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23/06/2020 06:00:00

La figlia del mafioso indagata in Ermes 3 lavorava per il Comune di Castelvetrano

 E’ la figlia di un mafioso, morto suicida in carcere nel 1997.

Si chiama Leonarda Furnari, detta Nella, e suo padre, braccio destro del capomafia Nino Marotta, era stato arrestato nel maggio del 1992, dovendo rispondere ance di diversi omicidi.

E’ tra le persone indagate nell’operazione antimafia Ermes 3 di qualche giorno fa.

Ma più che coinvolta in questioni tipicamente mafiose, avrebbe in realtà avuto a che fare con la rivendicazione di terreni nei confronti di altri proprietari.

Allevatrice di bestiame, sarebbe stata favorita nel 2012 da Vito Gondola, mazarese fedelissimo di Totò Riina e vicino al boss Matteo Messina Denaro, nel farle acquistare dei terreni da adibire a pascolo ed attività agricole.

 

Con Vito Gondola aveva un legame molto stretto: il collaboratore di giustizia Lorenzo Cimarosa, la identificava addirittura come la sua figlioccia, raccontando di come la stessa fosse permeata dalla “cultura “ mafiosa.

Una cultura mafiosa che emerge in tutta chiarezza da un’intercettazione  in cui Nella Furnari dice testualmente:

“… la mafia… la mafia… noialtri… possiamo... è una filosofia di vita, significa quello di non farsi scapisare… (farsi rispettare)… e siccome tu… cresci con la filosofia di vita… per me… essere figlia di mio padre… è filosofia di vita... dice sono figlia di un mafioso… sono mafiosa… sono quello… mi possono dire quello che vogliono… per me è una filosofia di vita… di testa… non è quella la... di andarmi a fottere un appalto di un altro… o di andarmi a fottere il terreno di un altro… o di andarmi a fottere la zona di un altro…”.

 

Ecco, questo sembra proprio il classico esempio in cui è possibile fare la differenza tra la mafia e la mentalità mafiosa.

La Furnari, infatti, al di là delle sue frequentazioni e della sua “passione” per la mafia, che per lei è una filosofia di vita, non aveva mai avuto condanne o indagini per il 416 bis.

Sulla carta avrebbe potuto persino lavorare per le pubbliche amministrazioni.

Ed infatti lo ha fatto, almeno dal 2014 al 2017 (fino allo scioglimento del comune per mafia).

Lo ha fatto come impresa agricola esterna per la manutenzione del verde pubblico, insieme ad una ventina di altre imprese, ognuna con una sua zona d’intervento.

Quella della Furnari era “via M. Savoia, Maffei, Termini, Rione Amari, Selinunte, Hotel Esperidi, Errante e Errante Vecchia”.

E, coerentemente con quello che diceva nell’intercettazione, non si sarebbe mai occupata della zona di un altro.

 

Insomma, fino allo scioglimento del comune, circa venti imprese esterne si sarebbero occupate di manutenzione del territorio e di salvaguardia del paesaggio agrario e forestale.

E questo perché il personale in servizio del comune era (ed è) insufficiente.

Sì, perché la quasi totalità delle risorse umane che nel corso dei decenni aveva avuto accesso al posto di lavoro in comune, era finita comunque a svolgere attività di concetto.

Questa diffusa propensione ai ruoli tecnico-amministrativi alla fine ha comportato la sparizione del classico operaio del comune che lavora fisicamente sul territorio.

Si dirà, ma i dipendenti (a vario titolo) del comune sono diverse centinaia, perché non impiegarne una ventina a fare manutenzione,  potare gli alberi e spazzare?

E no, ad ognuno le sue competenze, previste per il tipo di ruolo che rivestono.

 

Ecco perché dal 2014 al 2017, per queste attività il comune aveva assegnato in tutto più di 320 mila euro. Di cui quasi 8 mila euro alla signora Furnari che, avendo interrotto (così come tutti gli altri) il lavoro in seguito allo scioglimento, non avrebbe ricevuto le ultime 1300 euro (iva compresa).

 

Pochi giorni fa, l’attuale amministrazione Alfano aveva pubblicato all’albo pretorio un avviso per chi volesse contribuire gratuitamente al decoro urbano.

Una scelta tecnico-amministrativa  obbligata. Proprio come nel periodo commissariale del 2018, quando lo stesso tipo di avviso pubblico ed una determina dirigenziale spiegavano con le stesse parole che si trattava “semplicemente di un’indagine conoscitiva finalizzata all’individuazione di operatori da consultare nel rispetto dei principi di non discriminazione, parità di trattamento, proporzionalità e trasparenza”.

Tutto a titolo gratuito, con l’unico vantaggio che la ditta esecutrice sarebbe restata proprietaria del legname tagliato.

 

Oggi, chi fa finta di non saper fare la differenza tra potere politico e gestione amministrativa, ha trasformato in polemica la vicenda, pompandola sui social. E l’accusa al sindaco è diventata quella di ricorrere al volontariato perché non in grado di provvedere al verde pubblico con le risorse dell’Ente.

Un’accusa che, evidentemente, non ha nulla di politico.

Che sia anche questa una filosofia di vita?

 

Egidio Morici