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21/03/2020 17:18:00

Don Antonio tra le corsie dell'ospedale di Trapani

 Ogni giorno, don Antonio Peraino, cappellano dell’ospedale di Trapani, dove sono ricoverate poche persone affette da coronavirus, indossa la mascherina, la cuffietta e il copricamice per tutelare i pazienti e se stesso.

Con sé porta la prossimità, la vicinanza spirituale per far sì che al tempo del coronavirus l’ammalato, attraverso la sua presenza, avverta anche quella della propria famiglia “perché in questo momento nel presidio ospedaliero non è consentito ai parenti di entrare nei reparti e nelle camere degli ammalati”, anche quelli non affetti dal Covid 19. “Talvolta gli ammalati, per evitare possibili contagi, si trovano da soli in una stanza, l’altro giorno – racconta don Peraino - passavo per i corridoi di ortopedia e una signora ricoverata mi ha chiesto il favore di attaccare il cavetto del telefonino alla spina per ricaricare il cellulare perché si stava scaricando e non avrebbe potuto parlare con la figlia: in quel momento capisci quanto sei importante per loro, perché sei l’unico punto di riferimento”.

Don Peraino: “ Gesù Eucarestia, una medicina per i malati”
“Il far sentire, attraverso la mia presenza, la presenza della Chiesa innanzitutto, della propria famiglia, portando con me la presenza di Gesù Eucarestia è un balsamo, una medicina per loro. In modo particolare – aggiunge don Antonio – in questo periodo, anche chi è più diffidente nella Fede, che magari vive alla soglia della comunità cristiana, si sente partecipe: la preghiera, il sorriso, la tenerezza, la misericordia, tocca tutti quanti, tocca l’ammalato, ma anche me, come sacerdote, perché attraverso la loro testimonianza io sento viva la presenza di Gesù; anche attraverso una parola, detta in dialetto siciliano, u’ Signuri lu benidica (il Signore la benedica, ndr), per me è una grande forza, una grande energia a spendermi maggiormente”.

I volti della vicinanza ai fedeli al tempo del coronavirus nella Diocesi di Trapani guidata dal vescovo, monsignor Pietro Maria Fragnelli, si susseguono contraddistinti dalla volontà di stare vicini alle persone: dalla preghiera ogni giorno alle 19 su facebook alla Santa Messa domenicale, presieduta da monsignor Fragnelli, in diretta via social e sulle tv private locali per consentire a chi è connesso, ma anche a chi non lo è, soprattutto gli anziani, di partecipare alla celebrazione eucaristica.

Attiva la distribuzione dei pacchi con beni di prima necessità organizzata dall’associazione San Giuseppe lavoratore di Trapani e dalla Caritas, come nel caso della parrocchia San Paolo Apostolo di Erice Casa Santa, che sostiene 170 famiglie bisognose, convocate previo appuntamento telefonico per non creare assembramenti.


Il sacerdote della Caritas di Erice: “I fedeli vogliono essere amati”
Ma non c’è solo l’approvvigionamento dei viveri: “Cerchiamo di essere vicini con il telefono, mi si scarica il cellulare tre volte al giorno. Gli operatori Caritas ricevono al telefono le richieste di ciò di cui hanno bisogno, medicinali, la bombola del gas per cucinare e per scaldarsi. In tante famiglie il non poter uscire ha impedito a qualcuno di fare qualche lavoretto, perdendo quel pochino di soldi che riuscivano a racimolare con qualche piccola attività che magari svolgevano e grazie alla quale riuscivano a fare la spesa. I fedeli vogliono essere voluti bene, quando mi vedono in Caritas ringraziano, mi dicono ‘ti voglio bene’, c’è affetto, il fatto di esserci, di camminare insieme perché siamo della stessa parrocchia, è un percorso che facciamo comunitariamente”.

“Ciò che mi lascia abbastanza turbato – sostiene don Cataldo – è quando a casa c’è il problema del figlio tossicodipendente che diventa destabilizzante per la famiglia stessa, anche perché a volte non si sa come aiutarli, sarebbe più utile avere una rete per capire dove possiamo mandare la gente… trovare una comunità dove ospitare… è una realtà complessa che va analizzata caso per caso”.


La creatività dei bambini e l’aiuto agli anziani dell’oratorio salesiano
Ci sono poi i bambini del catechismo che nonostante le lezioni on line e i compiti sono i più attivi nell’inviare messaggi con i lavoretti realizzati, messi tutti insieme e pubblicati dal parroco via social con un video, "un modo per dire ‘ci siamo’, per uscire dalla propria stanzetta, dalla propria casa. L’affetto c’è assolutamente – dice don Filippo – si capisce cosa regge il nostro rapporto, l’affetto. Io mando i messaggi, evito di fare quelli generici, perché quando la persona si sente pensata individualmente, vede il suo nome, vede il riferimento reale alla sua vita di ogni giorno, la gente si sente pensata, voluta bene, attenzionata”.

La Diocesi di Trapani e l’appuntamento social l’#ultimosbadiglio
In uno di questi si legge: “Oggi siamo riusciti a dare una mano a sei anziani. La difficoltà maggiore è che non tutti i ragazzi sono automuniti e se si tratta di farmaci devi giustamente fare la fila, anche in qualche supermercato, quindi si perde del tempo. Ma siamo soddisfatti, soprattutto della gratitudine delle persone che vedi nei loro sguardi. Buona notte e a domani”.

Alessandra Zaffiro, Vatican News (qui il link originale