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06/06/2022 06:00:00

Protezione più vicina per Marcello Fondacaro, il pentito del "sistema" Giammarinaro

 E’ più vicina l’ammissione al programma di protezione per il collaboratore di giustizia Marcello Fondacaro. Nelle settimane scorse il Tar del Lazio ha sospeso il provvedimento del Ministero dell’Interno che stoppava per Fondacaro e i suoi familiari la concessione dell’accesso al programma di protezione e la sospensione di quello provvisorio cui erano sottoposti.

Fondacaro che ha fatto luce sulle cosche e gli organigrammi della ‘ndrangheta dei Piromalli-Molè di Gioia Tauro, dei Bellocco di Rosarno e i Mancuso di Limbaldi e le commistioni dell’imprenditoria e della politica con la criminalità organizzata.
L'imprenditore era sotto il programma di protezione già dal 2016, poi, però, nel 2019 a causa di alcune violazione che gli venivano contestate gli venne revocato. Nel dicembre dello stesso anno, le procure distrettuali Reggio Calabria e Catanzaro e le Dna chiesero e ottenuto, vista la volontà di Fondacaro di continuare a collaborare, l’inserimento in un piano provvisorio di protezione. Il Ministero dell’Interno, si è però espresso negativamente, nello specifico la commissione per la definizione e applicazione delle misure speciali di protezione. Per il Viminale Fondacaro avrebbe riportato le sue ultime rivelazioni tardivamente, violando la norma che impone di riferire ogni notizia in possesso entro 180 giorni dalla decisione di collaborare. Per il Ministero inoltre Fondacaro avrebbe commesso anche un’altra violazione. Avrebbe continuato a gestire le sue aziende in ambito sanitario, rifiutandosi di nominare un amministratore. La decisione sul ricorso verrà presa nell’udienza fissata a dicembre.

“Una sanità trapanese in mano alla mafia”. Nei verbali del collaboratore di giustizia Marcello Fondacaro, un colletto bianco di Gioia Tauro vicino alla ndrina dei Piromalli-Molè, emerge come la sanità trapanese sia stata da sempre nelle mani della mafia. Fondacaro ha riferito tanto e mostrato di sapere un sacco di cose sulla Sicilia e sulla provincia di Trapani in particolare. Cose che sono emerse negli anni scorsi in occasione del procedimento penale per l’applicazione della sorveglianza speciale e la confisca dei beni a carico di Pino Giammarinaro, ex deputato regionale della Dc e per decenni punto di riferimento politico in buona parte della Sicilia occidentale, fino alla sponsorizzazione della candidatura di Vittorio Sgarbi a Salemi.

Fondacaro, come Giammarinaro - Prima di divenire collaboratore di giustizia Fondacaro si è sempre mosso tra cliniche e laboratori. Anche lui, come il re della sanità del trapanese, trascorre un periodo di latitanza (due mesi) ed è sorvegliato speciale per due anni, a causa di un decreto del Tribunale che lo qualifica come un “medico disponibile” per le esigenze della cosca Molè. Secondo l’accusa, avrebbe eluso, con l’aiuto di prestanome, eventuali misure di prevenzione patrimoniali.
Nel 2013 subisce una confisca da 30 milioni di euro da parte della Dia di Reggio Calabria, in seguito ad una condanna a 7 anni per associazione mafiosa, confermata in Appello nel 2011. Si tratta di quote in cinque società a Roma, Ardea e Mazara del Vallo e due nel settore immobiliare ed edilizio ; 22.000 metri quadri di terreno edificabile in zone di rilevante interesse turistico e altri appezzamenti ad Ardea; quattro appartamenti, un box, un’automobile e disponibilità finanziarie aziendali e personali.

Fondacaro racconta il sistema Giammarinaro e le sue connessioni con la mafia. Nomi, cognomi e circostanze che coprono un periodo di tempo abbastanza ampio, dai primi del 1990 fino a pochi anni fa. Il collaboratore di giustizia sa molte cose sulla sanità in Sicilia. Ha sposato una mazarese, Rosaria Giacalone (anche lei medico), che lo porta a frequentare la provincia di Trapani già dal 1984. Si erano conosciuti a Roma, dove entrambi studiavano e dove inizialmente hanno abitato fino al 1990. Durante la prima gravidanza, si trasferiscono a Mazara del Vallo, avendo la possibilità di poter abitare in un appartamento proprio sopra la casa dei genitori di lei. Dopo la nascita della figlia, nel ’91, la moglie manifesta il desiderio di fare qualcosa nell’ ambito dei laboratori d’analisi convenzionati e, dato che aveva fatto una scuola di specializzazione in Igiene a Roma, Fondacaro trova un laboratorio da acquistare: quello del dottor Alfredo Amabili, dal quale acquista soprattutto la convenzione, che all’epoca non veniva concessa alla struttura, ma al titolare.
Avrebbe fatto però i conti senza l’oste: Pino Giammarinaro. Il quale, secondo le deposizioni di Fondacaro, gli avrebbe detto: “Tu vieni a Mazara del Vallo e non chiedi il permesso prima di comprare una cosa, non sai se interessa a qualcun altro”.

