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31/01/2021 06:00:00

Caso Arata-Nicastri, Miccichè e Pierobon testimoni nel processo per le tangenti sul biometano

Al processo in corso a Palermo, scaturito dalla vicenda Arata-Nicastri, il prossimo 9 febbraio saranno chiamati a testimoniare il presidente dell’Ars Gianfranco Miccichè e l’assessore all’Energia Alberto Pierobon.

Sul banco degli imputati per corruzione, autoriciclaggio e intestazione fittizia di beni ci sono il faccendiere ex consulente della Lega Paolo Arata, il figlio Francesco Paolo, il dirigente regionale Alberto Tinnirello e l'imprenditore milanese Antonello Barbieri.

Il processo, celebrato con rito ordinario davanti alla quarta sezione del tribunale di Palermo, nasce da un’inchiesta della Dda di Palermo su un giro di tangenti alla Regione che avrebbero favorito Nicastri e il suo presunto socio occulto Arata nell’ottenere autorizzazioni per affari nell’eolico e nel bio-metano. Ai regionali corrotti sarebbero andate mazzette dagli 11 mila ai 115 mila euro.

L’inchiesta Arata-Nicastri - L’inchiesta portò in carcere l’imprenditore e re dell’Eolico Vito Nicastri, al quale nel 2015 la Dia ha confiscato beni per 1,3 miliardi di euro. Nel 2018 l'imprenditore, che ha fatto una fortuna con le energie alternative, fu arrestato per aver finanziato la latitanza di Matteo Messina Denaro e per questo fu condannato in primo grado a 9 anni di reclusione. 10 giorni fa è stato assolto però dalla Corte d’Appello di Palermo dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. Nella vicenda Arata che ha patteggiato una condanna a due anni e 10 mesi sempre per corruzione e intestazione fittizia di beni, il figlio Manlio, che rispondeva degli stessi reati, ha patteggiato a due anni.

Paolo Arata

Tangenti per due impianti di Biometano a Francoforte e Calatafimi – Sono le tangenti che sarebbero state pagate per avere le autorizzazioni per la realizzazione di due impianti di biometano a Francoforte e Calatafimi, al centro del processo. Nelle settimane scorse nel corso delle ultime udienze è stato ascoltato il dirigente regionale Salvatore Cocina, che ha diretto per tanti anni il Dipartimento Acqua e Rifiuti alla Regione. Cocina ha raccontato in aula che gli era stato sottoposto, per l’autorizzazione, il progetto di costruzione di un impianto di biometano che avrebbero voluto realizzare Arata e Nicastri in Sicilia.

La testimonianza di Cocina - «Era un’opera che non mi convinceva - ha detto Cocina - perché dietro all’impianto di bio-metano a mio avviso si nascondeva il tentativo di realizzare un termovalorizzatore: una parte dei rifiuti infatti sarebbero stati bruciati. Perciò mi opposi». Secondo quanto ipotizzato dagli inquirenti Arata non si sarebbe fermato nei suoi intenti davanti al no di Cocina e avrebbe fatto pressioni facendo riferimenti ai suoi rapporti politici e al ruolo di capo dell’Autorità di regolazione per energia, reti e ambienti (Arera) che stava per ricoprire (la nomina poi non ci fu). Secondo la testimonianza di Cocina, inoltre, avrebbero sollecitato il funzionario a definire il procedimento anche il presidente dell’Ars Gianfranco Miccichè e l’assessore regionale al ramo Alberto Pierobon che, ora saranno chiamati a testimoniare e che sulla vicenda erano stati ascoltati dalla presidente della commissione Antimafia, Claudio Fava, a luglio 2019.

Miccichè-Pierobon - Miccichè ha ammesso di aver incontrato Arata, che è stato suo collega deputato negli anni novanta, e che voleva incontrare l'assessore Pierobon. Miccichè, ha detto inoltre che l'assessore alle attività produttive Mimmo Turano gli avrebbe sconsigliato di avere a che fare con Arata. Un consiglio apprezzato da Miccichè che dopo l'arresto di Arata e Nicastri ha ringraziato l'assessore. Non proprio la stessa reazione di Pierobon, che in commissione ha detto che nessuno lo aveva avvisato del tipo che poteva essere Arata, con una stoccata al collega di giunta per la disparità di trattamento.
Pierobon dal canto suo davanti alla commissione antimafia ha escluso - di avere incontrato Arata con Cocina e Micciché e non ricorda “se, quando Micciché è venuto a trovarmi, abbiamo incontrato nei corridoi Cocina e Arata”. Nessun favoritismo, nessuna corsia preferenziale per Arata, ha detto Pierobon.

Altro filone d'inchiesta, l'ex sottosegretario Siri e l'intercettazione - Altro filone dell’inchiesta, che vede indagati Arata e l’ex sottosegretario leghista Armando Siri, per una mazzetta da 30 mila euro, il prezzo di un emendamento che alla fine del 2018 avrebbe dovuto aprire nuovi finanziamenti per gli affari sull’eolico con Vito Nicastri. Di quella mazzetta Arata parlò al figlio Francesco e al figlio del “re” dell’eolico nel settembre scorso:
«Io nel 2015 ho dato trecentomila euro a tuo papà, basandomi su un rapporto di fiducia, ed è stato il più grande errore della mia vita era dicembre 2015 quando io vi ho dato i soldi. Siamo arrivati, dove siamo arrivati perché tuo papà, io venivo qua e gli dicevo: ma scusa Vito...: ah no, non me ne occupo... ma come non te ne occupi, io ti ho pagato e non te ne occupi?». E’ questa l’intercettazione in cui Paolo Arata, parla rivolgendosi a Manlio Nicastri, il figlio dell’imprenditore Vito. Il fascicolo in quel caso è passato per competenza territoriale nella Capitale: dopo la notizia dell’inchiesta, il presidente del Consiglio Conte ha dimissionato Siri, che non intendeva farsi da parte. Arata e Siri avevano rapporti strettissimi:  era stato proprio Arata (ex deputato di Forza Italia passato alla Lega) a sponsorizzare la nomina del sottosegreario. Per Siri la Procura di Roma ha chiesto il rinvio a giudizio.

Nuovo arresto, in manette un altro funzionario regionale – E nelle settimane scorse la Direzione Investigativa Antimafia ha eseguito un provvedimento di custodia cautelare agli arresti domiciliari, emesso dal gip del Tribunale di Palermo, nei confronti di Marcello Asciutto, 58enne, funzionario della Regione Siciliana, accusato di corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio.

L'attività di indagine, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo, ha accertato che il pubblico ufficiale, in cambio di informazioni sullo stato di alcune pratiche amministrative, della predisposizione di provvedimenti autorizzativi e del rilascio di pareri favorevoli illegittimi, avrebbe incassato 30mila euro. I progetti che il funzionario avrebbe "spinto" erano relativi alla costruzione e all'esercizio degli impianti di biotemetano di Franconfonte e Calatafimi - Segesta, proposti dalla cordata imprenditoriale guidata da Francesco Paolo Arata, faccendiere vicino alla Lega, già arrestato e processato e Vito Nicastri, imprenditore condannato per aver finanziato la latitanza del boss Matteo Messina Denaro. Il passaggio di denaro sarebbe avvenuto tramite Giacomo Causarano, dipendente dell'Assessorato Regionale dell'Energia e dei Servizi Di Pubblica Utilità della Regione Siciliana già indagato e processato.