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10/07/2021 06:00:00

Caso Denise. Jessica Pulizzi, Anna Corona, Gaspare Ghaleb. Cosa è successo al processo

Denise Pipitone è scomparsa da Mazara del Vallo il primo settembre 2004. Non aveva ancora compiuto 4 anni quando di lei si sono perse completamente le tracce. E 17 anni dopo la sua scomparsa e le nuove rivelazioni e dichiarazioni che stanno venendo fuori in queste settimane hanno fatto tornare il caso alla ribalta.


“Supertestimoni”, lettere anonime, avvistamenti. Ex magistrati indagati, interrogatori.


Ogni giorno c’è un nuovo retroscena che porta indietro nel tempo,
nel tentativo di trovare una chiave, definitiva, dello scrigno in cui è custodita la verità sulla scomparsa di Denise.


In questi mesi è successo di tutto attorno al caso della scomparsa di Denise Pipitone.
La farsa della tv russa, le lettere anonime, le rivelazioni dell’ex pm Angioni (ora indagata per false dichiarazioni), avvistamenti qua e là per il mondo. E poi sono tornate loro in primo piano, Anna Corona e Jessica Pulizzi, ex moglie e figlia di Piero Pulizzi, il padre biologico della bambina nata da una relazione extraconiugale tra l’uomo e Piera Maggio. C’è stata anche una perquisizione nella casa in cui abitava Anna Corona.

Non sono stati pochi i sospetti, ritornati, su Anna Corona e la figlia Jessica Pulizzi, prospettati in ogni trasmissione televisiva. Ma molte delle cose dette e ipotizzate in questi mesi erano state già vagliate durante il processo in cui era imputata Jessica Pulizzi. Piaccia o non piaccia, Jessica Pulizzi, nonostante le indagini e le intercettazioni, accusata di aver rapito e fatto scomparire Denise, è stata assolta. E’ il processo che si è celebrato in primo grado al tribunale di Marsala e che si è concluso con l’assoluzione della ragazza nel 2013. Confermata due anni dopo in Appello. E nel 2017 la Cassazione conferma il proscioglimento di Pulizzi scrivendo nelle motivazioni che la «sorte» di Denise Pipitone «è tuttora sconosciuta». Solo qualche indizio ma nessuna prova, del coinvolgimento nel sequestro della piccola , a carico della sorellastra Jessica Pulizzi.


In questi giorni è stato interrogato come “testimone assistito” Gaspare Ghaleb,
ex fidanzato di Jessica Pulizzi, condannato in primo grado, in quello stesso processo, per le false dichiarazioni rese dopo la scomparsa di Denise (in appello intervenne la prescrizione).
La Procura di Marsala è tornata a scandagliare quelle che per gli investigatori erano state le bugie di Ghaleb. C’era anche lui, assieme a Jessica e alla madre, Anna Corona, in commissariato quando la polizia avviò le indagini e iniziò a convocare coloro che potevano avere informazioni su Denise.

E’ utile, in un momento molto confuso, ripercorrere alcuni punti di quel processo che sono emersi in questi mesi, attraverso le motivazioni della sentenza di primo grado, per capire perchè Jessica Pulizzi, oggi tirata in ballo molte volte, insieme alla mamma Anna Corona, sia stata assolta. E chi sia e perchè è stato condannato Gaspare Ghaleb per false dichiarazioni.

CHI E’ JESSICA PULIZZI
Jessica Pulizzi è la sorellastra di Denise. E’ figlia di Anna Corona e Piero Pulizzi con il quale per anni Piera Maggio ha avuto una relazione extraconiugale dalla quale è nata Denise. Oggi Piera Maggio e Piero Pulizzi sono sposati. Jessica Pulizzi quando Denise è scomparsa aveva 17 anni. Secondo quanto ricostruito dalle indagini da tempo era venuta a conoscenza che il padre e Piera Maggio avevano una relazione dalla quale è nata poi la bambina scomparsa. Una vicenda che ha generato in Jessica un sentimento di forte rabbia nei confronti non solo del padre ma anche di Piera e della piccola Denise.

