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29/09/2020 06:44:00

L'urlo dei parenti dei pescatori di Mazara: "Siamo disperati, fate qualcosa"

 "Siamo disperati, fate qualcosa". E' il drammatico appello dei familiari dei pescatori di Mazara del Vallo, che da un mese sono sequestrati in Libia. 

“Dove sono il signor Conte e il signor Di Maio, se fossero stati i loro figli si sarebbero mossi più velocemente ma noi siamo da una settimana qui a chiedere un intervento che non sia quello di un portavoce”. A lanciare l’appello è la signora Rosa uno dei familiari dei pescatori dal primo settembre rinchiusi nel carcere libico di El Quefia a 15 chilometri dopo che i loro die pescherecci in acque internazionali erano stati sequestrati con l’accusa di droga a bordo.

La richiesta del governo libico è lo scambio con 14 libici condannati a 30 anni detenuti con l’accusa di essere gli scafisti della strage di ferragosto in cui morirono 49 migranti per un incendio.

Pochi giorni prima del sequestro dei pescherecci i ministri Di Maio e Lamorgese avevano avuto un incontro con il governo libico per arginare il fenomeno degli sbarchi dei migranti a Lampedusa.

Anche in Sicilia, a Mazara due giorni fa erano scesi in piazza per protestare contro la lentezza di intervento da parte del Governo.

Il caso dei 18 marittimi italiani a bordo della Medinea e dell'Antartide, i due pescherecci fermati il primo settembre a 38 miglia nautiche da Bengasi, è passato dalla Guardia costiera alla giurisdizione della Procura militare libica.

Entro ottobre i pescatori di Mazara del Vallo compariranno davanti ad una corte militare per il processo. Lo ha dichiarato ad Agenzia Nova il generale Mohamed al Wershafani dell’ Esercito nazionale libico (LNA) guidato dal generale Khalifa Haftar.

Al momento nei confronti dei marittimi sarebbe stata formulata soltanto l'accusa di pesca non autorizzata nelle acque territoriali della parte di Libia sotto il controllo di Haftar. Non figura, invece, alcuna incriminazione per droga, come si temeva dopo le dichiarazioni della scorsa settimana del comandante della Medinea, Pietro Marrone, che in una telefonata con la madre aveva comunicato di essere stato trasferito in carcere assieme ai suoi compagni per il presunto ritrovamento di quantità di droga sulle imbarcazioni.
Successivamente erano comparse sui media locali alcune foto ritraenti dei panetti di sostanze stupefacenti schierate davanti alle imbarcazioni ormeggiate al molo di Bengasi. In seguito le autorità libiche avrebbero smentito ad Agenzia Nova questa eventualità.

I 18 marittimi dei pescherecci Antartide e Medinea, salpati da Mazara del Vallo, sono trattenuti dal primo settembre a Bengasi, dopo essere stati fermati dalla guardia costiera della libica. Inizialmente, a 38 miglia nautiche da Bengasi, le motovedette della guardia costiera di Haftar, hanno bloccato 4 pescherecci.

Mentre i rispettivi capitani venivano tradotti di una delle imbarcazioni libiche, due pescherecci sono riusciti a fuggire, mentre Antartide e Medinea, con 14 uomini in tutto, sono state catturate. Tra i 18 marittimi nelle mani delle autorità libiche ci sono otto cittadini italiani e dieci di nazionalità tunisina, filippina e senegalese.

Nel 2005 la Libia aveva dichiarato, in maniera unilaterale, come proprie le acque che si trovano sino a 74 miglia dalla costa. In seguito, dopo la caduta di Gheddafi e la ripresa dei traffici di esseri umani nel mar Mediterraneo, la zona era stata sovrapposta a quella di Search and Rescue, che dovrebbe essere pattugliata dalla guardia costiera libica.