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19/09/2019 06:00:00

I Candela e la revoca del sequestro per mafia: ecco cosa è accaduto

 Non c’è la prova dell’illecita accumulazione patrimoniale, nè la loro impresa può definirsi, oggi, criminale o mafiosa.  Con queste motivazioni il Tribunale di Trapani, sezione misure di prevenzione, ha respinto la proposta del Questore per il sequestro dei beni per gli imprenditori Nicolò e Salvatore Candela. Un sequestro, datato 2016, dal valore di sei milioni di euro. 

Secondo l'accusa Nicolò e Salvatore Candela,  rispettivamente zio e nipote, per i loro appalti pubblici nel territorio trapanese e in Sicilia, facevano affari con le famiglie mafiose a cui garantivano cospicue somme di denaro.  Le imprese del gruppo sono Sicania Servizi srl, Candela Nicolò srl e la Co.ma.ca srl, legate, però, a un unico gruppo imprenditoriale. Il sequestro aveva riguardato  8 beni immobili, 37 beni mobili registrati (autovetture, furgoni, mezzi meccanici), 5 società/imprese (capitali sociali e pertinenti complessi aziendali), 10 partecipazioni in altre società e 114 tra conti correnti e rapporti bancari di altra natura.

L'accusa si basa essenzialmente su due episodi. L'accordo con i Virga per l'assegnazione, nel 1999, di un appalto al Comune di Valderice per la sistemazione del cimitero, e di  una strada panoramica. E poi il tentativo, non riuscito, di vincere la gara d'appalto per l'Istituto Tecnico per Geometri di Trapani, con una tangente pattuita con un funzionario. L'appalto sfumò perchè ci fu un errore nell'indicare il ribasso. 

La decisione del Tribunale di Trapani ha fatto, naturalmente,  molto discutere. Come si arriva a questa decisione?
 L’accusa è che i Candela facciano parte di un sistema per la spartizione delle gare d’appalto in provincia di Trapani, mettendosi d’accordo con le le altre imprese, per decidere chi volta in volta deve vincere. Ma il fatto è che questa circostanza, durante l’istruttoria non è emersa.

Per i pm l’impresa dei Candela è “illecita”. Il Tribunale riscontra soltanto “notevoli irregolarità”, nelle imprese del gruppo, che ad esempio, fanno ricorso a false fatturazioni tra loro per compensare le loro posizioni. Oppure, ricorrono alla simultanea partecipazione delle società del gruppo alle stesse gare d’appalto. Per i pm è un’attiività che serve ad alterare il corretto svolgimento della gara.
Un caso riguarda l'appalto dell'Amap per la rete fognaria a Palermo, aggiudicata con un ribasso del 32,47% alla Sicania Servizi di Salvatore Candela, che dichiara, in fase di gara, “di non trovarsi in relazione con altro partecipante alla gara”. Ma alla gara partecipano anche Nicolò Candela, con la sua società, e Salvatore Candela (classe ‘81), con la Co.Ma.Ca. La partecipazione simultanea è evidente (e non consentita).

Secondo il perito del tribunale, se una sola delle tre aziende avesse partecipato, si sarebbe rideterminato il complesso calcolo della gara, e i Candela non avrebbero vinto.  Stessa cosa si verifica con un’altra gara, indetta sempre dall’Amap, questa volta per la rete idrica urbana di Palermo. Partecipano le tre società del gruppo, vince Sicania con il 32,3908% di ribasso (pari merito con un altra ditta, vince per sorteggio). Ma in questo caso, anche da sola, Sicania avrebbe vinto.

Per le gare della fognatura di Alcamo, e per la manutenzione delle scuole di Trapani è addirittura la stessa mano che compila a distanza di pochi minuti l’offerta per tutte le società del gruppo. Anche in questo caso le tre società partecipano, e dichiarano di non avere nulla a che fare tra loro.
Quella della partecipazione simultanea a più gare è una prassi radicata nel gruppo Candela, sono cinque i casi accertati solo nel 2010, 53 nel 2011. Per il Tribunale, però tutto ciò, anche se irregolare, non basta da solo a giustificare la natura “criminale” del gruppo Candela. Insomma, il loro è un modo per cercare di vincere con facilità (è come cercare di prendere la bambolina sparando tre colpi, anzichè uno), ma non hanno il controllo sulle altre offerte delle imprese che non conoscono, e non sono emersi contatti o pressioni in questo senso, nè il controllo sull’esito della gara.

Un altro aspetto riguarda il patrimonio. I beni della famiglia Candela non sono sproporzionati rispetto ai redditi dichiarati.