 

TRE PUNTI PER I GIUDICI
Sono tre gli aspetti che hanno tenuto in considerazione i giudici nel valutare se Denise Pipitone sia stata rapita da Jessica Pulizzi.
Il movente del delitto, costituito dal sentimento di rancore maturato dall’imputata nei confronti del padre Pietro Pulizzi e di Pietra Maggio. Le false dichiarazioni rese da Jessica Pulizzi agli investigatori -i due giorni successivi alla sparizione di Denise - quando fu
sentita nella qualità di “persona informata sui fatti”. La conversazione captata all’interno del commissariato nel corso della quale l’imputata, forse, rivelò alla madre alcune fasi del delitto.

 

IL RISENTIMENTO DI JESSICA PULIZZI
Jessica Pulizzi nutriva un forte odio e risentimento nei confronti di Piera Maggio e della piccola Denise per il fallimento del matrimonio tra i suoi genitori. Non sono pochi gli episodi raccontati dalla stessa Piera Maggio con protagonista Jessica Pulizzi, dagli insulti per strada, alle occhiatacce alla piccola Denise, i pedinamenti, il taglio delle gomme dell’auto di Piera Maggio E poi l’incendio del negozio in cui lavorava Piera Maggio. Su quest’ultimo episodio non è mai stato provato un diretto coinvolgimento di Jessica Pulizzi. Secondo l’accusa era questo il movente che avrebbe spinto Jessica a far sparire Denise, il forte risentimento nei suoi confronti, il frutto del tradimento del padre alla madre. Per i giudici però non basta per condannare Jessica Pulizzi. “I comportamenti tenuti dall’imputata prima della scomparsa di Denise, pur espressivi di un forte risentimento, non appaiano indicativi di un singolare ed anomalo stato emozionale o di una peculiare inclinazione a delinquere quanto, piuttosto, il frutto “plausibile” della complessa situazione familiare nella quale la ragazza era inserita fin dalla prima adolescenza” scrivono i giudici. Inoltre “il mancato rinvenimento di Denise ha impedito l’individuazione di un qualche dato dal quale trarre le ragioni oggettive dell’azione delittuosa, tale da consentire un collegamento tra i sentimenti dell’imputata e la sparizione di Denise”.

 

L’INTERCETTAZIONE IN COMMISSARIATO
Anna Corona e Jessica Pulizzi le ore successive alla scomparsa di Denise vengono portate in commissariato. Lì le cimici ascoltano i loro dialoghi. E in particolare c’è una frase che ha fatto ritenere Jessica coinvolta nella sparizione di Denise. Mamma e figlia parlano della ipotesi che la bimba fosse figlia di Piero Pulizzi. Jessica inizia a ragionare sulla sua somiglianza con la piccola. Poi dice una frase. “Quannu ero cu Alice… pigghiai e a casa c’ha purtà (Quando ero con Alice ho preso e a casa gliel’ho portata)”. Sono dialoghi che non sono stati compresi bene dai periti. Le intercettazioni 17 anni fa non erano accurate come adesso. Per molti è una “confessione”. I giudici rilevano, invece, “la debolezza probatoria, essendo rimasto intrinsecamente dubbio il significato dell’espressione utilizzata
dall’imputata. Sotto questo profilo, tale dato avrebbe potuto costituire al più un elemento di conforto, neppure particolarmente significativo poiché irrimediabilmente incerto, ad un ragionamento probatorio fondato su ben più corposi e solidi elementi indiziari”.

A CASA DI ANNA CORONA
Nelle ore successive alla sparizione di Denise due poliziotti vanno a casa di Anna Corona. Si parla di perquisizione in cerca di Denise, e del raggiro di Corona che avrebbe fatto accomodare i poliziotti nell’abitazione della vicina.
La circostanza viene esaminata dopo tanti anni, e anche i ricordi degli stessi poliziotti sono vaghi. Viene fuori, dal processo, un nulla di fatto. E’ un elemento che è tornato alla ribalta anche in questi mesi di talk show. Sintetizzando, nel processo emerge una circostanza molto poco chiara. Sembrerebbe che i poliziotti arrivati a casa Corona prima abbiano parlato nell’androne e poi nella casa della vicina. Quella visita, però, non sarebbe stata indirizzata alla ricerca di Denise, ma i poliziotti cercavano Pietro Pulizzi. Si sarebbe svolto tutto con molta superficialità, e il quadro emerso dopo anni non è limpido, come non sono stati limpidi i ricordi delle persone coinvolte, tra cui i poliziotti.

