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26/08/2020 06:00:00

Le ragioni del No al Referendum sul taglio dei parlamentari

 Il Parlamento italiano ha un costo per il Paese. Se sono accorti tutti, più di altri a cavalcare il vento populista contro la casta è il Movimento Cinque Stelle, che nel frattempo ha abolito il vincolo dei due mandati, che alla scatoletta di tonno ha preferito il tonno.

Contro la casta, i pentastellati iniziano così la loro carriera politica, fanno incetta di consensi, arrivano a percentuali importanti, governano. Nel frattempo gli elettori non si sono accorti che il vento che soffiava sul fuoco del populismo è diventato esso stesso casta, si è nutrito di potere, si è asservito al potere e da lì non si muove.

In loro la propaganda non cessa, per questo invitano gli elettori a recarsi alle urne a settembre per votare SI al referendum che prevede la diminuzione dei parlamentari.

Un attacco alla democrazia e alla vita partecipata dei territori, che spacciano per risparmio di denaro pubblico.
Il risparmio di questo taglio è vergognoso, non incide per nulla sul risparmio delle casse. Parliamo di un cappuccino all’anno per ogni italiano.

Magari i cittadini sarebbero anche contenti di pagare lauti stipendi ai parlamentari se tra quei banchi ci fosse meritocrazia, capacità e competenza, senza andare poi alla ricerca di esperti esterni che vengono, giustamente, pagati benissimo.

Se dovesse passare il SI quanti deputati e senatori in meno ci sarebbero? 230 i deputati, 115 i senatori, totale 435 parlamentari in meno. Perché tagliare i parlamentari che rappresentano i territori e, quindi, portatori di istanze e di democrazia e non tagliare tutto il codazzo di assistenti, che affollano gli uffici anche solo per portare un fazzolettino? Il costo di questi assistenti grava sulle casse nazionali e ammonta ad un cifra considerevole: 350 milioni di euro l’anno, spese che resteranno comunque a carico dei contribuenti. Tagliare i parlamentari equivale a un risparmio annuo di 65,4 milioni di euro mentre si tengono attive tutte le voci degli assistenti.

Oltre alla spesa pubblica c’è l’aspetto fondamentale della rappresentanza, molti territori resterebbero senza una carica elettiva e la distribuzione dei tagli non sarà uguale per tutto il territorio dell’Italia, con la naturale conseguenza che i partiti piccoli non troveranno collocazione e avranno minato il diritto ad esserci e a rappresentare i loro tesserati ed attivisti.
Ci sarà con il taglio dei parlamentari una maggiore efficienza dei due rami del Parlamento?
Assolutamente no. Tra lavori di commissione e agenda di governo sarà difficile che qualcosa possa essere snellito.

A sostenere convintamente le ragioni del NO, al referendum che si terrà il 20 e 21 settembre, è Dario Safina, dirigente regionale del Pd e attuale assessore a Trapani.

Una lettera aperta in cui Safina spiega perché voterà NO, perché è importante che si vada a votare tutelando la democrazia partecipativa: “Della mia esperienza politica ricordo tutto, ogni passaggio, ogni istante. Nulla è andato perso e ogni cosa mi è servita per maturare come uomo, professionista e dirigente politico. Uno dei momenti di maggior impegno ed in qualche modo travaglio è certamente stato il 2007, l’anno di fondazione del Partito Democratico. Ero segretario Provinciale del Democratici di Sinistra e partecipai alla cancellazione di un simbolo, per portarne la storia, le trazioni e le aspirazioni di cambiamento in una casa più grande, il Partito Democratico, appunto.
Rammento che le discussioni che animavano quei momenti partivano dalla considerazione che la sinistra - da sola - non avrebbe potuto assicurare quei mutamenti nei rapporti economici e sociali, necessari ad uno sviluppo equo e solidale del Paese e dell’Europa.

Da ciò la necessita di amalgamare le culture cattoliche democratiche, socialiste, laico repubblicane e della sinistra riformista in un grande Partito che sapesse cogliere i complessi bisogni del Paese, mettendoli a sistema, ridisegnando un nuovo e moderno concetto di solidarietà. Qualcuno più di recente e certamente più autorevole di me ha scritto di una nuova via del socialismo.

Tutto ciò, ovviamente, necessitava e ancora necessita della costruzione di un nuovo rapporto con la società, della creazione di un nuovo clima di fiducia tra le classi dirigenti ed i cittadini (invito a rileggere il dibattito sulle *elìte* della scorsa estate sul La Repubblica , ma non solo). Ebbene, in questo campo, purtroppo ho constatato come il PD, seppure ha governato più che dignitosamente (le riforme sui diritti civili, alcuni interventi in materia economica etc) - per ricostruire un rapporto con la società non si è affidato a coraggiose scelte politiche ma ad alcune scorciatoie e ciò per inseguire i populismi nella ricerca di un facile consenso.

Come dimenticare il dibattito sull’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti, che a mio avviso rappresenta, gestendolo con serietà e senza degenerazioni, una delle chiavi di volta per allargare le classi dirigenti e consentire al Paese di godere di una democrazia meno oligarchica (del resto la democrazia è pur sempre una forma di oligarchia - la migliore conosciuta).
Cosa ha fatto il PD: ha addirittura proposto ed inserito nel programma di un governo a sua guida e poi votato a favore dell’abolizione del finanziamento pubblico. Mai, secondo il mio parere avremmo dovuto farlo, avremmo piuttosto dovuto proporre un’ambiziosa riforma dello stesso, affinché la democrazia e la partecipazione fossero garantite.
Ora, lo stesso sta avvenendo con il referendum costituzionale.
In tanti con serena responsabile consapevolezza ci stiamo accingendo a votare <Si>, convinti che questa scorciatoia ci consentirà di far crescere il nostro consenso tra i cittadini. Probabilmente, nel breve periodo avverrà ma ciò non ricostruirà quel necessario rapporto di fiducia tra le classe dirigenti ed il popolo. Per questo è necessaria la <Politica>, il coraggio di scelte ambiziose, che siano in grado di portare il Paese, nella sua interezza ad una crescita solidale e duratura. Lotta agli sprechi, investimenti (anche a debito) produttivi di ricchezza stabile, nuove politiche redistributive etc...
Se non colmeremo questi vuoti, ed ho la presunzione di affermare che solo noi possiamo farlo, superato il breve periodo saremo travolti dai populismi e dai populisti.

Dobbiamo avere il coraggio di affermare che la democrazia rappresentativa non è un costo ma uno strumento di difesa deivalori costituzionali ed anche delle legittime aspirazioni dei territori. Con il taglio dei parlamentari non si riducono i costi, si recide, invece, il rapporto tra i cittadini e le istituzioni.
Per queste ragioni, nonostante alle Camere i gruppi parlamentari abbiano già votato a favore del taglio degli eletti, al Referendum confermativo voterò ed inviterò a votare <<No>>
”.

Rossana Titone