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18/11/2020 06:00:00

Covid. Nacci, Cisl Medicina: “Anche in Sicilia i medici di base faranno i tamponi”

Luigi Nacci, non è solo presidente del Consiglio comunale di Erice, ma soprattutto è medico di medicina generale e responsabile regionale della Cisl Medicina Generale, in questi mesi siete molto impegnati. I medici sono coinvolti adesso in prima linea non solo per la cura del Covid a casa, c’è un protocollo in discussione, ma anche per la possibilità di fare i tamponi. In Sicilia c’è uno specifico accordo regionale?

Sì. Abbiamo firmato un accordo regionale con il quale veniamo coinvolti nell’effettuare i tamponi a chi è stato a contatto con i positivi al Coronavirus o ai sospetti contagiati. Questo coinvolgimento è importante, anche se manca ancora qualche piccolo accordo. Ad esempio se noi possiamo certificare che i positivi dopo 21 giorni dalla scomparsa dei sintomi si possono definire guariti e andare a lavoro. E’ un accordo importante firmato anche dalla Cisl.

Non tutti i medici però l’hanno presa bene.

Molti colleghi contestano alcuni punti dell’accordo. Il lavoro è abbastanza impegnativo in questi momenti.

Le attrezzature li fornirà la regione?

Noi agiremo sui nostri pazienti. Sui pazienti che sono stati a contatto o sospetti casi positivi faremo i tamponi. Ma anche con quelli positivi noi interagiamo con loro per telefono e cercare di capire se devono rimanere a casa se per complicanze devono andare in ospedale. Ci daranno tute, guanti, mascherine. Ci hanno lasciato liberi affinchè i medici possano scegliere di effettuare i tamponi presso i locali messi a disposizione dall’Asp, oppure presso il proprio studio con tutte le protezioni del caso. Ma ci devono dare protezioni serie perchè solo con mascherine non facciamo tamponi.

Un altro fronte aperto è quello delle cure domiciliari. C’è una bozza di protocollo. Vi coinvolge a livello regionale?

No. Io ho partecipato alla firma dell’accordo. Ma non si parla di cure domiciliari, io non sono obbligato ad andare a casa del paziente. Le cure domiciliari vengono affidate all’Usca, e devono riuscire ad interagire insieme a noi con i pazienti. Bisogna vedere se questo accordo si può modificare per far sì che noi possiamo certificare nel caso in cui i pazienti, superati 21 giorni senza sintomi, possano uscire da casa. Ci stiamo lavorando.

Ci sono aspetti burocratici certamente da rivedere, e per i quali basterebbe poco.

Ho sentito un dirigente regionale, affronteranno il problema, e prenderanno spunto anche da altre parti d’Italia.

Il medico di base ha il polso della situazione. Potete capire, ad esempio, se ci sono focolai, se c’è una cura in particolare da assumere o evitare.

La prima persona che viene contattata da un malato è il medico di base. Perchè se una persona ha febbre diciamo subito di stare a casa e allertiamo il dipartimento e l’Usca che va a casa del paziente. Questa potrebbe essere una criticità, perchè se il paziente è positivo con sintomi il tampone si fa subito, se non ha sintomi resta a casa e il tampone si deve fare intorno al decimo giorno. Devo dire una cosa ai cittadini. Che se avete un dubbio, che siete stati a contatto con un positivo, il tampone fatelo verso il decimo giorno, inutile farlo al secondo o al terzo giorno. E neanche fare il tampone per gioco, non esiste.

Quante persone la chiamano convinte di aver preso il Covid19? Perchè la suggestione fa tanto.

Mi arrivano circa 30 40 telefonate al giorno. Noi dobbiamo scremare, perchè il contatto non diretto non è soggetto a tampone. Molti pazienti vanno a fare tamponi privatamente, ma bisogna capire quando bisogna fare il tampone.