Per i pm i Candela sono imprenditori mafiosi, pienamente inseriti in un sistema economico manipolato e deviato dalle profonde infiltrazioni della mafia nel tessuto economico della provincia di Trapani. Insomma, fanno parte di un comitato d’affari per la spartizione degli appalti pubblici sotto la regia del mandamento mafioso di Trapani.  Per i giudici, però, non ci sono elementi sufficenti per sposare questa tesi.

E' vero, ci sono alcuni fatti importanti, come nel 1999 la turbativa degli incanti del Comune di Valderice. Prima di allora, scrivono i giudici, i Candela esercitavano “verosimilmente” la loro attività di impresa in una zona grigia di contiguità tra mafia e imprenditoria, ma non c’è la prova nè di specifici apporti economci della mafia o di interventi a favore loro.

Insomma, non vi è la prova che le imprese della famiglia Candela siano ab origine da considerarsi mafiose. Hanno agito in contiguità con la mafia solo in un contesto storico delimitato. Sui Candela ci sono le parole pesantissime del pentito Birrittella, che li inserisce proprio in un comitato affaristico mafioso, quindi, si, possiamo inserirle  nella categoria degli impresa mafiosa, ma solo nel periodo 1999 - 2001. Sono solo tre gli appalti in cui la consorteria mafiosa ha mostrato interesse per l’aggiudicazione ai Candela. E non c’è prova che la partecipazione mafiosa all’impresa sia proseguita anche dopo il 2001, ai tempi in cui sono state intercettate alcune conversazioni fra Tommaso Coppola e alcuni funzionari corrotti della provincia di Trapani. Dopo il 2001 le imprese del gruppo Candela hanno continuato a lavorare alacremente sul territorio, senza che siano emersi collegamenti con la criminalità organizzata, anzi, in diverse occasioni, nel 2005 e nel 2006, Salvatore Candela è stato oggetto di estorsione: gli hanno pure chiesto il pizzo.
15 anni senza l’ombra di alcun contatto provato con la mafia. Ecco perché le imprese del gruppo non possono definirsi, oggi, mafiose. E le parole del pentito Birritella, secondo cui le imprese dei Candela erano “storicamente vicine alla consorteria” non sono più attuali.


C'è anche un altro aspetto. I Candela hanno partecipato ad un comitato d’affari economico mafioso che nei primi anni 2000 ha consentito la spartizione di rilevanti commesse pubbliche, sotto la regia e con la garanzia della consorteria mafiosa operante in provincia di Trapani. Salvatore e Nicolò Candela, in quel periodo,  agivano con le loro ditte individuali. Poi però sono nate nuove società: la Candela Nicolò srl, la Co.Ma.Ca. srl, Sicania Servizi, che formano di fatto il gruppo di società dei Candela: hanno tutte sede sociale in Via Duca D’aosta 7 a Fulgatore. 

 Su queste, però, il tribunale, non ha ritrovato alcuna illecità di tipo mafioso. Solo un gran confusione nella gestione delle società, che si scambiano i dipendenti, con casi di licenziamento e riassunzione, e con un caso di un lavoratore, Ruggirello, che è stato addirittura dipendente di tutte e tre le società del gruppo. Insomma, c’è un’unica cabina di regia, tant’è che sono numerose anche le relazioni economiche - finanziarie tra le società. Qui, il perito ha espresso un po’ di perplessità sulle fatture tra le “sorelle”: insomma, non è convinto che si tratti di vere operazioni economiche, dato che i documenti fiscali sono generici, e non ci sono documentazioni allegate. E poi c’è un file, chiamato “incroci ditte”, trovato in un pc, che fa intuire che in realtà le fatture mascheravano altre operazioni, come la messa a disposizione del personale. Per la difesa, invece, c’è stato un reale interscambio di attrezzature tra le aziende.

Ricapitolando. La militanza nel contesto economico mafioso della provincia di Trapni è dimostrata, per giudici, a partire dal coinvologimento dei Candela nelle turbative d’asta al Comune di Valderice, accertate nei primi mesi del 1999. Poi, nei mesi successivi, c’è il coinvolgimento di Salvatore Candela nella tentata turbativa del pubblico incanto indetto dalla provincia di Trapani per la ristrutturazione dell’istituto per geometri. E si arriva al 2001.

Ci sono, a carico degli imprenditori Nicolò e Salvatore Candela, indizi di appartenenza all’associazione mafiosa, quantomeno in un dato momento storico. Ci sono tanti appalti pubblici vinti in maniera sospetta. Manca tuttavia il requisito dell'attualità. Da qui la restituzione di tutti i beni, e l'annullamento del sequestro.