 

GLI SPOSTAMENTI DI ANNA CORONA
Nel processo, anche se non è imputata Anna Corona, viene esaminata l’ipotesi di un suo spostamento fuori Mazara del Vallo la notte successiva alla scomparsa di Denise. Secondo i tabulati telefonici il suo telefono alle 6 del mattino successivo alla scomparsa della bambina viene registrato nelle celle di Trapani, San Vito, Carini. Il tutto nel giro di pochi minuti. Al processo vengono sentiti i consulenti tecnici per capire l’attendibilità di questo sistema di rilevamento del telefono cellulare. Ma la localizzazione del telefono di Anna Corona era stata definita inaffidabile, in quanto anche nei giorni successivi il telefono era stato registrato in altre località, quando invece si sarebbe trovata a Mazara del Vallo.

ANNA CORONA E LA FIDANZATA DEL COMMISSARIO
Si è parlato in queste settimane anche delle telefonate e del rapporto di amicizia tra Anna Corona e una donna, Stefania, fidanzata all’epoca, con un commissario di polizia che stava seguendo le indagini sulla sparizione di Denise. Anche questi elementi sono stati trattati nel corso del processo. Nelle settimane a cavallo della scomparsa di Denise sarebbero state tante le telefonate e i contatti telefonici tra Anna Corona e la signora Stefania. Secondo il consulente della procura Gioacchino Genchi, le due donne sarebbero state consapevoli che erano intercettate e avrebbero smesso di sentirsi. Per i giudici, però, si tratta di una
“anomalia” che, come posto in luce dallo stesso consulente tecnico Genchi, può ragionevolmente spiegarsi con l’intenzione di Stefania di prendere le distanze con l’amica finita nell’occhio del ciclone, anche perchè c’era la relazione con il poliziotto. Per i giudici, inoltre, la vicenda non è riferibile all’imputata (ma alla madre) e neanche inerente al delitto (ma alle indagini sul delitto), e pertanto “deve ritenersi irrilevante”.

LE FALSE DICHIARAZIONI DI GASPARE GHALEB
L’ex fidanzato di Jessica Pulizzi viene sentito dagli investigatori nei momenti successivi alla sparizione di Denise. Ma si scoprirà che alcune cose dette circa la sua collocazione la mattina della scomparsa della bambina non erano vere.

Scrive il giudice che “fermo restando che non si ravvisano elementi per ritenere con certezza la falsità delle altre dichiarazioni del Ghaleb sui rapporti con Jessica Pulizzi; confidenze ricevute sul sequestro; spostamenti di Jessica Pulizzi, deve comunque reputarsi non corrispondente al vero quanto egli affermò in sede d’indagine in ordine alla sua collocazione nel corso di quella mattina”. Dichiarazioni infatti smentite da altre persone, come suoi familiari. Ghaleb, reiterando le false dichiarazioni rese nei primi momenti della sparizione di Denise rendeva più difficoltosa l’attività d’indagine - in un contesto, peraltro, nel quale la velocità d’azione degli inquirenti poteva risultare particolarmente proficua per il ritrovamento di Denise Pipitone. La sentenza per lui è di condanna, in primo grado, a 2 anni di reclusione, poi cancellata dall’intervenuta prescrizione nel processo d’Appello.

 

 


Jessica Pulizzi viene assolta. Le prove sono solo indiziarie, e ci sono molte ambiguità nelle testimonianze raccolte. Il giudice scrive, infatti, che “pur in presenza di un valido movente, la povertà del quadro probatorio non consente di spingersi oltre nella valutazione complessiva
dei due elementi ai quali si è riconosciuta una qualche valenza indiziaria. Ed allora, conclusivamente, il quadro istruttorio deve considerarsi altamente insufficiente a dimostrare la colpevolezza dell’imputata sulla base della regola probatoria dell’ “oltre ogni ragionevole dubbio””. E “dubbio” è proprio la parola che persegue da 17 anni tutta questa vicenda. Il dubbio che qualcosa sia andato storto nelle prime fasi d’indagine, il dubbio sulle dichiarazioni rese da tutte le persone sentite in questi anni.

In questi mesi si stanno ripercorrendo molti aspetti già affrontato in un processo molto insidioso, e doloroso. Aspetti che ancora oggi  lasciano spazio a ipotesi però non supportate da prove.