Il racconto sull'ambulatorio di analisi - "Quando ho capito come stavano le cose – racconta il pentito - ho detto: ‘Va bene, se vi interessa ve lo cedo subito’. E Giovanni gentile disse: ‘Adesso no, più in là lo rileveremo noi’. Infatti fui autorizzato ad aprire un altro laboratorio sempre dal medico provinciale (Giovanni Gentile), da Pino Giammarinaro e da Totò Cuffaro, perché allora era il direttore medico dell’Ispettorato alla Sanità della Regione Siciliana, insieme a Nino Dina che fece i controlli e fece le varie autorizzazioni, fu autorizzato il trasferimento e l’acquisto del laboratorio A.C.C. diverso dal laboratorio Amabili; quello Amabili l’ho venduto, dopo tanti anni l’ho venduto dopo il ’99. Esattamente, sì, nel 2000 l’ho venduto al Gucciardi, medico anche lui che lavorava prima alla Asl di Trapani, trasferendo la proprietà con un compenso minimo, anche perché loro acquistarono soltanto la convenzione, che non le rilasciavano più visto che per il territorio di Mazara del Vallo in tutto sono otto laboratori, due li avevo acquistati io. Quindi Pino Giammarinaro non sopportava l’idea che avesse perso questa piccola parte della sanità locale importante per lui perché significava voti, significava altro”.

Fondacaro e il progetto del “Campus Biomedico di Marsala” – Il boss Matteo Messina Denaro che voleva aprire un campus sanitario altamente specializzato a Marsala, vicino l'ospedale "Paolo Borsellino" di via Salemi. Queste le rivelazione del pentito della ‘ndrangheta, il medico Marcello Fondacaro, quando testimoniò nel corso del procedimento per l’applicazione della sorveglianza speciale a “sua sanità”, l’ex deputato salemitano Pino Giammarinaro, per anni il vero dominus della sanità trapanese. Fondacaro ascoltato dalle Procure di Roma, Trapani e Palermo, per fatti di mafia collegati alla massoneria, ha parlato dell’esistenza in Sicilia di una superloggia al cui vertice ci sarebbe proprio Matteo Messina Denaro. Del progetto del campus sanitario di cui parla Fondacaro si è iniziò a parlare nel 2005; si volveva rifare a Marsala quanto già fatto dallo stesso Fondacaro con la sua società, con la quale aveva realizzato già due attività analoghe nel Lazio e in Calabria.

La nomina della moglie a vicedirettore sanitario dell'ospedale di Mazara - Il pentito avrebbe toccato con mano il potere di Giammarinaro nell’occasione del ruolo di vicedirettore sanitario dell’ospedale di Mazara richiesto da sua moglie: “Il Peppuccio Cangemi si oppose a questa cosa, Giovanni Gentile invece la sponsorizzò dicendo: ‘Per quale motivo, se ne ha i titoli, non vedo per quale motivo..’ - ‘Perché l’avevamo promesso ad un altro tizio che viene da Siracusa e poi bisogna chiedere al capo’, mi fu risposto. E cioè a Pino Giammarinaro. Pino Giammarinaro l’ho incontrato in quella fase, dicendo se aveva qualcosa di ostativo nei confronti dell’incarico che doveva essere dato a mia moglie e lui mi disse che doveva parlare prima con Castelvetrano. Cioè con Matteo Messina Denaro”. Ciò sarebbe avvenuto nel 2004/2005. L’autorizzazione arrivò e la moglie di Fondacaro, Rosaria Giacalone, riceve l’incarico di vicedirettore sanitario dell’ospedale di Mazara del Vallo.
E in cambio di che cosa? “Voleva la vendita del laboratorio che io avevo già fatto al Giammarinaro, dice: ‘Prima devi dargli il laboratorio a Gucciardi, dopodiché possiamo dargli l’incarico’, ecco com’era il collegamento”.

 

Qui una replica degli avvocati di Giovanni Savalle. 



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