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03/07/2020 06:00:00

Matteo Messina Denaro e le stragi/5. I collaboratori di giustizia

 A partire da oggi e per quattro puntate continueremo con un nuovo approfondimento, iniziato nelle scorse settimane, (potete leggere qui) con la requisitoria del pm Gabriele Paci al processo che vede imputato il boss castelvetranese, Matteo Messina Denaro, con l’accusa di essere il mandante delle Stragi di Capaci e Via d’Amelio.

"La provincia trapanese, dove tutto nasce" - Il territorio della provincia di Trapani è l'ambientazione dove tutto nasce, dove tutto si svolge. Ho insistito molto perché per tutto ciò che poi andremo spiegando è utile avere, come chiave di lettura di tutti i fenomeni che analizzeremo, non dico la sovrapposizione e la contiguità, ma lo strettissimo collegamento che esisteva, e esiste ancora ma che esisteva soprattutto al tempo, fra le famiglie trapanesi ed i corleonesi di Totò Riina.  Abbiamo parlato di Trapani e soprattutto di due mandamenti di Trapani: Mazara del Vallo e Castelvetrano. A Trapani città ci sono ancora i nostalgici dei Minore, e la zona di Castellammare è ancora la zona dove pullulano gli amici, i vecchi alleati dei Rimi e dei Buccellato. Quindi nel cuore di Rina ci sono questi due mandamenti. Lo ricordiamo, ancora, perché la geopolitica mafiosa serve sempre a collocare bene tutto nella casella dello scacchiere, e i mandamenti nel trapanese sono quattro: Mazara del Vallo, Castelvetrano, Alcamo e Trapani. Ho toccato anche il fatto che il pentito Giuffrè capo mandamento di Caccamo, l'uomo di Provenzano, suo consigliere principe, ha parlato di una sorta di cartina geopolitica al vertice di Cosa Nostra. C’è Riina capo indiscusso che divide o condivide parte di questa sua fortissima influenza con Provenzano. Quest’ultimo a sua volta ha un forte potere in alcune zone della Sicilia. Si radica nel centro e nella parte est dell'isola. Riina ha naturalmente le sue pedine su tutto il territorio regionale, però diciamo che pone le sue basi roccaforti, soprattutto nella zona del Trapanese oltre che nel palermitano.

I collaboratori di giustizia - Facciamo ora un salto in avanti e passiamo a verificare, che cosa di particolare hanno detto i vari collaboratori, in particolare Giovanni Brusca, Gioacchino La Barbera, Santino Di Matteo e a suo tempo, Balduccio Di Maggio. Perché scelgo questi e li indico questi come collaboratori che hanno dato un contributo in più rispetto agli altri, perché rispetto a collaboratori di prestigio, quali possono essere presente lo stesso Giuffrè o il Cangemi, che fu uno degli uomini fidati di Riina, reggente del mandamento di Porta Nuova. Quindi, nonostante questi avessero cariche ben più alte, questi che ho indicato, hanno avuto per varie vicissitudini, una presenza costante nel Trapanese. Vediamo qual è stata l'ingerenza di questi signori nel trapanese nel corso degli anni, e cominciamo con Balduccio Di Maggio. Per storicizzare il loro intervento, perché non è che questo intervento è iniziato con l'avvento dei corleonesi e terminato con l'arresto di Riina nel gennaio ’96.

 

 Balduccio Di Maggio - E’ il primo di tutta questa covata di collaboratori che inizia a collaborare nel gennaio del novantatre. Di Maggio è stato reggente del mandamento di San Giuseppe Jato e lo diventa in un momento particolare, nel momento in cui c'è un problema che riguarda la famiglia di Brusca, perché Bernardo sta male, è in carcere e il figlio Giovanni è al soggiorno obbligato a Linosa.
La faida dei rapinatori di Alcamo contro Cosa Nostra - Quindi Riina nomina Balduccio Di Maggio a reggere le sorti del mandamento. Tra le tante cose che fa e il Di Maggio, uomo di assoluta fiducia di Riina, c’è quella di andare a togliere le castagne dal fuoco agli “Alcamesi”, che intanto devono definire ancora i conti con qualche vecchio amico dei Rimi, che ancora sosta ad Alcamo e poi inizia una guerra feroce, una faida che contrappone Cosa Nostra alcamese, che a quel tempo fa capo a Vincenzo Milazzo, a un gruppo di pastori che, inizia a muovere guerra, covando il sogno folle di potere a scalzare Cosa Nostra e che viene, diciamo, indicato come gruppo dei Greco Pirrone.

