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17/12/2025 08:48:00

La mafia in Lombardia, un nuovo pentito: "Soldi per Messina Denaro"

Si complica la posizione degli imputati nel processo Hydra, il maxi procedimento che a Milano indaga sull’esistenza di una federazione mafiosa tra Cosa Nostra, ’Ndrangheta e Camorra operante in Lombardia. Nel fascicolo sono entrati i verbali del nuovo collaboratore di giustizia, Francesco Bellusci, detto “occhi celesti”, personaggio ritenuto dagli inquirenti particolarmente addentro ai meccanismi dell’organizzazione.

Bellusci, detenuto, ha scritto una lettera ai magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Milano, Alessandra Cerreti e Rosario Ferracane, chiedendo di poter collaborare con la giustizia. I primi verbali, risalenti alla fine di novembre, stanno già offrendo uno scenario che, se confermato, rafforza in modo significativo l’impianto accusatorio.

 

“L’unione” e la Super Cupola

 

Secondo quanto raccontato dal collaboratore, Bellusci avrebbe partecipato in prima persona all’incontro in cui venne costituita «l’unione», il patto federativo tra le diverse articolazioni mafiose. Un summit avvenuto in un luogo diverso da quello inizialmente ipotizzato dagli investigatori e organizzato con estrema cautela, proprio perché gli affiliati avrebbero saputo dell’esistenza di microspie piazzate in precedenza.

Un racconto che si intreccia con un elemento già noto agli atti: un pizzino attribuito a Matteo Messina Denaro, morto pochi mesi dopo la cattura del gennaio 2023, nel quale si parlava di una “Super Cupola” mafiosa. Coincidenza o meno, Bellusci ha riferito ai pm che una parte dei proventi del cartello mafioso sarebbe arrivata fino alle tasche di “Iddu”, soprannome con cui gli affiliati indicavano il boss di Castelvetrano.

 

Chi è Francesco Bellusci

 

È lo stesso collaboratore a delineare il proprio profilo criminale. Bellusci si è definito «affiliato della locale di Legnano-Lonate Pozzolo dal 2007». Ha raccontato di essere stato inizialmente «battezzato come picciotto camorrista» e successivamente di aver ricevuto «la dote di sgarro» in una cerimonia avvenuta tra Gallarate e Samarate, in un terreno riconducibile a Filippo Sergi.

Nella gerarchia della ’Ndrangheta, lo “sgarro” rappresenta il livello più alto della cosiddetta società minore. «Quando poi comincia la santa, vangelo e via dicendo – ha spiegato – si entra nella società maggiore». Bellusci ha inoltre riferito dell’esistenza di un manoscritto sulla struttura della ’Ndrangheta, che sarebbe stato custodito da Giacomo Cristello, e di affiliazioni avvenute persino all’interno del carcere di Bologna dopo il periodo del Covid.

 

“Quello che avete detto è tutto esatto”

 

Nel corso degli interrogatori, Bellusci avrebbe confermato ai magistrati che l’impianto del processo Hydra corrisponde alla realtà. In particolare, ha spiegato che i Nicastro, ritenuti referenti dei Rinzivillo di Gela, non potevano compiere azioni rilevanti senza il via libera dell’“unione”.

Il collaboratore ha ricostruito anche il summit decisivo in cui venne suggellato il patto federativo. Al tavolo, secondo il suo racconto, erano presenti solo Ninni Fidanzati, Dario Nicastro, Gioacchino Amato, Massimo Rosi e lo stesso Bellusci. L’incontro sarebbe avvenuto nella primavera del 2022, due settimane dopo un pranzo conviviale già documentato dagli investigatori.

Per evitare intercettazioni, la riunione non si sarebbe svolta nel terreno di Cristello, ma in un capannone a Cassano Magnago. «È stato stabilito che tutti dovevamo essere una cosa soltanto», ha riferito Bellusci, parlando però anche di tensioni interne poi superate. A garantire la tenuta dell’accordo sarebbe stato Gioacchino Amato, che avrebbe rassicurato gli affiliati promettendo equilibrio e profitti per tutti, fino a sancire il patto con il rituale del “compare di anelli”.

 

I soldi e il nome di Messina Denaro

 

Il consorzio mafioso, secondo il collaboratore, avrebbe previsto una cassa comune per la gestione dei profitti illeciti. Ed è qui che emerge il nome più pesante. Bellusci ha riferito di aver appreso, durante un pranzo con Gioacchino Amato e Ninni Fidanzati, che parte del denaro sarebbe arrivata a Matteo Messina Denaro.

I due parlavano in siciliano e avrebbero fatto riferimento a contatti diretti con l’entourage del boss, citando un avvocato – non è chiaro se un fratello o un parente – e mostrando persino una fotografia su WhatsApp. Amato, secondo il racconto, si sarebbe vantato di avere rapporti diretti con Messina Denaro, sostenendo che «i soldi erano anche suoi» e che fosse lui a «strutturare la cosa dietro».

 

Le armi e il meccanico-strozzino

 

Il collaboratore ha infine indicato agli inquirenti il luogo in cui la locale di Legnano nascondeva le armi. Si tratterebbe dell’officina di un meccanico a Buscate, amico di Giacomo Cristello. Le armi, ha raccontato Bellusci, venivano occultate in una struttura adibita a ricovero per animali e consegnate agli affiliati all’occorrenza.

L’officina, però, sarebbe stata solo una copertura. Secondo il pentito, il meccanico sarebbe in realtà uno strozzino con un consistente patrimonio immobiliare, utilizzato come paravento per attività illecite.

Le dichiarazioni di Bellusci sono ora al vaglio della Dda di Milano e potrebbero aprire nuovi scenari investigativi, non solo in Lombardia ma anche in Sicilia, riportando ancora una volta il nome di Matteo Messina Denaro al centro di equilibri mafiosi che vanno ben oltre i confini regionali.