Caro direttore, ho letto la testimonianza dei nove giorni di lavoro disumano a cui è stato sottoposto Riccardo in quel di San Vito lo Capo. (Qui potete leggere la prima parte e qui la seconda).
Uno dei miei mantra è: "il lavoro è dignità, il lavoro è vita, la vita non è solo lavoro". La terza proposizione del mio mantra e la negazione da essa auspicata, il "donatore" di lavoro - mi perdoni l'ironia -, l'ha resa inapplicable di suo. Nel caso dì Riccardo la vita era solo lavoro ma non per sua scelta. Nelle altre due, in quanto alla dignità che il lavoro aiuta a costruire, e il lavoro come componente essenziale della vita, perché ti costruisce una identità sociale ed essa a sua volta ti trova un posto nel mondo, Riccardo continuerà a perseguirle, indubbiamente.
Non conosco personalmente Riccardo, non so nulla di lui, quindi non le scrivo per fare la sua agiografia. Lo faccio per manifestargli la mia solidarietà e riconoscergli ulteriormente la dignità che il "donatore di lavoro" non gli ha riconosciuto, e che in quel periodo Riccardo ha continuato a possedere.
"Mi rivolgo direttamente a Riccardo: "hai dato una lezione di vita, come te la danno tanti altri giovani, sicuramente sei l'orgoglio dei tuoi genitori, in questa testimonianza sei anche il nostro. Grazie Riccardo, buona vita".
Vittorio Alfieri