Continuiamo anche oggi con la terza parte del nostro approfondimento sugli aspetti emersi dalla requisitoria del pm Gabriele Paci, al processo che vede imputato quale mandante delle stragi di Capaci e Via D’Amelio, il numero uno di Cosa Nostra, il latitante di Castelvetrano, Matteo Messina Denaro. (Qui potete leggere la prima parte e qui la seconda)
La sentenza Omega riassume l'esito di quella guerra di mafia nel trapanese. La guerra nel trapanese rimarca i nuovi assetti e la definitiva ascesa di personaggi quali Messina Denaro Francesco, Agate Mariano e Milazzo Vincenzo, tutti vicini ed incondizionatamente fedeli a Riina che ebbe per oltre decennio in quella provincia una delle sue più sicure roccaforti. Ma quella sentenza dice che era troppo forte ancora l'impronta lasciata dai Rimi e dai Minore, ed ecco che i due mandamenti di Trapani e di Alcamo, in qualche modo sono “commissariati” perché Riina non si fida, non si può fidare non tanto degli uomini che ha messo a capo di quei mandamenti ma dell'ambiente che li circonda e che quindi e ancora pervaso, intriso i cui rapporti che facevano capo a coloro che sono stati uccisi o che sono scappati. Uno dei luogotenenti che Riina mette e a cui demanda la cura di queste zone è Giovanni Brusca che fa sentire la sua costante presenza, che deve garantire in qualche modo che l'ordine che si è costituito con la guerra di mafia non venga in qualche modo stravolto da rigurgiti passati.
I "commissariamenti" e le spie di Riina nel trapanese - Abbiamo anche visto, infatti, come quel Peppe Ferro che, diventerà dopo la morte di Vincenzo Milazzo il nuovo capo mandamento di Alcamo, fosse stato fino al giorno prima di diventare capo mandamento, una sorta di uomo spia di Rina all'interno della famiglia di Alcamo, al quale, al momento dell'affiliazione aveva ordinato di rapportare tutto ciò che non andava, e per ciò che non andava in si intendeva naturalmente, tutto ciò che non era diciamo consono non era conforme allo Statuto dettato da Riina. Quindi le persone con cui lega, in un rapporto strettissimo sono: innanzitutto Messina Denaro Francesco, che abbiamo saputo già essere il rappresentante del mandamento di Castelvetrano del quale assumerà la reggenza dopo la guerra. Prima viene promosso a capo fuori provincia, ed è uno di quelli che avrà l'amicizia di Riina al punto da sollecitare l'omicidio di Lillo Santangelo nel 1989, ragazzo di cui era stato padrino di battesimo.
Il nuovo ed efficace metodo di indagine di Giovanni Falcone - Questo aspetto è una cosa che dobbiamo considerare quando si parlerà dell'importanza delle indagini di Giovanni Falcone, del nuovo metodo che Giovanni Falcone instaura e che renderà poi alla fine i suoi frutti nel corso degli anni. La fine delle indagini molecolari, la fine delle indagini che riguardano l’omicidio Santangelo sono emblematiche sotto questo profilo. E che cosa succede? Succede che a Castelvetrano, Francesco Messina Denaro si sente tradito da questo giovanotto che si mette a spacciare droga e non gli fa sapere degli affari che sta portando avanti, chiede a Riina di partecipare, di seguire questo omicidio e questo omicidio viene seguito poi da Brusca e dai da altri componenti delle famiglie palermitane per un favore a Messina Denaro. Si legge all'interno di un fascicolo, dove c'è un rapporto informativo, di un tizio che faceva l'università, un ragazzo di Castelvetrano che faceva l'università a Palermo e che muore senza che si sappia, perché quel fascicolo, come i tanti fascicoli che si aprivano per gli omicidi del tempo, era destinato, inevitabilmente, a essere chiuso con una richiesta di archiviazione. Cosa diversa è se attraverso quello che sarà il metodo Falcone e cioè Cosa Nostra non è un insieme, una serie di famiglie che sì ogni tanto si alleano per interessi comuni ma è un'organizzazione unica che fa capo a un vertice. A quel punto o un omicidio si fa a Palermo o viceversa a Castelvetrano, dove la vittima aveva avuto rapporti con Francesco Messina Denaro, basta unire quei punti di contatto e si riuniscono le due informazioni pur apparentemente separate. Questa è la grande idea di Giovanni Falcone che poi sarà l'idea della DDA e sarà l’idea della procura nazionale. Non può la procura di Trapani, non può la procura di Sciacca, non può la procura di Marsala aprire un fascicolo perché l'esito di quel fascicolo sarebbe inevitabilmente destinato alla archiviazione. Faccio questo esempio, di vita vissuta, che rende bene l'idea. In più omicidi può essere che una pallottola possa essere esplosa da una pistola in un altro omicidio, a quel punto c'è una banca dati, si va formando una banca dati delle forze di polizia, presso la polizia criminale e si può stabilire per esempio se è stata quella pallottola o quell'arma utilizzata in un determinato omicidio e se la stessa è stato utilizzata in un altro agguato.
Il sistema e l'influenza negli appalti - Altro aspetto delle indagini è quello dei collegamenti fatti nella pubblica amministrazione. Nei reati che riguardano le vicende degli appalti, questo è materialmente impossibile perché qui non c'è la traccia della pallottola. C'è un accordo che solo un signore che si chiama Siino, un giorno ce lo ha spiegato, e che se non si mettono d'accordo, se non ci sarà l'accordo su tutti i grandi appalti, non vanno, ad esempio, avanti i lavori a Favignana. C’è una galleria che per chi c'è stato, che collega le due parti dell'isola. I lavori della galleria sono rimasti fermi per anni e la Regione non c'entra con i ritardi. Cioè, se si potevano prendere tutti gli atti dalla sovrintendenza, si potevano prendere tutti gli atti presso la Regione e presso il Comune, si potevano leggere tutti gli appalti che si vuole e tutti i subappalti. A Quel punto si scopre che tutto questo faceva parte di un meccanismo a base regionale, dove dei signori si mettono a tavolino e decidono di spartirsi gli appalti e dunque i subappalti. In quel caso le singole indagini fatte da ottimi magistrati, fatte da straordinari inquirenti, non possono sortire effetti ma non per la incapacità dei singoli, ma perché il sistema è fatto in un modo tale che, deve fare capo a un'organizzazione che ha un cerchio, un vertice e dal quale vertice si diramano tutti gli ordini direttivi.
Continua...