Di Maggio protagonista della faida alcamese - Questi personaggi che muovono guerra a Cosa Nostra, fatto da giovani rapinatori, finisce tragicamente nel sangue. Uno degli autori di questa guerra è Balduccio Di Maggio che viene spesso a sparare ad Alcamo e nel contempo gli alcamesi vanno anche ad aiutare gli uomini di San Giuseppe Jato a compiere gli omicidi. Quindi Di Maggio viene spesso nel Trapanese e quindi ha la possibilità, in quanto tra l'altro in quel momento riveste la carica di reggente di un mandamento importante come quelle San Giuseppe, di comprendere quali siano gli equilibri all'interno di Cosa Nostra trapanese e quindi Di Maggio è uno di quelli più accreditati in quel momento - siamo negli anni ’89 – ’90 o meglio fino alla fine dell'89 - a comprendere quali siano le dinamiche interne a Cosa nostra trapanese e ne parleremo abbondantemente poi, nella sentenza “Alcamo”, nella quale sono riportati quei delitti commessi proprio a quel tempo da Matteo Messina Denaro e dal padre Francesco. Siamo ed è giusto collocarlo nel tempo nell'89 e che cosa succede nell'89, succede che torna Giovanni Brusca da Linosa e riprende la reggenza del mandamento di San Giuseppe Jato, facendo valere anche il titolo, diciamo, dinastico e scoppia così il contrasto fortissimo con Balduccio Di Maggio, al punto che Di Maggio sarà poi costretto ad abbandonare San Giuseppe e a trasferirsi altrove. Le conoscenza di Balduccio Di Maggio vengono datate in quel periodo.

Gioacchino La Barbera e Santino Di Matteo - Tutti e due vengono a sparare e sono autore di omicidi che si collegano alla faida di Alcamo di quegli anni, ma vengono anche in un periodo successivo. Gioacchino La Barbera è in contatto con Di Maggio ed è un altro dei soggetti che entra in contrasto con la famiglia Brusca e per questo motivo deve andar via dalla Sicilia anche lui. Gioacchino La Barbera ha esperienza diciamo di cose alcamesi nell' 89/90.

La Barbera partecipa alle strage di Capaci e alla faida, di Alcamo e di Marsala - Ritorna ad Altofonte, perché lui è uomo d'onore di Altofonte, che rientra nel mandamento di San Giuseppe. La Barbera sta fuori dalla Sicilia per due anni e poi torna, alla fine del novantuno, agli inizi del novantadue, quando Bagarella lo chiama perché ci sono cose importanti che bisogna fare. E quindi con l'autorizzazione di Leoluca Bagarella scende e parteciperà. Sarà uno degli autori della Strage di Capaci, ma non solo, parteciperà anche a una serie di omicidi che si commettono in quel periodo nella zona del Trapanese, in particolare all'omicidio Vincenzo Milazzo e poi alla guerra contro la faida che scoppia nell'aprile novantadue a Marsala contro il gruppo Zichittella. Quindi le conoscenze che ha e i riferimenti che farà Gioacchino la Barbera sono i riferimenti di un uomo che ha sparato, che è anche stato killer per conto di Riina nella guerra contro i Greco nell'ottantanove, e poi nella successiva faida che esplode virulenta nell'aprile del novantadue contro il gruppo Zichittella e in mezzo c'è l'omicidio di Vincenzo Milazzo e della fidanzata Antonella Bonomo, al quale parteciperà, addirittura a sotterrare i cadaveri.

Il terzo personaggio chiave tra i collaboratori è Santino Di Matteo - Questi ha meno conoscenze degli altri, perché aveva avuto un ruolo diciamo meramente esecutivo, però è soggetto che anche lui nell'ottantanove/novanta è impegnato in quel gruppo palermitano che viene in ausilio degli alcamesi nella guerra di Alcamo, e, soprattutto, è il proprietario di un terreno in cui si riunisce nel periodo pre stragista e post stragista, tutta la nomenclatura di Cosa Nostra. Quindi, da Brusca a Bagarella ai Graviano a Matteo Messina Denaro, le decisioni importanti che si prendono in quel periodo si prendono in contra Di Bottone, pure se lui non partecipa a queste riunioni è comunque sia in grado di vedere i movimenti di persone che vengono a riunirsi presso il suo terreno, presso la sua proprietà.

Continua...