (fottendone: Expo, Mose, pedemontane, tav…), si doteranno di una più ampia rete e un più alto livello di servizi (coerente con quell’idea di “Italia unita” imposta con le armi). Il guaio è stato quando si sono accorti che se si va a definire il costo dei Livelli essenziali di prestazioni, Lep, il gioco elemosina-a-te-de-lux-a-me, non riesce, perché “Non ci sono risorse per fare i Lep”; insomma, se li fai, non avanzano soldi da rubare o, come detto da Calderoli, che pure li aveva ideati: «Se passano i Lep, restiamo con il cappello in mano». Così, mentre i Lep restano inattuati dal 2001, le Regioni-idrovora puntano all’Autonomia differenziata e alla “spesa storica”, prima che sia definito quanto costino i Lep. E il tempo stringe, perché questi conti, ormai, si stanno facendo, e quello che emerge è più che noto: la spesa pubblica italiana ingrassa i più ricchi e dimentica i più poveri (chiunque se ne rende conto, se cerca un treno a Sud o si avventura in quelle regioni da cui si prende e basta, non solo petrolio). Si capisce, così, la fretta di chi deve rubare la torta, prima che si stabilisca quante fette farne per dividerla equamente (più o meno. Ai cinquestelle basterebbe continuare a ricordare agli alleati pigliatutto, che la riforma della Costituzione prevede i Lep e senza quelli, non si può spostare foglia. Già questo sgonfierebbe la bolla leghista, che è sotto attacco, specie da parte dei “prenditori” del Nord, perché non arrivano gli sghei che si erano promessi con la rapina dell’Autonomia).

Non solo ma se si stilasse un accordo tale fra le Regioni ingorde e ricche e lo Stato, per garantire al Nord la “spesa storica” e rendere costituzionale la differenza “a noi tutto, a voi poco, meglio niente”, si sarebbe già varata l’Autonomia differenziata, mentre si finge di rinunciarvi e quelle Regioni sarebbero già “speciali”, avendo un diritto e una garanzia negati alle “ordinarie”. Lo Stato, infatti, per osservare il patto, dovrebbe, nella distribuzione delle risorse nazionali disponibili, prima togliere quanto spetterebbe alle Regioni a spesa storica assicurata, poi dare quel che si riesce alle altre, con quel che resta: e se non basta per fare le scuole, faranno senza; se non basta per le strade, faranno senza, eccetera. E questa cos’è se non l’Autonomia che codifica la differenza di qualità e quantità di diritti, fra cittadini di uno stesso Paese.

E visto che le cose vanno sempre peggio, garantire a qualcuno oggi e per legge la “spesa storica”, vuol dire metterlo al sicuro dai prevedibilissimi “sacrifici” che stanno per essere imposti, per aggiustare i conti; e non sia mai ci trovassimo a dover infilare la testa nel cappio dell’Europa, come la Grecia, per l’enormità del debito, saremmo al paradosso che i “sacrifici” dovrebbero farli solo i più poveri, cui toccherebbe pure garantire “diritti differenziati”, ovvero più e meglio, ai ricchi. E perché mai si dovrebbe restare in un tale Paese e non andarsene per i fatti propri??

Ma il M5S è ormai nel marasma da batosta elettorale, mentre Salvini che già con il 17 per cento contro il 33 si comportava da padrone del governo, ora dilaga contro un Di Maio che pareva titolare del 17 per cento, quando ne aveva il 33; figurarsi ora che è davvero al 17. L’asso nella manica di Salvini è la norma del no al doppio mandato per i parlamentari cinquestelle; e quasi tutta la dirigenza del Movimento, a cominciare da Di Maio, è al secondo mandato. Dopo il successo del 4 marzo 2018, per non tornare a casa senza essere andati al governo, il M5S tradì il bacino elettorale che lo rese primo partito italiano, il Sud, e si alleò con il peggior nemico dei meridionali, la Lega. E ora Salvini, dopo aver mietuto pure a Sud, punta loro il coltello alla gola: o l’Autonomia, o si torna alle urne (lui vorrebbe a settembre; ma al Quirinale non c’è un posacenere, e le mosse di Mattarella potrebbero sparigliare i giochi; per cominciare, pare che non pensi ad elezioni prima del prossimo febbraio e Draghi scalda i motori, un tecnico stavolta meno sgradito dai disgutati dalla Lega e i delusi del M5S). Da qui, l’orientamento della dirigenza cinquestelle, ipnotizzata come la preda messa spalle al muro, a pasticciare qualcosa che tenga buono padron Salvini e li faccia restare in sella più a lungo possibile. Sarebbe il secondo suicidio politico più grande della storia repubblicana (il primo li ha portati in queste condizioni).

Non si accorgono neppure che ad avere in mano il pallino sono loro, non Salvini. Il quale tuona che lui è il signor primo partito. Già, ma al Parlamento europeo. In quello italiano è il garzone del 17 per cento che si comporta da padrone, solo perché più furbo del padrone. Provate a immaginare un M5S che continuamente chiedesse: ma cosa hai ottenuto per l’Italia dall’Europa con tutti quei voti? Nessuno ti vuole come alleato lì, manco i partiti razzisti come il tuo; e nemmeno ci vai a discutere delle cose che servono all’Italia, perché nessuno ti parla epreferisci andare dalla D’Urso!

Avrebbe voglia Salvini a dire “ho il doppio dei voti”. Immaginate gli rispondessero: “Sarà, ma al parlamento di Roma, non di Strasburgo, il doppio dei voti li abbiamo ancora noi”. Salvini ora deve dare al suo elettorato quel che ha promesso (tutto, compreso, con la flat-tax, dimezzare l’evasione fiscale, dimezzando le tasse ai super-ricchi evasori).

Ogni giorno che passa, senza che Salvini porti soldi al Nord, è un avvicinamento dell’ago al palloncino gonfiato del selfista. Quella vittoria elettorale può essere il danno della Lega e l’arma del M5S, proprio per la sproporzione fra eletti di ieri ed elettori di oggi. Immaginate cosa combinerebbe un Renzi, che è quello che è, ma queste cose le sa fare, che aveva un partito ormai in estinzione per colpa sua, ma continuava a fare il ras in Parlamento, con una rappresentanza senza riscontro fuori.

L’Autonomia differenziata, nella versione palese o in quella camuffata della “spesa storica” è un muro, contro cui si vanno a schiantare il Paese e il M5S, se Di Maio e i suoi cedono anche solo un millimetro; oppure la Lega, se la risposta è l’unica decente e possibile: No, senza i Lep.

In caso contrario, gli onesti e coerenti rappresentanti del Sud, eletti e no, è bene si preparino a fare corpo unico, a qualsiasi partito appartengano. Come fanno al Nord, per soldi.